Breve storia di un termine che riassume la suggestiva e lunga storia degli espedienti inventati dai registi.
Il Mac Guffin, termine coniato dal regista Alfred Hitchcock, sta ad indicare un espediente, una scappatoia, un trucco, un pretesto che, all’interno della trama, svolge un ruolo fondamentale per i personaggi: intorno ad esso si svolge la trama e si crea una suspense spasmodica.
Dunque, il Mac Guffin, è un elemento motivante il cui fine è guidare la trama: oltre a questo, non serve a nessun altro scopo, non è utile per comprendere il finale e, spesso, non possiede un significato per lo spettatore. Hitchcock fa risalire la sua origine ai racconti di Kipling: infatti, in tutte le sue storie di spionaggio sulle Indie e sugli inglesi che combattevano contro gli indigeni vi era sempre il furto della pianta della fortezza. Questo e niente altro era il Mac Guffin. Il regista britannico, durante una celebre intervista, spiegando a François Truffaut questo espediente narrativo, dice che è sbagliato dare importanza al Mac Guffin: infatti, esso non è niente, non ha bisogno di essere molto serio, di essere importante o funzionale alla trama (Hitchcock, infatti, preferisce svelarlo sempre ai metà del film, mai nel finale). Tra i Mac Guffin hitchcockiani più celebri vi è sicuramente la busta con i quarantamila dollari in “Psyco”. Ma il Mac Guffin migliore (e con “migliore” si intende quello più vuoto, più inconcludente, più assurdo) è senz’altro quello di “Intrigo Internazionale”. L’unica domanda posta dal film in questione è: “Cosa ricercano le spie?” E la risposta arriva quando un uomo della C.I. A. svela tutto a Cary Grant, liquidando la questione sulla natura misteriosa del personaggio di James Mason con un semplice: “Diciamo che è uno che fa dell’import-export e vende dei segreti di governo!”. Quindi non è nulla di concreto, e ciò dimostra, ancora una volta, quanto Hitchcock variasse le tecniche cinematografiche e che genio innovatore sia stato
Altro Mac Guffin passato alla storia è l’uranio ritrovato in casa del capo di un organizzazione criminale, Alexander Sebastian, che doveva essere utilizzato per costruire la bomba atomica. Era il 1944: un anno dopo gli americani avrebbero sbriciolato Hiroshima con la bomba atomica. Hitchcock aveva saputo da voci assai vaghe che alcuni scienziati stavano lavorando ad un progetto segreto sull’ordigno, così gli venne l’idea dell’uranio. Questa cosa, ovviamente, creò al regista non pochi problemi sia con i produttori che con i servizi segreti, che lo spiarono per tre mesi, perché non riuscivano a comprendere la vera funzione del Mac Guffin: “Notorious” non è altro se non la storia di un uomo innamorato di una donna che, durante una missione di spionaggio, è costretta a sposare un altro uomo: l’uranio è un elemento accessorio della trama. Adoperare correttamente un Mac Guffin è complesso, bisogna fargli assumere rilevanza per i personaggi, senza renderlo indispensabile agli occhi dello spettatore.
Anche altri registi si sono cimentati nell’uso di questa tecnica: basti pensare alla valigetta nel film “Pult Fiction”, alla scatola blu in “Mulholland Drive”, o all’indimenticabile “Rosebud” in quel pilastro della storia del cinema che è “Quarto potere”.
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