San Nicola e Santa Claus: la storia di Babbo Natale

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1861

Viaggio culturale tra leggenda, storia e mito.

Esistono nel mondo almeno una trentina di lingue per dire la stessa cosa, per rifersi al personaggio più pubblicizzato delle feste natalizie: Babbo Natale.
In Canada lo chiamano Kris Kringle, in Finlandia è Joulupukki, in Germania diventa Weinachtenmann, qualunque sia l’idioma adoperato per definirlo ci si riferisce sempre a colui che porta i doni a tutti i bambini (buoni) del mondo e in una sola notte.

Secondo l’antica leggenda cristiana, che ha affascinato pagani e cristiani nel Medioevo, San Nicola (da cui deriva la contrazione del famoso Santa Claus) vescovo della città di Myra, elargiva omaggi viaggiando sul dorso di una capra o, secondo altre versioni, su un asino. Da qui, il passaggio alla slitta trainata dalle renne è chiaro.

Il culto si diffuse in epoca medievale e si susseguirono una serie di avvenimenti che hanno come protagonisti i bambini che vengono aiutati dal santo.
Una leggenda merita di essere ricordata, in quanto è annoverata tra i miracoli del santo: tre bambini vengono uccisi da un macellaio, vengono tagliati a pezzi e messi in salamoia. Sette anni dopo san Nicola li rintraccia, li riporta in vita e li consegna ai suoi parenti. I fanciulli, oramai uomini, non hanno però memoria dell’accaduto, credevano di aver dormito per lungo tempo.

Un altro miracolo è quello delle tre fanciulle (sempre il numero tre): il santo, venuto a conoscenza che tre ragazze, figlie di un povero uomo, non potevano permettersi una dote e trovarsi un marito, diede loro segretamente tre borse di monete d’oro in modo che ognuna potesse sposarsi. Per questo ed altri miracoli, egli è divenuto il patrono dei bambini, dei ragazzi e degli studenti. In suo nome venivano fatti regali ai più piccini alla Vigilia di Natale o il giorno della sua festa, il 6 dicembre. Ancora oggi, in molti paesi del mondo le feste natalizie cominciano ufficialmente proprio a partire da questa data.

Dopo la sua morte (il 6 dicembre di un anno compreso tra il 340 e il 352) san Nicola diventò un santo amato dappertutto e fu nominato patrono, tra le altre cose, dell’infanzia, degli avvocati, delle donne non sposate e dei marinai. Questi ultimi, nel medioevo non si avventuravano a bordo di una nave senza “le pagnotte di San Nicola”, del pane che, all’occorrenza, si lanciava in acqua per calmare il mare in burrasca.

Dopo la sua morte il suo corpo fu seppellito a Myra ed in seguito, traslato a Bari da marinai pugliesi. San Nicola divenne uno dei santi più venerati, non solo dai cristiani occidentali, ma anche dagli Ortodossi dell’Impero Bizantino: oggi è patrono della Russia e della Grecia. Intorno al secolo XI i marinai normanni lo elessero a loro protettore, contribuendo alla diffusione del culto anche in Francia, in Germania, in Olanda e in Inghilterra. San Nicola ispirò numerose opere letterarie e musicali: la “Liturgia di San Nicola” (secolo X), la “Legenda Aurea” (raccolta medievale di biografie dei santi) di Iacopo da Varrazze che nel 1438 fu tradotto in inglese sotto il titolo “The Gilte Legende”, ed altri componimenti di vario genere. Durante i secoli successivi, il culto di San Nicola fu portato dai coloni olandesi anche nel Nuovo Mondo, a New York (allora New Amsterdam).

Nel 1809 lo scrittore americano Washington Irving scrisse una cronaca che parlava dei primi coloni olandesi che a dicembre ricevevano la visita di Sinterklass o san Nicholas, il loro santo più venerato. Secondo la credenza olandese, il santo si spostava per il cielo con un carro ed un cavallo, entrava nelle case dal camino per portare i doni e fumava la pipa. In un libro del 1821, “The children’s friend”, si ritrova una poesia dalla quale si evincono le caratteristiche principali per il futuro sviluppo del personaggio di Santa Claus: il legame con il freddo inverno, la renna e la slitta, l’arrivo nella notte della Vigilia di Natale anzichè il 6 dicembre.

Sin dal XVI secolo i bambini appendevano fuori alla porta delle loro case, scarpe e calze affinchè San Nicola vi lasciasse i doni, proprio come aveva lasciato le tre borse di monete d’oro alle tre fanciulle del povero uomo (anche da questo dato possiamo capire il perchè si usa regalare quelle di cioccolato, esse non rimandano soltanto all’idea di fortuna e prosperità economica ma probabilmente si riferiscono proprio all’evento prodigioso del santo).

Nel 1822 a New York City il reverendo luterano Clement Clark Moore la notte prima di Natale scrive un breve racconto in versi intitolato “A visit from Saint Nicholas”: il pastore, protagonista del racconto, sente strani rumori nella notte, si alza e scopre una slitta piena di giochi trainata da otto renne e condotta da un vecchietto. È “Saint Nick” che scende dal camino con una gerla piena di doni, vestito di pelliccia, il naso arrossato dal freddo, la pancia grossa. Non ha le sembianze di un santo, ma di un buffo elfo. Moore ha creato un nuovo santo pagano trasformando la figura di San Nicola e avviando così l’iconografia convenzionale di Babbo Natale, seguito nel 1843 da Charles Dickens con il racconto “Canto di Natale”, che ci presenta la festa in chiave più moderna volta alla riflessione, tramite i tre fantasmi che fanno visita nella notte a Mr. Scrooge, dei veri valori sui quali il Natale è fondato: la fratellanza e la condivisione, l’amore per il prossimo e la famiglia.

Illustratori commerciali e di riviste, come Haddon Sundblom nella sua pubblicità della Coca-Cola, portarono a termine il processo volto ad offrire un Santa Claus uguale e riconoscibile in tutto il mondo. Fu così che nacque la figura di Babbo Natale che tutti conosciamo, tradizionalmente vestito di verde, in nome della pubblicità, i suoi abiti divennero di colore rosso e bianco, proprio come la bevanda.
Le due guerre mondiali spedirono milioni di soldati americani oltreoceano, che portarono anche le usanze natalizie e, dunque, la figura di Santa Claus.

Cambiano le cose in Italia. Babbo Natale fa la sua comparsa molto tardi, qui c’era (e c’è ancora) la tradizione della Befana, quindi i bambini attendevano i doni il 6 gennaio: la calza veniva riempita, dalla benevola vecchietta, di mandarini, fichi secchi, noci e nocciole, raramente (nelle famiglie più benestanti) c’era il cioccolato e, naturalmente, il carbone per i più cattivi.

Malgrado le critiche, incentrate sull’eccessivo consumismo e, di conseguenza, sulla snaturalizzazione dell’essenza del Natale, Santa Claus resta la personificazione della festa più attesa dell’anno per milioni di persone nel mondo e sembra essere destinato a rimanere tale anche negli anni a venire. L’interpretazione leggendaria del Santo, legata al mondo dell’infanzia nella sua duplice veste di San Nicola/Santa Claus può essere concepita in maniera positiva se ci si sofferma sui diritti dei fanciulli e sulle politiche sociali che possono (e devono) realizzarsi per dare alle nuove generazioni non solo un futuro migliore, ma soprattutto un presente volto alla protezione e alla valorizzazione dei bambini, il bene più prezioso della società.

Consigli letterari:
– “La vera storia di Babbo Natale” di A. Maggiolini e M. Maggiolini
– “La vera storia di Babbo Natale di Arnaud d’Apremont
– “Canto di Natale” di Charles Dickens
(Fonte foto: Rete internet)

CULTURALMENTE