L’innovazione e la spirale del ritardo

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    A tutti le scale (europea, nazionale) i ritardi nelle nuove tecnologie e nella ricerca accentuano i divari territoriali nei livelli di sviluppo.

    L’Europa è caratterizzata da forti squilibri nella distribuzione delle infrastrutture telematiche e a supporto dell’innovazione. In questo scenario disomogeneo emerge però un dato preoccupante, ossia il ritardo dell’Italia, che presenta cifre molto lontane dalla media europea.
    Il problema della diffusione delle nuove tecnologie e degli strumenti necessari per utilizzarle non è secondario, poiché oggi la produzione passa sempre più per questi canali e l’industria della comunicazione è una delle poche in crescita Le lacune nelle infrastrutture a sostegno dell’innovazione penalizza tutti i settori dell’economia e acuisce i divari già ampliati dalla crisi economica del nostro Paese.

    Le analisi comparate in questo settore partono quasi sempre da un dato molto semplice: la percentuale di spesa per la ricerca e lo sviluppo sul PIL. La media dei Paesi europei si aggira intorno al 2%, mentre l’Italia propone un misero 1%. Se poi scegliamo di fare il confronto con i Paesi leader nel settore i risultati diventano ancora più umilianti; la Svezia e la Finlandia destinano il 4 e il 3,5% del loro PIL all’innovazione, la Germania quasi il 3%. Si tratta di cifre tre/quattro volte superiori al dato italiano, un gap inquietante e che non sembra ridursi.

    La questione si fa più preoccupante se disaggreghiamo il dato alla scala nazionale. Il Nord-Ovest, da solo, copre quasi il 40% della spesa italiana in ricerca e sviluppo; il Centro regge intorno al 38% ma soprattutto grazie alla presenza di enti pubblici nella capitale. Al Mezzogiorno (17%) e al Nord-Est (18%) restano solo le briciole, nel secondo caso perché prevalgono le industrie di dimensioni ridotte, tradizionalmente poco propense all’innovazione, nel primo per un quadro economico generale ristagnante.
    Così ritroviamo in questo settore la consueta frattura tra Nord e Mezzogiorno, quel deficit che è evidente anche nel campo delle infrastrutture materiali e immateriali e che amplifica il divario. Il ritardo del Sud del Paese nel campo dei trasporti – strade, ferrovie, porti, aeroporti – è stato a lungo considerato come una delle cause del mancato sviluppo; questo “nuovo” ritardo nelle strutture per le comunicazioni virtuali rischia di essere ancora più grave e determinante del precedente.

    La sovrapposizione è quasi perfetta. Le aree del Paese meno connesse e accessibili fisicamente sono anche quelle meno fornite di connessioni internet ad alta velocità, di reti in fibra ottica, ecc. La concentrazione delle reti virtuali replica quella delle infrastrutture materiali, facendo aumentare in modo esponenziale il ritardo del Mezzogiorno, in un processo di (sotto)sviluppo cumulativo che ricorda le teorie degli economisti degli anni Cinquanta/Sessanta (Myrdal su tutti) sulla concentrazione della crescita economica e delle attività produttive. La cura alla crisi economica dipenderà nel Mezzogiorno (ma il discorso può essere ampliato all’intero Paese) anche dalla capacità di investire nelle nuove tecnologie.

    D’altra parte, cambiando ulteriormente scala, ci si accorge che anche nell’Italia meridionale le condizioni di ricerca e sviluppo non sono omogenee. La spesa nel settore, le principali infrastrutture e le aziende attive si concentrano in larga parte nelle tre regioni più grandi (Campania, Puglia, Sicilia) e all’interno di queste nelle principali aree metropolitane. Quello che si verifica per l’Italia nei confronti dell’Europa e per il Mezzogiorno nei confronti del resto del Paese, si ripete anche per le regioni meridionali più arretrate in rapporto alle tre più grandi. Questo gioco di scatole cinesi conferma come il settore dell’innovazione, se non supportato da investimenti pubblici mirati, tende a proporre logiche dualistiche e ad accentuare la polarizzazione.

    Il ritardo dell’Italia, del Sud, della Calabria o della Sardegna, è ormai entrato in una spirale resa ancora più complicata dal divario nel campo delle tecnologie dell’innovazione e della ricerca, un settore dove per chi perde il treno è difficilissimo recuperare. Nell’economia contemporanea, dove i competitors globali nei settori tradizionali sono innumerevoli, gli investimenti nelle nuove tecnologie della comunicazione sembrano l’unica strada per rilanciare un sistema produttivo depresso e troppo esposto alla concorrenza internazionale.
    (Fonte foto: rete internet)