Nelle scuole è tempo di iscrizioni ma anche di elezioni (importanti per i sindacati ma non certo per la scuola). La Legge di stabilità annuncia tempi grigi per molti insegnanti. Di Ciro Raia
Il diarista è uno che scrive cronache di fatti, narrati e giudicati in relazione alle proprie personali esperienze (è più o meno questa la definizione che ne dà un qualsiasi vocabolario della lingua italiana). Le esperienze, naturalmente, sono la risultante delle conoscenze acquisite mediante il contatto con un determinato settore della realtà.
Io nella scuola ci sono da oltre quarant’anni; credo, perciò, di aver maturato una buona esperienza (conoscenza mediante contatto) nel predetto settore specifico, che è di natura molto complessa; un settore di cui tutti amano (specialmente i non addetti ai lavori) parlare o sentirne parlare, ma in cui non tutti (divisi per ruoli e funzioni) sono disponibili a rischiare, a metterci la faccia e tentare di bonificare un cammino minato di luoghi comuni e prese di posizioni di categoria. Lo so, è una premessa insolita ma necessaria per la pagina del diario. Sta accadendo, infatti, che qualche malizioso lettore, più che analizzare i fatti, voglia a tutti i costi dare una fisionomia o un nome alle innumerevoli figure, che vivono nelle pagine del “mio” diario, aggiungendo anche un caldo suggerimento (figlio della sindrome della coda di paglia.): è meglio che i panni sporchi si lavino in famiglia!
Dunque, oltre quarant’anni di servizio nella scuola (animatore delle libere attività complementari, docente di lettere [in alcuni quartieri giudicati fortemente a rischio della città di Napoli], formatore [di innumerevoli operatori scolastici e in svariati luoghi del nord, del centro, del sud e delle isole d’Italia], preside [in scuole di diverse realtà geografiche]) sono valsi a farmi conoscere – tra l’altro- una miriade di sfumature caratteriali appartenenti a una ben definita cerchia di profili professionali (funzionari ministeriali, presidi, docenti, segretari, amministrativi e bidelli).
E in tutti i contesti –nessuno escluso-, in cui ho avuto la fortuna (per l’arricchimento professionale avuto) di lavorare, ho (immancabilmente e come sempre accade nella vita) incontrato funzionari eccezionali e funzionari che avrebbero fatto meglio a cambiar mestiere (non parlo nemmeno di professione!), presidi veri maestri di vita e presidi da cancellare da ogni graduatoria, docenti che si sarebbero voluti anche come padri o fratelli e docenti rovinosi, segretari vera anima della scuola e segretari che è meglio non parlarne, bidelli attenti più di angeli custodi e bidelli sgradevoli, scostanti e lavativi.
Tutte esperienze e conoscenze che, com’è ovvio, connotano il mio diario come una cronaca di fatti e personaggi, visti dal mio punto di vista, con le lenti della mia sensibilità, della mia cultura, della mia curiosità e delle mie aspettative professionali, facendo ricorso a spaccati di realtà, a costruzioni di fantasia, a spazi di creatività, a giochi di parole (la mania del calembour), all’uso di aneddoti sapidamente provocatori, a un metodo sillogistico. Per cui, chi ancora volesse sforzarsi di riconoscersi in un personaggio (un figuro) o in una qualunque situazione tracciata nel diario (ancora manifesta sindrome della coda di paglia), rischierebbe di fare la fine dello sciocco del villaggio, che quando gli indicano la luna, è solitamente folgorato (resta a bocca aperta) dalla vista del dito!
È di nuovo tempo di iscrizioni. C’è, nelle scuole, un viavai continuo di genitori, che sollecitano informazioni, chiedono di visitare le aule e i laboratori (quando ci sono), si preoccupano di sapere se la struttura è dotata di tutte le certificazioni previste (agibilità e collaudo statico, impianto di messa a terra, prevenzione incendi, piano di evacuazione, planimetrie aggiornate etc.), si raccomandano (non è peccato mortale, visti i tempi che corrono!) per l’assegnazione a una determinata sezione (dove ci sono docenti preparati e che non si assentano a scadenze fisse).
Quest’anno l’iscrizione alle prime classi è possibile farla anche online; solo che bisogna saper smanettare sul computer!
In tempi di vacche magre e in previsione di vacche magrissime, il responsabile dell’ufficio amministrativo della mia scuola (ma credo che sia avvenuto in ogni scuola) mi ha chiesto se, caso mai, avessi pensato -tra le possibili misure da adottare- di aumentare la tassa d’iscrizione per il prossimo anno scolastico. Certo, i soldi servirebbero, di sponsor nemmeno l’ombra, le riserve sono al rosso e il ministero accredita, ogni tanto, piccole somme e col contagocce.
– Troviamo una soluzione. Si prevede un anno difficilissimo. Come faremo?
– In un qualche modo faremo. Secondo me, non dovremmo esigere nemmeno la quota d’iscrizione, così come richiesta da qualche anno. Al massimo potremmo richiedere una quota per pagare l’assicurazione per eventuali infortuni… cosa offriamo d’altro, per esigere una tassa di iscrizione? È mai possibile che le famiglie si devono pagare anche la carta igienica?
Intanto, in tutte le scuole (non solo nella mia scuola!) si respira aria di elezioni: nel prossimo mese di marzo ci sarà il rinnovo delle RSU (Rappresentanze Sindacali Unitarie). Sono elezioni importanti per i sindacati ma non per la scuola. Sono elezioni che determineranno il peso di ciascuna sigla sindacale con tutto quel che segue. Ma, forse, arrivano in un tempo sbagliato e rappresentano, agli occhi dei più, un inutile spreco di risorse e di energie. Sono concordi con questa stima anche molti sindacalisti seri e pragmatici. Ma, come si dice?, ius summum saepe summa malitia est (il diritto estremo, spesso, è un estremo torto).
Queste consultazioni giungono, infatti, ad anno scolastico inoltrato (o quasi finito), con tutte le operazioni più importanti (organici, contrattazione d’istituto) praticamente già superate. E con la certezza che tutte le scuole, dimensionate dal prossimo settembre (legge di stabilità n.183 del 12/11/2011), dovranno obbligatoriamente indire, a breve (settembre) nuove elezioni per le RSU, visto che risulterà modificata la composizione dei collegi dei docenti. Ecco perché queste elezioni giungono come un inutile spreco di risorse e di energie! Ma, forse, lo specchietto per le allodole delle elezioni RSU serve a far dimenticare gli effetti deleteri che la già citata legge di stabilità avrà sul mondo della scuola.
All’inizio del nuovo anno scolastico, infatti, molti insegnanti in esubero, circa diecimila (di cui una consistente fetta in servizio nelle scuole superiori e nelle regioni meridionali), rischieranno -al termine di un calvario che prevede una mobilità forzosa regionale, oltre che intercompartimentale- il licenziamento.
Tutte le scuole, poi, per essere riconosciute tali, dovranno garantire almeno la frequenza di 600 alunni (400 alunni per le scuole delle piccole isole, delle comunità montane e delle aree con specificità linguistiche). Alle scuole al di sotto dei predetti parametri non saranno assegnati né dirigenti scolastici né segretari titolari ma solo reggenti. Man mano, infine, si assisterà alla cancellazione dall’ordinamento dei circoli didattici e delle scuole medie, che saranno accorpati sotto l’etichetta di istituti comprensivi “costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche”.
Tempi duri in vista. Tempi che richiedono, però, una permanenza pugnace più che una fuga comoda ma indecorosa. Come sempre, anche le valutazioni sul proprio futuro professionale passano attraverso gli stili di vita di ciascuno. I pavidi e gli egoisti preferiscono la via di casa; i passionali e i donchisciotte restano, rodendosi il fegato e lo stomaco. In fondo ogni passione vive solo in simbiosi con l’entusiasmo, che si sente e che si cerca di trasmettere per tutto ciò a cui si mette mano. Nell’insegnamento come nella politica, nella preparazione del sugo della domenica come in ogni piccolo gesto di vita quotidiana, nella preghiera come nella speranza.
“Il mondo cammina perché ci sono creature entusiaste: quelle che sanno rinascere ogni giorno dalle loro ceneri, quelle che pongono fervore in ogni cosa che fanno, sia che compongano una sinfonia, raccolgano francobolli o riparino la presa del ferro da stiro. Perché non è la vera morte che conta; è la piccola morte quotidiana che fa paura. Il coraggio sta proprio nel superare la piccola morte di ogni giorno, il bilancio modesto di una giornata, con dentro ore di noia, di delusione, di molestia. Sta nell’accettare il risultato di ogni giorno e amarlo, perché è pur sempre la nostra vita.” (Ulisse Cantalupo, La lettura del medico, n.2/1970).
Oltre 30 anni fa, una direttrice didattica, una di quelle da non dimenticare, mi diede in lettura queste parole di Cantalupo. Da allora non mi hanno più lasciato. Ho piacere, oggi, di dedicarle a mariposa (nickname, commento al Diario di un preside del 16 gennaio u.s.), perché non perda mai il suo entusiasmo e la sua passione per l’insegnamento (e per tutte le cose che fa).