Fiat, di nuovo ai cancelli e di nuovo respinti i 19 operai della Fiom

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Sono tornati davanti all’ingresso della fabbrica di Pomigliano i metalmeccanici della Cgil, reintegrati dal giudice ma fatti mettere in cassa integrazione da Marchionne.

 Sono tornati all’ingresso della Fiat, ieri mattina i metalmeccanici della Cgil, i 19 operai iscritti alla Fiom allontanati per la seconda volta dallo stabilimento e messi in cassa integrazione, venerdì scorso.

L’obiettivo degli operai estromessi dal ciclo produttivo è stato di ottenere spiegazioni formali dall’azienda sul ritorno in cig. “Chiediamo un documento, un qualcosa che attesti che siamo ufficialmente in cassa integrazione: ci avete allontanati a voce”, le parole delle tute blu del sindacato diretto da Landini, rivolte a un impiegato spedito al cancello, dai responsabili dell’impianto, a parlamentare con loro, sotto la pensilina del varco operai. “Mi hanno riferito che siete in cassa integrazione e che non c’è nient’altro da aggiungere”, la risposta del portavoce aziendale. A quel punto gli iscritti della Fiom non hanno potuto fare altro che tornare a casa. I legali del sindacato hanno diffidato la Fiat e depositato un ricorso per discriminazione reiterata.

Era stata la magistratura a reintegrare al lavoro i primi 19 dei 145 operai iscritti alla Fiom, con una sentenza emanata a giugno e fatta eseguire dalla Fiat il 28 novembre. Quindi il lungo corso di formazione, nell’impianto rivisto dopo anni di cassa integrazione, tenuti ben lontani dal cuore delle produzioni Panda, però. Un corso di formazione che è durato parecchio, certamente più lungo della norma. Ma quando è giunto il momento di tornare nella catena di montaggio gli operai iscritti al sindacato che si oppone a Marchionne sono stati rispediti a casa, il 4 febbraio: pagati per non lavorare da questa data. Intanto il gruppo piemontese ha fatto un cambio societario e venerdì scorso ha comunicato ai 19 che sono di nuovo in cassa integrazione.

Ma gli operai del sindacato ribelle sentono puzza dell’ennesima discriminazione. “Abbiamo semplicemente chiesto una spiegazione scritta di questo ritorno in cig, ma ci hanno risposto picche”, ha dichiarato Aniello Niglio, uno dei 19 estromessi. “I cittadini devono capire che questa è una battaglia per la libertà di pensiero, per poter esercitare i diritti sindacali anche se non si è d’accordo con l’azienda”, ha aggiunto Antonio Di Luca, componente del gruppo di operai respinti. Gli altri 126 operai iscritti alla Fiom sarebbero dovuti rientrare in fabbrica entro la metà di aprile. Ci sono però complicate questioni societarie che si riverberano su quelle legate al rispetto delle sentenze della magistratura, il cui operato è stato più volte stigmatizzato da Marchionne.

Dopo l’ordinanza antidiscriminatoria del tribunale di Roma il manager della Fiat ha commentato così la sentenza: “E’ un evento unico che interessa un particolare Paese che ha regole particolari che sono folkloristicamente locali".