CHE FINE HANNO FATTO GLI INTELLETTUALI?

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I tempi sono grigi e gli intellettuali, che dovrebbero dire cose coraggiose, preferiscono tacere. Anche le alte gerarchie della Chiesa, però, sono piuttosto afone. Di Michele Montella

La città degli intellettuali è una città deserta; per le strade e nelle case non si scorge anima viva; solo qualche piccolo brusio, di tanto in tanto, può ascoltare chi tiene desta la mente e allenato l’orecchio.
Secoli fa, millenni fa era tutta un’altra cosa: queste piazze semicircolari che chiamavano agorà, si riempivano ad ogni notizia che trapelava dai portoni del potere politico; le strade erano pulite per dare la possibilità ai cittadini di andare ad ascoltare e magari discutere, ipotizzare, scambiare opinioni. Intorno ai fori, seppur non sempre destinati alle scelte politiche, si costruivano portici per offrire ombra alle conversazioni e aumentare così il piacere di parlare.

Nella città di oggi gli intellettuali non parlano nemmeno più: chi glielo fa fare? C’è chi produce slogan e glieli passa o chi, per distrarre i cittadini, costruisce scandali pruriginosi, fa trapelare peccati da trivio o meglio ancora diffonde ad arte sconcezze di luridi vecchi, padroni della stampa e magari di uomini politici di primo piano.
Una volta, poniamo durante l’epoca dei Lumi, gli intellettuali sentivano il dovere di spiegare alle comunità civili, quali fossero i cambiamenti in atto e cercavano di leggere con lucida preveggenza i segni dei tempi.

Nella città degli intellettuali oggi anche il clima è cambiato; non piove mai; il paesaggio è un’immensa steppa di cemento, desolata e grigia, perciò il povero intellettuale non può più nemmeno scorgere i segni dei tempi, vecchio modo di dire evangelico che anche i preti ormai non usano più. Ecco, i preti: anche costoro sono stati in tempi passati fior di intellettuali, hanno orientato con forza e passione religiosa le masse di fedeli; forse qualche volta esageravano, ma avevano chiaro il sistema culturale di riferimento.

Oggi i sacerdoti, non tutti certo, soprattutto chi li deve guidare, tacciono la maggior parte delle volte; si contentano di tristi riti domenicali durante i quali scimmiottano a loro volta conduttori e giovanilisti vari. Mai una voce forte, che, arrampicandosi sui fatidici tetti, riesca a farsi sentire da tutti rischiando un sano ludibrio. Tutt’al più si limitano a dire che “è auspicabile …” un comportamento più coerente con le scelte di vita maturate. “È auspicabile” mi spiegate cosa vuol dire? È come se ad un peccatore incallito, che confessasse apertamente di essere pluridivorziato, di avere una relazione stabile e di andar per minorenni, il confessore dicesse “Vai in pace, figliolo, è auspicabile un miglioramento di vita”.

Gli intellettuali sono sempre stati la forza principale di un Paese che vuole svilupparsi, sono gli addetti alla logica, al ragionamento; sono quelli che hanno il coraggio di dire che le cose potrebbero andare meglio di come vanno, ma credo ormai che non convenga più dire nulla, tutto troppo faticoso e poi non si può sempre disturbare chi è intento a godersi un bel po’ di spazzatura televisiva che è sempre meglio di quella reale.