Un caffè con…Veruska Zucconi

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La consigliera Veruska Zucconi

Già assessore della giunta Esposito, consigliere comunale da poco più di un anno ed eletta nelle liste a sostegno di Lello Abete. Di professione avvocato e alla seconda esperienza politica, ha accettato di raccontarsi, commentando anche le ultime vicende amministrative.

Porta il nome di una famosa modella, nonché esponente della nobiltà prussiana, divenuta famosa negli anni ’60. Veruschka, pseudonimo di Vera Gottliebe Anna von Lehndorff-Steinort che fu anche attrice e fotografa di fama, è divenuto nel suo caso «Veruska», nome insolito e unico. «Non lo cambierei con nessun altro» – dice. Il nome inconsueto, per gli anni in cui è nata anche un po’ «esotico», non è certo l’unico tratto distintivo dell’avvocato trentasettenne Veruska Zucconi, già assessore alla cultura e alla pubblica istruzione nella giunta del sindaco Carmine Esposito, dal 2014 consigliere comunale e capogruppo di Alleanza per Sant’Anastasia con l’amministrazione del sindaco Lello Abete. Nell’intervista che segue, oltre a raccontare di sé, dei suoi gusti, delle sue idee, delle sue passioni, mette in chiaro la posizione nei confronti della maggioranza che ha sostenuto e nelle cui fila è stata eletta.

Veruska, mi racconti della tua famiglia?
«Siamo in quattro, mio padre Arturo è un medico, mia madre, Stella, è un’insegnante d’arte in pensione. Ho un fratello, Pasquale, anche lui avvocato».

Com’è stata la tua infanzia, hai un ricordo che affiora subito?
«La mia è stata una bella infanzia, con una grande famiglia. Allora vivevano con noi i miei nonni e una zia, eravamo molto uniti, tutti. Il ricordo che affiora subito riguarda mia nonno che era purtroppo allettato, io lo vedevo in brandina e lo chiamavo «nonno brandellino». A me non piacevano gli omogeneizzati, perciò accettava sempre di fare il cambio con me e mi dava il suo piattino con la mozzarella. Ma ricordo anche la «campana» con gli amici, i giochi con le bambole come tutte le bimbe della mia età. Ero molto curiosa, ho imparato a leggere prestissimo, ancor prima di andare a scuola, grazie a mio padre».

Ed è stato papà a scegliere il tuo nome?
«Sì, avrei dovuto chiamarmi Rosa ma lui ha voluto darmi un nome che non aveva nessuna ed ha scelto tra quelli in auge all’epoca, Veruschka era una modella famosissima. Alla fine però il mio nome è scritto diversamente da quello «originale». Perciò è proprio mio, mio e di nessun’altra e non lo cambierei mai».

Sei un avvocato, perché hai deciso di intraprendere questa strada?
«Per capire. La giurisprudenza ti conferisce quel quid in più per poter capire quasi tutto, è una materia profondamente analitica che aiuta a comprendere sia le strutture sia le sovrastrutture sociali. Del resto mi aveva affascinato già nel periodo dell’adolescenza perché sono cresciuta con i miti di Roma e della Grecia, con una cultura fortemente classica rafforzata dagli studi liceali. Sono stata un’allieva studiosa e diligente».

La tua adolescenza, invece?
«Ero un’adolescente come tante, come tutte. Piena di curiosità, ho sempre letto tanto, aprendomi al mondo e a culture diverse. Mi sono confrontata con la famiglia, con gli amici. Ne ho avuti di grandi che ancora mi accompagnano, intramontabili. E altri nuovi, acquisiti nel periodo universitario, forse il momento in cui la personalità ha avuto modo di svilupparsi di più».

Gli studi formano tanto, certo. Ma se dovessi dirmi quali insegnamenti ti ha trasmesso la tua famiglia?
«Mio padre mi ha donato la mentalità della possibilità, insegnandomi che nella vita tutto è possibile se ci si impegna. Mia madre mi ha trasmesso, forte e fermo, il concetto dell’indipendenza».

Le tue soddisfazioni più grandi nel lavoro?
«Collaboro con uno studio legale e spero di avviarne presto uno mio. Mi ha soddisfatto anche la mia collaborazione con un’università telematica, una realtà emergente che, intuii da subito, si sarebbe radicata. Ma le soddisfazioni ci sono tutti i giorni e sono tante, come quando i clienti sono contenti perché gli si è risolto un problema. Quando si confrontano con fiducia. La verità è che tutto quel che ho fatto nella vita è stato teso alla difesa dei più deboli ed ho capito presto quale sarebbe stato il mio ruolo».

Il tuo approccio con la politica?
«Da bambina. Mio padre è stato consigliere comunale negli anni ’80 e ricordo che durante le campagne elettorali mamma mi portava ovunque, giravamo tanto in poche ore. Poi ho rivisto le stesse persone nelle ultime due campagne elettorali, stavolta per le mie candidature, e mi ha colpito trovare tutti molto cambiati. Li ricordavo con baffi e capelli, li ho ritrovati diversi, pur riconoscendoli. Mi avevano vista bambina e molti si sono fidati di me, come avevano fatto con mio padre. Nel 2010, candidata nella civica L’Arcobaleno ebbi 159 voti, l’anno passato, con Alleanza per Sant’Anastasia, furono 233. Ma non sono mai stata eletta. Ho ricoperto invece il ruolo di assessore e stavolta sono entrata in consiglio grazie alle dimissioni di Armando Di Perna che ha accettato di fare il vicesindaco».

Hai mai avuto tessere di partito?
«No, ma non escludo che possa accadere prima o poi. Sulla mie idee politiche hanno influito molto le culture greco – romane, ritengo la mia nazione un fiore all’occhiello dell’Europa, sono sempre stata tesa alla valorizzazione delle identità locali, regionali, nazionali. Direi che ad un certo punto Forza Italia avrebbe potuto forse rappresentarmi ma alla fine mi sono candidata, prima volta in assoluto, in una civica proprio perché pensavo ci fosse necessità di un cambio di passo, perché mi accorgevo che la classe dirigente era sempre più latitante, perché non riuscivo a identificarmi realisticamente in un leader o in un partito».

Com’è stata poi l’esperienza amministrativa e ancor prima la campagna elettorale del 2010?
«Le campagne elettorali hanno di sicuro una spinta emotiva particolare e per me hanno tutte lo stesso spirito o l’hanno avuto giacché ho cominciato la mia esperienza con un progetto, quello di fare di Sant’Anastasia il fiore all’occhiello dell’hinterland vesuviano ed è dunque come se avessi stretto un patto con i cittadini, da quel momento mi sono votata a mantenerlo. Ho uno spirito aggregativo, mi piace stare con le persone perché credo ci si arricchisca. In un ambiente come il nostro ci sono sovrastrutture politiche, ma soprattutto strutture umane che le reggono».

Hai avuto, da assessore, deleghe importanti come Pubblica Istruzione, Cultura, Biblioteca. Qual è il progetto o l’obiettivo più importante al quale hai lavorato?
«Per me fu un’esperienza straordinaria, non pensavo sarei stata chiamata in giunta, non lo presagivo nemmeno. Per il resto, vedi, io inizio una cosa, un percorso, solo se e quando ci credo concretamente, se so di poter continuare, di poter raggiungere degli obiettivi. In politica non hanno senso i segmenti, va intrapreso un percorso che va da un obiettivo all’altro e questa strada non va vissuta “tanto per” e io ne ero e ne sono cosciente, sempre. Avevo deleghe importanti, è vero, e soprattutto con quella alla Cultura ho tentato di portare in auge le realtà anastasiane, condividendo idee, come per esempio quella delle celebrazioni del Bicentenario, fase fondamentale per consentire ai giovani e ai meno giovani di conoscere la storia del proprio paese, di sentirsene fieri, orgogliosi. Tutti potranno dire di aver ricevuto da me attenzione, alla stessa maniera, come merita chi si spende per la comunità. La delega alla Pubblica Istruzione mi ha consentito di confrontarmi con le realtà territoriali, dando un’attenzione spasmodica alle esigenze dei ragazzi. Iniziando dal poco, dalle sedie, dai banchi, dalla sicurezza, dando serenità agli studenti e alle loro famiglie. Con i dirigenti ho avuto un rapporto sicuramente formale, nel rispetto dei reciproci ruoli, come è giusto che sia. Le diverse visioni delle cose ci sono sempre ma il dirigente ha contezza della scuola e l’assessore, con la squadra politica, deve aver contezza delle esigenze del territorio. Normale che ci si scontri, talvolta, ma se questo porta alla crescita non è negativo. Io ho fatto così, ho portato avanti le esigenze del territorio».

In quegli anni, dopo il rimpasto di giunta, il sindaco Esposito non ti riconfermò in esecutivo.
«Ma non ho mai smesso di condividere il progetto e di stare accanto a chi lo portava avanti con entusiasmo».

Per questo ti sei ricandidata dopo la fine prematura di quell’esperienza?
«Dopo il naturale periodo di sbandamento, sì. Avevamo un leader, una persona che portava avanti le nostre istanze, i progetti, un’amministrazione che piaceva molto a Sant’Anastasia e che ha dato i suoi frutti. Finito quel periodo siamo andati avanti e io mi sono ricandidata perché sono abituata a rispettare i patti e ne avevo stretto uno con i cittadini che intendo rispettare. Sant’Anastasia deve crescere, divenire il migliore dei posti possibili».

Che sindaco è stato Carmine Esposito?
«Un ottimo sindaco. Una persona che anticipava i processi senza lasciarsene travolgere».

E Lello Abete che sindaco è?
«Un sindaco diplomatico, una brava persona».

Sei in consiglio comunale da un anno e poco più ma da circa un mese è cambiato qualcosa negli equilibri della maggioranza. Il vicesindaco Di Perna si è dimesso poco dopo aver riaccettato l’incarico da assessore Lucia Barra e Giancarlo Graziani non sono stati riconfermati. Il capostaff Ciro Pavone altrettanto. Era un po’ la tua «squadra», no?
«Mi sono candidata per portare avanti un progetto di progresso nella continuità e mentirei se dicessi che al momento non è cambiato nulla perché abbiamo perso risorse fondamentali, importanti, leali. Penso a Lucia, a Giancarlo, a Ciro Pavone che si è speso moltissimo ma soprattutto, in questo momento, ad Armando Di Perna. Mi chiedo se davvero qualcuno possa pensare che lui non avesse un senso di lealtà estremo verso gli obiettivi, perché è così, ne sono certa. In caso contrario non avrebbe rinunciato, dopo aver preso 385 voti, ad un ruolo iper tutelato come quello di consigliere eletto, consentendo a me e ad altri di entrare in assise. Chi fa l’assessore va ad aiutare, porta un peso, un Atlante. La sua è stata lealtà, fino in fondo».

Te lo chiedo apertamente, allora: sei ancora nella maggioranza Abete?
«Credo profondamente nel mio ruolo di consigliere e nei progetti che non vanno traditi. Potresti chiedermi se sono all’opposizione e ti risponderei di no. Quando mi chiedi se sono ancora in maggioranza ti rispondo che non me la sento di definirmi parte integrante di quest’ultima perché ritengo, ad oggi, che sia stato tradito quello spirito di innovazione e di cambiamento, quella maniera di amministrare che piaceva alla gente di Sant’Anastasia e che ci ha votato credendo in un progresso, in una evoluzione nella continuità. Alcuni personaggi che ritengo possano definirsi di spicco, perché protagonisti di questo cambiamento, sono usciti di scena, alcuni non volontariamente e altri per scelta. Scelta che io capisco e approvo, mi sento partecipe del sentimento di insoddisfazione causato dal non riuscire, non per loro volontà, a continuare l’innovazione, a mandare avanti i nostri cavalli di battaglia. Quelli per cui ci hanno votato. Ciro Pavone, per esempio, una persona che ha sempre lavorato e che ha la mia stima e la mia ammirazione, fautore di una campagna elettorale estenuante e straordinaria e che ha profuso, come Di Perna, un impegno profondo. Non siamo tutti pazzi o folli, alla base ci sono motivazioni serie e precise: chi si spende senza sosta, chi resta quindici ore al giorno a Palazzo Siano non è che cambia improvvisamente carattere e comportamenti. Evidentemente non sono stati messi nelle condizioni di poter fare quello che volevano e dovevano fare. Detto questo, io sono e resto un consigliere comunale e intendo portare fino in fondo le prerogative del mio ruolo, il compito di controllo suggellato dal regolamento comunale. Ho stretto con gli anastasiani un patto di lealtà che ho intenzione di rispettare. Tanto basta».

Deciderai man mano, valutando atti e provvedimenti?
«Il compito di un consigliere è questo, ovunque sieda. In maggioranza o all’opposizione. A quello devo assolvere. Il fatto è che sono seriamente preoccupata per il rallentamento dell’azione amministrativa ma del resto l’ex assessore Di Perna, da vicesindaco, lo ha più volte ripetuto invocando un’accelerazione. E sono attenta, pur se scettica, circa la nomina dei nuovi assessori».

Perciò ritieni che l’azzeramento della giunta sia stato un errore?
«La decisione compete al sindaco, non dico che non si potesse o non si dovesse fare. Sono i tempi ad essere clamorosamente sbagliati. Averlo fatto subito dopo aver approvato un atto fondamentale e importantissimo come il bilancio ha avuto un ulteriore significato, che non considero politico, e l’ho detto al sindaco a chiare lettere. Nei poteri del sindaco c’è anche questo ma occorre una motivazione politica perché di questo stiamo parlando e sinceramente non ne sono state fornite. Mi aspettavo, questo sì, un rimpasto di deleghe, vista la sproporzione esistente fino a un mese fa. A svantaggio dell’assessore Lucia Barra, per esempio, che non è stata poi riconfermata. Ci sono materie che ti consentono di agire sul territorio immediatamente e altre che non lo permettono perché dipendenti da strutture sovracomunali, regionali, nazionali. L’immobilismo di certe situazioni esterne agli assessorati non si può attribuire ad un assessore se non gli si dà la possibilità di lavorare».

Dunque condividi, come hai già fatto capire, le dimissioni di Di Perna?
«Le ho trovate giuste, le ho sposate, le ho rispettate e avrei fatto lo stesso. Chi lavora merita rispetto, chi ha sempre lavorato per il progetto e con lealtà va messo nelle condizioni migliori per continuare».

Ma questo progetto di progresso nella continuità, come lo hai definito, è ancora in piedi a tuo parere?
«Questo progetto era strettamente legato ad un modo di amministrare che piaceva alla gente e del quale siamo stati portatori. Non sto qui a dire come mi senta più vicina alla maniera di lavorare dell’ex vicesindaco o dell’assessore Barra, ma è quella la strada che ho condiviso e voglio portare avanti. C’è un programma elettorale, se non c’è progetto e non si lavora in un certo modo, se l’intento non è fare di Sant’Anastasia il miglior luogo possibile in cui vivere, non c’è più il progetto. E in tutto quel che va contro quest’ultimo non posso esserci io».

Da consigliere avrai sicuramente un confronto quotidiano con i cittadini, con la gente. Cosa ti dicono?
«Tante cose, opinioni che potrebbero risultare diverse e contrastanti, come è naturale che sia. Bisogna saper leggere, capire. Io so che le persone si aspettano di migliorare, si attendono risultati ed è a quelli che bisogna tendere. Se c’è una cosa che detesto è sentirmi impotente, mi avvilisce. I problemi più gravi riguardano naturalmente le fasce deboli ed è una situazione che non riguarda solo il nostro paese. Tutti, però, vogliono disperatamente una Sant’Anastasia tarata sul miglioramento in tutti i sensi possibili».

Di cosa ha più bisogno Sant’Anastasia?
«Il nostro è un bel paese che ha bisogno del buon esempio anche nelle cose quotidiane, di più rispetto, insisterei moltissimo sull’educazione civica fin dalla scuola primaria, sul campanilismo, sull’amore per il paese natio fino all’amor patrio. Di solito, tendiamo a tutelare e preservare le cose che amiamo, il concetto è questo. Bisogna tenere all’aiuola come alla democrazia partecipata, stimolare la curiosità per le iniziative e le attività, occorre parlare sapendo, conoscere, chiedere. Per me la curiosità è l’anima di tutto ed ho un rispetto inossidabile nei confronti del paese. Del resto sono anche un’ambientalista convinta, ho smesso di fumare per questo. Ecco, Sant’Anastasia ha bisogno di rispetto. Sopra ogni altra cosa».

Sei stata assessore, sei consigliere, dunque puoi valutare: la macchina comunale funziona bene?
«Se ti riferisci agli impiegati, al personale, alla struttura permanente indipendentemente dai sindaci e dalla politica, il discorso è ampio: occorrerebbe una maggiore elasticità, non dovrebbero esistere ragionamenti a compartimenti stagni, non bisognerebbe guardare solo ai propri orticelli. Oggi il posto fisso è un privilegio oltre che una fonte di sicurezza ma, se non si crea dinamismo, la macchina amministrativa non va avanti, con la conseguenza di farsi scappare opportunità anche grosse per il paese. Ed è accaduto, le abbiamo perse».

A cosa pensi se ti chiedo di definire un’eccellenza anastasiana?
«Al patrimonio, alla grande risorsa rappresentata dai giovani, all’enorme substrato di persone che si spendono ogni giorno per la cultura, per l’impresa, per la conoscenza. A loro bisogna dare spazio, colmare i gap, spesso anche generazionali, tra loro e chi ricopre ruoli di potere. Poi, vedi, ritengo che l’eccellenza si crea. Basta impegnarsi con rigore, studiare. Non c’è solo la cultura rappresentata dall’arte, dalla musica, dal teatro, c’è anche quella della “pellecchiella”, per farti un esempio. Ci sono imprese agricole di cui nessuno parla ma anche quella è cultura, anche quella è la nostra storia».

C’è un angolo di Sant’Anastasia che più di altri ti piace?
«Piazza Siano, un vero salotto che meriterebbe di essere ulteriormente valorizzato. Ma anche tanti altri legati ai ricordi: via suor Luisa Rossi che guardavo quando andavo a scuola dalle suore, lo slargo dell’ex Gran Caffè, il cinema Metropolitan che frequentavo quando avevo dodici anni e uscivo le prime volte con mia madre che mi guardava dal balcone, allora abitavamo a via Antonio D’Auria».

Vuoi continuare a fare politica, hai ambizioni in questo senso?
«Certo, voglio continuare. Sì, ho ambizioni, chi non le ha? Ma il resto lo diranno gli elettori, la vita mi ha insegnato che nulla è eterno e anche che a volte ritorna».

C’è un politico, uomo o donna, che ti piacerebbe vedere come sindaco?
«Per ora vediamo dove ci porta questa esperienza, quando poi sarà il momento la cosa più importante è per me sempre il patto con gli elettori. Chi porterà avanti il mio patto sarà il mio sindaco».

Insomma, non vuoi dirmelo chi vedresti bene da primo cittadino a Palazzo Siano. Allora, meglio la chiarezza: sui social network si fa cenno a faide familiari rispetto alla situazione attuale, si sussurra che ci sia un progetto che vedrebbe Armando di Perna candidato sindaco.
«Determinate ipotesi di presunte faide familiari, estremamente volgari, non mi interessano. Poi io sono una persona incredibilmente umile e so che quando si parla di sindaci e candidature bisogna farlo al momento adatto, ora non ha senso, non ne ha alcuno. Chi si propone sposa un programma, porta avanti un’idea e se questa è valida non sarò certo solo io a seguirla ma Sant’Anastasia. Nella vita il potere non te lo prendi, te lo danno. Puoi anche essere autoritario, ma essere riconosciuto come autorevole è altro».

Ti piace ancora tanto leggere, come da bambina?
«Sempre. Ho una passione per la fumettistica italiana e possiedo tutta la collezione di Dylan Dog, questa mattina sono andata a ritirare l’ultimo e l’ho già finito. Ma sulla mia scrivania, ad oggi, ci sono due libri che ho ripreso e che sto rileggendo, entrambi: “Cent’anni di solitudine” di Gabriel Garcia Marquez e “Il piccolo principe” di Antoine Saint Exupery, quest’ultimo perché non voglio dimenticare la semplicità».

Il libro più bello che hai letto?
«La Divina Commedia, una meraviglia. La sintesi della parola per esprimere concetti che ho incontrato nell’opera di Alighieri non c’è altrove, tradurre pensieri e idee così è straordinario, vorrei tanto averne la capacità».

Si direbbe che tu sia una romantica.
«Molto».

Fidanzata?
«Da otto anni, con Danilo. Siamo molto innamorati».

Come vedi te stessa tra vent’anni?
«Aspetto che passino vent’anni. Posso dirti come voglio viverli: esattamente come li ho vissuti finora, facendo le cose che reputo giuste, lottando per riuscire a fare quel che mi piace. Migliorando, ogni giorno».

Sei contenta di te?
«Ho impiegato tanto tempo per diventare me, mica è facile. Sì, sono contenta perché ho cercato di costruirmi un equilibrio, ed è la cosa più importante e difficile».

Un tuo difetto e un tuo pregio?
Una sola risposta a entrambe le domande, un pregio che è anche un difetto: sono molto ostinata».

Credi nella fortuna?
«Seneca diceva che la fortuna non esiste: esiste il momento in cui un talento incontra un’occasione. Concordo pienamente».

C’è un uomo politico italiano che stimi o che, ad oggi, segui con interesse?
«Al momento non mi sento adeguatamente rappresentata, servirebbe un leader forte, con indiscutibile carisma».

E se invece dovessi sceglierne uno del passato?
«Sono una grande fan di Cesare e di Ottaviano Augusto. Vedi, non posso considerare bambini uomini di venti anni e passa quando c’è stato chi a diciotto anni ha conquistato un impero. Ma erano altri tempi».

Magari anche altri uomini.
«Magari».

Ti piace il cinema?
«I film di azione e di fantascienza, molto. Mi piace il trasformismo, le persone camaleontiche che si misurano con la vita. Aspetto l’uscita di “The Martian” di Ridley Scott perché anche la fantascienza deve avere un messaggio e mi piacerà assistere alla storia di un moderno Robinson Crusoe, uno scienziato che viene lasciato su Marte dopo una missione e che quindi deve darsi da fare, tarare la propria vita nella solitudine su un pianeta non suo».

L’amicizia è importante per te?
«Fondamentale, ha arricchito la mia vita. Ho grandi e veri amici, alcuni conquistati anche durante l’esperienza politica».

Quali caratteristiche deve avere un rapporto di amicizia perché tu possa considerarlo vero, forte, saldo?

«Le dinamiche sono diverse se si tratta di uomini o donne ma qualcosa che accomuna tutti c’è: l’essere opportuni, avere l’umiltà di capire l’altro, essere leali, avere comunanza di ideali ed esserci. I miei amici ci sono e in alcuni momenti della vita una telefonata, un sorriso, una pacca sulla spalla sono la salvezza».

Lavoro, politica, libri, fidanzato, amici. Hai altre passioni?
«Ascolto musica, amo molto il blues e il jazz. “At Least” di Etta James è una delle mie canzoni preferite. Crea atmosfera e per me, che sono una sognatrice, è importante».

Il tuo sogno più grande?
«È un sogno interiore. Non sono tesa all’avere ma all’essere. Vorrei sentirmi un’adulta che guarda alla sua vita e si sente in pace, ma so che devo produrre, bisogna fare, costruire».

Sembri molto sicura di te, lo sei davvero?
«La sicurezza viene dallo studio e dall’impegno, qualunque cosa si affronti nella vita bisogna dedicarvi molto tempo. Si è insicuri rispetto a ciò che non si conosce».

Cosa ti fa divertire?
«Le serate con gli amici, con il mio fidanzato».

L’ironia è importante?
«Importantissima, fondamentale, è il profumo della vita. Anche l’autoironia, perché abbiamo tutti grandi difetti».

Il tuo rapporto con il denaro?
«Necessario per comprare quel che serve, ma i soldi servono a vivere, non bisogna vivere per avere soldi. Ho molto equilibrio e l’essere è cosa diversa dall’avere se, ovviamente, non consideri le persone per quel che hanno e non per come sono».

Se ne avessi moltissimo per realizzare un sogno puramente materiale?
«Avrei paura nel possedere tantissimi soldi improvvisamente. Come tutte le cose repentine ed esagerate, una situazione del genere può far sbandare anche la persona più equilibrata del mondo. Non so, di sicuro aiuterei persone che partono da situazioni di disagio o degrado, investirei nel mio paese per farlo diventare migliore, penserei ai genitori, a mio fratello, agli amici, a tutti».

Credi nell’aldilà?
«Credo in Dio, fermamente. Prego e appena posso mi fermo in chiesa, ovunque ne trovi una, anche per pochi minuti. Un Padre Nostro, l’Eterno Riposo, l’Atto di Dolore. Credo e, credendo, spero».

Qual è la donna più bella che tu abbia mai visto?
«Mia madre, che domande. Quando la bacio mi commuovo perché ho con lei un legame talmente forte e radicato che sento odore di mamma, di borotalco e di zucchero».

E l’uomo più bello?
«Sembrerà scontato ma, come accade a tutte le bimbe, ho amato gli occhi di mio padre che mi parlavano di tante cose e li ho cercati e trovati, affascinata, anche in Danilo. Occhi blu, aperti sul mondo».

Sentimenti a parte, quand’è che trovi un uomo estremamente affascinante?
«Un uomo affascinante è un uomo opportuno, che sa quando parlare e quando tacere, un uomo che abbia dominio di sé, educazione e modi, eleganza e savoir fair. Ci sono certi sguardi, certi modi di camminare, un’eleganza sopraffina che non dipende dagli indumenti».

Mi fai un esempio in carne ed ossa?
«Rimasi folgorata nel vedere da vicino Gianni Agnelli, l’uomo più elegante che abbia mai incontrato, dotato di ironia straordinaria, direi stratosferica, e dallo sguardo fanciullesco ma allo stesso tempo magnetico».

Ti senti bella?
«Mi sento armoniosa. La bellezza è armonia. In certi giorni mi percepisco addirittura brutta ma ho capito che dipende da quel che faccio e da come mi sento. Alcune persone sembrano emanare una forza particolare, diventano belle quando fanno qualcosa o parlano, o si muovono. Sono protesa ad osservare gli altri studiando ciò che trovo di bello e rielaborandolo facendolo mio. Più che bella, nella vita, voglio essere migliore».

Hai oggetti cui sei molto legata?
«Non cose, ma ricordi. Ogni tanto ripenso al passato, ai capelli rossi di mia madre, alle passeggiate, ad un viaggio a Venezia di tanti anni fa».

Il viaggio più bello che hai fatto e il luogo dove vorresti andare?
«Di viaggi ne ho fatti tanti, ricordo il primo con le amiche a Barcellona, una vacanza in Grecia, il volo con Danilo in America. Tutti bellissimi ma ad un certo punto della vita, quando non si è ragazzini, conta più con chi sei piuttosto che il luogo dove vai. Le persone, non i posti. Ma in Australia, per viverne i paesaggi, andrei volentieri. Tornando presto però, perché dopo qualche giorno mi manca casa, divento nostalgica».

L’opera d’arte che ami di più?
«Amore e Psiche di Canova. La contemplazione estatica degli amanti, la tensione del corpo rivolta ad una persona, l’eterno cercarsi senza contatto, la ricerca l’uno dell’altro. Il segreto dell’amore è questo: l’eterna ricerca».

Se non fossi diventata avvocato cosa avresti fatto nella vita?
«La ricercatrice, ho una grande passione per la storia dalla Mesopotamia in poi».

Da piccola ti piacevano le favole?
«Le amo anche ora. Mia nonna me ne raccontava una della quale cambiava sempre, clamorosamente, il finale. Era la storia di un ragazzino nato povero che doveva fronteggiare mille avversità, lo chiamava “ricciulillo”. Mi addormentavo accanto a lei, non prima di aver ascoltato la fine, diversa ogni volta. Altre fiabe invece mi facevano paura, Cappuccetto Rosso per esempio. Penso sia la storia di uno stupro e già da piccola lo percepivo. La prevaricazione mentale non mi spaventa, quella fisica mi terrorizza. Si dice che la lingua uccida più della spada ma se sai di essere piccola e fisicamente fragile hai paura».

Sei una donna di legge, cosa cambieresti nella struttura legislativa italiana se potessi?
«Vorrei la certezza della pena. Noi abbiamo duemila anni di storia, non siamo certo i primi venuti ma il concetto che chi sbaglia deve essere punito va sempre rimarcato. Il legislatore non è uno stolto, il diritto è in evoluzione perché lo è la vita e deve essere tarato su quella evoluzione, sui nuovi reati e con pena certa. Ci sono situazioni in cui non condivido la discrezionalità ma ho piena fiducia nei giudici».

Provi a descriverti in poche parole?
«Impossibile, quasi. Siamo tutti mutevoli, quel che rimane uguale è la personalità, la bontà, gli ideali. Direi che tento di essere lineare ed educata, mi approccio agli altri con garbo, apertura mentale e gentilezza».

Per finire, scegli un motto o un proverbio che ti rappresenti?
«Volli, sempre volli, fortissimamente volli».

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