Le ricette di Biagio: ‘e scagliuozze. E pensi a Viviani, e forse indovini quando torna l’acqua

0
384
Le ricette di Biagio: ‘e scagliuozze. E pensi a Viviani, e forse indovini quando torna l’acqua.

E’ scagliuozze erano presenti nel “cuoppo” dei fritti napoletani: li vendevano per le strade di Napoli anche i “pizzaiuoli” ambulanti: e giustamente famoso è il pizzaiuolo protagonista, con Ines, “’a Bammenella ‘e copp’’e Quartiere”, dell’atto unico di Viviani “Via Toledo di notte”. Ma lo scrittore Pepe Marlò Mastriani racconta che gli scagliuozzi conferiscono una virtù prodigiosa ad alcuni abitanti di Atejano sul Vesbio.

 

Ingredienti: gr.375 di polenta taragna; 100gr. di cicoli; 100gr. di pecorino romano; 1,5 l. di acqua; 1 cucchiaio di sale grosso; pepe nero, olio di arachide. Nella polenta taragna sono presenti la farina di mais e la farina di grano saraceno. Mettiamo sul fuoco la pentola piena d’acqua, e, quando l’acqua bolle, aggiungiamo un cucchiaio di sale grosso e la polenta e mescoliamo fino a quando la polenta diventerà asciutta. Mettiamola, allora, in una ciotola, aggiungiamo i cicoli, il pecorino e il pepe nero e mescoliamo il tutto. Poi stendiamo questo “tutto” in un “ruoto” rettangolare, copriamolo con carta idonea, e lasciamolo raffreddare per un paio d’ore. La polenta diventa compatta: e allora la tagliamo a tocchetti, o rettangolari, o nella forma classica, cioè a triangolo. Friggiamo i tocchetti in una padella in cui ci sia l’olio di arachide già bollente (Immagini e parti del testo “vengono” dal blog “Giallo Zafferano”).

La commedia, che è del 1918, venne rappresentata a Napoli, al teatro Umberto: Viviani interpretò quattro ruoli, ‘o pizzaiuolo, ‘o sapunariello, Filiberto Esposito e ‘o cucchiere. E’ una Napoli vera, quella di Viviani, e il “pittoresco” si stempera nell’autenticità della lingua usata dallo scrittore, che Roberto De Simone giudicava “ un dialetto ricco di vitalità, fresco, popolare, e nello stesso tempo aristocratico, capace di piegarsi alla rappresentazione dei personaggi e delle situazioni più varie”. Lo dimostra il celebre passo in cui Ines, “a Bammenella ‘e copp’ ‘e Quartiere” racconta come si libera dal brigadiere che vorrebbe portarla via: gli “vende” il suo mestiere, si fa toccare, “’o zallo (lo stupido) s’’o mmocca/….ma nun appena me tocca/ me n’ha ddà mannà….”’O pizzaiuolo è il simbolo concreto di quella Napoli povera che Viviani rappresentò nel segno dell’affetto e della verità: una verità scomoda che Mussolini non sopportò, fino al punto di vietare che le commedie di Viviani andassero in scena. ‘O pizzaiuolo entra in scena suonando un fischietto e portando sul capo una grossa stufa. Leopoldo si mostra sorpreso nel vedere che egli va ancora in giro con le sue pizze, sebbene sia già notte. E il pizzaiuolo gli risponde che ne vuole vendere ancora un paio: che mm’ ‘e porto a casa? Mm’’e cocco cu mmico? “’ suona il fischietto e grida: “ ‘A lava ‘e ll’uoglio!” “ Ca io mme cocio…”. “Nun so’ pizze, so’ taccuscelle / Si n’’e vvengo, nun faccio sfridde/ me ne faccio taglià chiantelle”. (Le pizze e le altre fritture sono dure come tocchetti di cuoio.” Se non le vendo, non subisco perdite. Le taglio e le uso come solette per le scarpe”). La guerra, sentenzia ‘o pizzaiuolo, ha provocato un gigantesco rimpasto sociale: quelli di sopra sono precipitati sotto e quelli di sotto sono saliti sopra. “Gli amatori della pizza addo’ stanno?” Scomparsi”. E il cambio? “Il cambio è salito, e la pizza è scesa”. “Ma tu ‘o ssaie che quando c’è stata la conferenza interalleata a Genova la cosa più discussa è stata la pizza?”. Lo svela ‘o pizzaiuolo di Viviani. In Atejano sul Vesbio, il paese di cui parla nei suoi libri  lo scrittore Pepe Marlò Mastriani,  capita spesso che i servizi elettrico e idrico si interrompano, contemporaneamente e a lungo: e non sempre gli amministratori della storica città trovano il tempo e il modo di informare i cittadini sui modi e sulla durata delle interruzioni: per fortuna non fanno così gli amministratori dei nostri Comuni. E’ facile immaginare cosa accade ad Atejano in questi giorni aridi e senza luce, soprattutto se il caldo è insopportabile e internet non funziona: proteste, bestemmie e nervose domande che saltano di finestra in finestra: hai l’acqua? hai la luce? sai quando tornano? I padroni dei bar cercano di salvare gelati e bevande, e i malati non sanno che fare con le medicine, e la luce che ora torna, e dopo dieci minuti se ne va di nuovo, e poi ritorna, e continua questo valzer per tutto il giorno e per tutta la notte, brucia i cavi delle lampade e dei motorini. Ma per fortuna il magnetismo del Vesbio e il grano saraceno dei fritti consentono ad alcuni Atejanesi di indovinare con precisione l’ora del ritorno definitivo di acqua e luce. E’ una magia di cui Pepe Marlò Mastriani ha promesso di parlare prossimamente, quando farà meno caldo. E noi l’ascolteremo e vi racconteremo.

(fonte foto: giallo zafferano)