Dal 18 luglio del 1995, giorno nefasto per le comunità di Marigliano e Mariglianella, i due Comuni che condividono lo stato di emergenza chiamato “Agrimonda”, qualcosa è stato fatto per cercare di risolvere il problema che attanaglia gli abitanti della zona, ma in un tempo lunghissimo che non ha giustificazioni: parliamo, infatti, di ben 23 anni di operazioni atte a rimuovere le circa 235 tonnellate di antiparassitari, le 750 tonnellate di concimi, le 6 tonnellate di plastica e i 40.000 litri di pesticidi liquidi incendiati alle ore 3.02 di quel maledetto giorno d’estate della metà degli anni Novanta.
AGRIMONDA s.r.l. era una società addetta alla commercializzazione di prodotti per l’agricoltura, inclusi quelli chimici quali pesticidi, fitofarmaci e concimi fertilizzanti, la cui attività veniva esercitata su un’area di circa 2.700 metri quadrati, sulla quale insistono ancora una palazzina di due piani adibita a ufficio e un capannone in cui era stoccata la merce, strutture che oggi versano in uno stato di completo abbandono. Il cumulo residuale del rogo ha un’altezza di circa 2 metri ed è ricoperto da un telo impermeabile che è stato sostituito più volte nel corso degli anni e che ancora nelle scorse settimane è stato quasi completamente divelto dal forte vento.
Abbiamo sentito Salvatore De Riggi, geologo mariglianese che ha seguito la questione Agrimonda per anni. Ecco cosa ci ha detto della situazione attuale del sito: “Siamo stati purtroppo facili profeti. Circa un mese fa, quando il forte vento aveva distrutto il telone posto a copertura del sito, segnalammo che oltre la solita puzza, il problema sarebbe stato l’acqua meteorica che avrebbe dilavato il piazzale (non bonificato) e per cui appariva evidente che non era prevista la raccolta, visto che da progetto i lavori si dovevano svolgere sotto la copertura di un telone. Le immagini postate dai cittadini nei giorni scorsi, dopo le forti piogge, hanno tristemente confermato il nostro timore, anzi la situazione è forse ancora più grave perché le striature blu/verde nel piazzale allagato mostrano fuoriuscita di liquidi dalle big bag (grossi sacchi in cui sono stati stoccati i rifiuti) che si sono mescolati alle acque del piazzale. Abbiamo appreso poi che, grazie alle foto girate sui social, il direttore operativo del cantiere (appalto della Regione Campania, ndr), contattato da alcuni parti politiche, avrebbe ordinato alla ditta di aspirare il liquido ristagnante nel piazzale per avviarlo a un corretto smaltimento. Allo stato attuale il sito Agrimonda è in pratica un piazzale scoperto, con terreno e polveri che rendono l’aria irrespirabile, su cui poggiano alcuni rimorchi e big bag contenenti i rifiuti, coperte da fogli di plastica poste a protezione per le acque di pioggia: in poche parole, stiamo parlando di un sito assolutamente non in sicurezza da un punto di vista ambientale. Tutto ciò conferma ancor di più la sensazione di un cantiere allo sbando, che doveva durare 97 giorni ma ad oggi ancora aperto (dopo 18 mesi) per una serie di errori progettuali ed eventi, molti dei quali preventivabili, succedutisi in una sequenza quasi tragicomica, se non fosse che alla fine i danni ambientali (non quantificabili) li pagheranno sulla propria pelle i cittadini, in primis quelli vicini al sito (alcuni costretti a stare ancora lontani dalla propria casa). In conclusione faccio io una domanda a voi: se Agrimonda fosse stato a Brescia piuttosto che a Treviso o Modena, la ditta e gli Enti coinvolti avrebbero mai solo pensato di operare in questo modo?”.