Viaggiare dovrebbe sempre essere un atto di umiltà (Guido Piovene).
In un incontro promosso dal prof. Alfonso Luigi Salomone, preside del Liceo “Luigi Sodo” di Cerreto Sannita e dalla prof.ssa Maria Pia Selvaggio, “mente e cuore” di “Edizioni 2000 diciassette” abbiamo discusso con i ragazzi di Leopardi, di Montale e del tema del “viaggio” nella poesia come prezioso momento di fuga dal “male di vivere”. Ha regolato l’incontro il prof. Luciano Di Libero. Correda l’articolo l’immagine del quadro “Viandante su un mare di nebbia” che C.D. Friedrich dipinse nel 1818.
Ragazzi,
grazie a voi e all’ “occasione” – per restare in tema – fornita dal vostro Preside, prof. Alfonso Luigi Salomone, e dalla prof.ssa Maria Pia Selvaggio, ho riscoperto, dopo molti anni e dopo vaghi ricordi, l’ordine meraviglioso dei vigneti, dei frutteti, delle selve che si aprono tra Telese, Solopaca, Cerreto e ho “sentito”, in quell’ordine, la serena vitalità dell’incontro tra la Natura e la fatica e le speranze degli uomini. E le immagini del mattutino viaggio nel fascino del territorio non mi lasciavano, anzi mi ispiravano mentre vi parlavo dei “viaggi” che Leopardi ha compiuto negli spazi della memoria e dell’immaginazione per tentare di sottrarsi, almeno per un momento, al tormento della sofferenza assoluta. E mi è sembrato giusto descrivervi le mattutine passeggiate napoletane del poeta di Recanati, la sua attenzione per la rumorosa folla di via Toledo, la sosta nelle pasticcerie per la razione quotidiana di zuccheri, di pasticcini e di sorbetti, il pittoresco incontro con i giocatori del lotto che aspettavano lui, il “gobbo”, per chiedergli i numeri da giocare, prima che il “gobbo” se ne andasse a Santa Lucia, a contemplare i banchi dei pescivendoli. Abbiamo poi parlato del “male di vivere” di Eugenio Montale, dell’idea del poeta che per resistere a questo “male” sia indispensabile la “divina Indifferenza”, sia necessaria la capacità di trasformarsi in una statua, in una nuvola, in un falco “alto levato”. Ma non è facile conquistare una “Indifferenza “ così miracolosa, e allora il poeta cede alla nostalgia di un mondo diverso e si fa vincere dall’ansia di scoprire “una maglia rotta nella rete / che ci stringe”. E mentre si parlava, pensavo ai “correlativi oggettivi” di Montale, i paesaggi aspri della Liguria, i muri scalcinati, il greto dei torrenti, la foglia riarsa che si accartoccia, e non potevo non confrontarli con il silenzio loquace della vostra terra, con le infinite variazioni del verde, il colore della vitalità. Leopardi e Montale sono grandi anche perché creano nuovi ritmi e una musica nuova e un rivoluzionario repertorio di immagini e di “parole” per descrivere la loro condizione esistenziale: avrei voluto parlare anche dell’ironia di cui entrambi si servono per strappare le maschere dell’ipocrisia e della banalità dal volto dei “filosofi dei maccheroni”, dei rivoluzionari da caffè. Ma volevo sentire voi, confrontarmi con le vostre domande. E così ho scoperto – e in verità non me ne sono meravigliato, l’avevo previsto – che, grazie al lavoro del vostro Liceo e alla sapienza dei vostri docenti, vi è già chiara una verità fondamentale: la poesia va sempre riletta, perché ad ogni rilettura ci detta un ritmo che non avevamo “sentito” prima, ci blocca su un’immagine su cui non ci eravamo soffermati, ci apre lo spazio di verità sorprendenti. E questo accade perché il “viaggio” nella vita fornisce a ognuno di noi, ogni giorno, nuovi modi di “vedere” e di “sentire” e rende più complessa la nostra sensibilità. Voi già sapevate che chi scrive l’ “Infinito”, la “Ginestra”, e “Meriggiare pallido e assorto” non può essere totalmente e definitivamente “indifferente”: viveva in Leopardi e in Montale la speranza che nei loro versi i lettori potessero scoprire i segreti dell’esistere e preparare la difesa proteggendosi con l’immaginazione, perché, scrive Leopardi, producono “piacere” “la varietà, l’incertezza e il non vedere tutto”: se certe cose non le vediamo oggi, potremo vederle domani. E’ questa la sostanza del “viaggiare”: prendere atto dei propri limiti, e impegnarsi a superarli. Aveva ragione Guido Piovene. E del resto se Montale non avesse conservato, in sé, sempre viva, una piccola fiamma di speranza, non si sarebbe dedicato alla pittura, non si sarebbe confrontato con i colori. Ma di questo parleremo in un’altra occasione.
Ringrazio ancora il Preside, i docenti e Maria Pia Selvaggio. Ringrazio voi, ragazzi.