L’aumento del costo del pane diventa il simbolo di una crisi epocale, di un biennio catastrofico segnato dalla pandemia, dalla disgregazione del sistema sociale, dall’inquinamento del sistema culturale, dalla guerra, dalla speculazione sui prezzi di “materie” essenziali. Siamo tornati ai tempi in cui i poveri mangiavano “pane nero” e il pane “bianco” lo mettevano in tavola solo i ricchi?
Ingredienti: fette di pane raffermo, 1 bicchiere di latte, 6 uova, 2 cucchiai di provolone del Monaco grattugiato, olio e.v.o, prezzemolo, burro, sale e pepe nero. Raccogliete in una ciotola la mollica del pane raffermo, copritela di latte, dopo poco strizzatela e unitela, in una fondina, alle uova già sbattute e rimescolate con una forchetta, al formaggio grattugiato, al trito di prezzemolo, al pepe e al sale. Mescolate con cura fino a formare un perfetto amalgama, che disporrete in una padella antiaderente, già “velata” di olio e di burro. Fatelo cuocere come una normale frittata, girandolo in modo da far dorare entrambi i lati. La frittata di pane va servita tiepida, preferibilmente (www. il cucchiaio d’argento).
Toccheremo il fondo e così risorgeremo. Il pane fatto in casa ci aprirà gli occhi, ci spingerà a uscire dagli schemi dell’egoismo e dalla persuasione che al mondo esistano solo due persone, “io e me”, ci permetterà di riscoprire i valori della comunità. E’ una illusione, forse, ma in questi tempi tristi chiediamo alle illusioni di salvarci dalle spire del grigiore assoluto, e di aiutarci a vedere con disgusto l’aspetto più vomitevole della storia dell’uomo: la ricchezza di pochi alimentata e consolidata dalla povertà di tutti gli altri. Ricordo ciò che Piero Camporesi ha scritto sul “camino caliginoso” che nelle case dei contadini “era una specie di condotto astrale che metteva in comunicazione l’interno con l’immensità remota dei cieli” e portava all’attenzione delle persone la voce del vento che “smuoveva la fiamma e sollevava impercettibilmente la cenere nella quale i vecchi leggevano la “ventura”.”. Certo, tutto questo non ritornerà, ma il pane fatto in casa non ci deluderà: la sua potenza non ha limiti. Scrisse Marco Aurelio, l’imperatore filosofo: “ Quando si cuoce il pane, alcune parti si spaccano, e queste spaccature, che in un certo qual modo sono in contrasto con ciò che si ripromette l’arte del fornaio, hanno una loro grazia e stimolano l’appetito in un modo del tutto particolare. Così anche i fichi, quando sono ben maturi, si aprono. E alle olive lasciate troppo a lungo a maturare sull’albero il fatto che sono prossime a marcire conferisce una bellezza del tutto particolare”.Nel pane c’ è tutto, come nel vino: la mitologia, la religione, il mistero della vita e della morte, il mistero della Resurrezione di Cristo, il nutrimento, l’ immagine – archetipo della vitalità. Il pane irradia la sua forza simbolica su tutto il sistema di cui è centro: la terra; la spiga; il covone; l’erba cattiva che minaccia le messi; la falce e il mietitore, la madia. Il pane andava impastato sempre con la mano destra: i tribunali ecclesiastici, ancora nel Cinquecento, furono severi contro le donne accusate di aver impastato il pane con la sinistra: se non avevano rispettato la rituale procedura di impasto e di cottura, esse progettavano certamente di “affatturare” l’uomo a cui avrebbero offerto quel pane. Sospetti ancora più neri cadevano sulle donne che nascondevano la cenere dei “forni del pane”. Il pane non si getta via. E le speculazioni sul pane – e sulla pasta – non sono solo giochi del malaffare: sono un sacrilegio.