LA FORZA DELLE PAROLE

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Lo slang è il nuovo dialetto dei giovani che può inserirsi nella complessità della lingua madre. Nasce però l”esigenza di governare il cambiamento culturale con istituzioni credibili e all”altezza del compito. Di Luigi Jovino

“Le parole sono pistole cariche” dicono i filosofi francesi, mentre per Roberto Benigni “Quando un uomo con la biro incontra uno con la pistola, quello con la pistola è un uomo morto”. Le attenzioni degli intellettuali si sono concentrate questa settimana sui due “assunti” che si intersecano e si completano. Le parole sembrano prendersi la rivincita sulle immagini, almeno nelle intenzioni dei loro sostenitori più accaniti e colti. C’è da dire che sul valore, sul significato, sulla “manomissione” delle parole oggi si fa un gran discutere, proprio quando viene considerato segno di decadenza l’impoverimento del linguaggio e la drastica riduzione dei termini usati dai giovani.

Più che regole grammaticali, lessicali e sintattiche arricchite dalla esperienza storica di retori, poeti e cantori, oggi, i giovani sembrano preferire “Il gergo” che è una sorta di pensiero comunicato “password”. Troppo abbreviato. Immediato ed efficace. Tvb, sms, pin, xrchè, 6 buono, ecc. suonano come raffica di mitraglia, diffuse a raggiera. Un solo colpo di grilletto cento parole. Ma le pistole si caricano non solo con parole a pallettoni, come pretendono i filosofi francesi. Dalla globalizzazione, infatti, arrivano nuove armi di “distrazione” di massa. Ancora più roboanti. Forse più distruttive. Si potrebbe pensare che così come sono state annullate le distanze, grazie al “tempo reale”, la semplificazione del linguaggio vuole accorciare i tempi, proponendo una comunicazione immediata e globale.

La più veloce possibile. Non vorrei suscitare le ire dei puristi e dei docenti che si battono quotidianamente per il buon uso della grammatica, ma vorrei far notare che non tutte le mode nascono a causa di processi degenerativi. Lo “slang” quando è sostenuto da una necessità può addirittura essere formativo. Mi ha fatto piacere sapere che c’è un linguaggio particolare, quasi sconosciuto ai più, usato dagli uomini che lavorano nei porti del Mediterraneo. Tutti usano le stesse parole da Napoli, a Marsiglia; dal Cairo a Madrid. Una specie di esperanto dei poveri. Una forma di cultura sommersa, ma egualmente efficace. Di questa esperienza ha fatto tesoro Pino Daniele nella prima fase della sua produzione artistica fortunata.

Lo slang potrebbe essere considerato appunto una forma nuova di linguaggio. Un dialetto dei giovani, inserito fra la complessità delle espressioni regionali con la sola esigenza di accorciare i tempi. La madre lingua italiana, non avrà problema a metabolizzare la nuova forma di linguaggio. Ha mantenuto inalterati i suoi eccelsi valori culturali perchè è strutturata per inglobare nella sua stessa essenza le esperienze comunicative geografiche più disparate e originali. La lingua italiana ha un grande valore proprio per questo. Ed il nostro vocabolario è un sistema aperto e flessibile che considera tra i suoi parametri l’evoluzione dei termini ed il loro aggiornamento singolare. Il problema reale, però, resta sempre quello del governo dei processi culturali.

Fino a quando in Italia ci saranno ministri che considerano conveniente farsi un panino con la “Divina commedia”, qualsiasi innovazione avrà vita difficile. Assisteremo a crolli dell’unità linguistica nazionale, meno roboanti di quello della casa dei Gladiatori di Pompei ma lo stesso significativi, se non ci saranno le istituzioni culturali, la scuola, le università a gestire questo processo di innovazione e di integrazione. Delicato ed inarrestabile. Naturalmente un ruolo decisivo dovranno giocarlo i mass media, quando finalmente saranno liberi dalla politica, dalle ingerenze economiche e quando finalmente sapranno proporre canali pubblici orientati sulle funzione formativa e culturale.

Per gente che non può vantare nel suo armamentario “Parole pericolose come una pistola carica”, diventa un azzardo persino avventurarsi su questi ordini di problemi. Ci sono istituzioni culturali e uomini che hanno studiato una vita proprio per questo. Ad essi spetta l’ultima “parola”. Ci sia permesso, però, con l’approssimarsi delle feste di Natale di sparare a salve almeno un tric-trac.
 

(Fonte Foto:Rete Internet)