Ma sotto questa iscrizione una mano amaramente spiritosa ha graffito “amantes, amantes cureges”, che, secondo Matteo della Corte, può tradursi “Amanti, avete bisogno di cure”. Gli alunni del Liceo “A. Diaz” di Ottaviano hanno partecipato al progetto “Salviamo le api e salviamo il mondo” organizzato dal Lions Club “San Giuseppe Terre del Vesuvio”, di cui è presidente Francesco Auricchio. Mercoledì, nell’ambito del progetto, e dopo i saluti della signora Preside prof.ssa Fabiana Esposito e del Sindaco prof. Biagio Simonetti, si è svolta una manifestazione nella sede succursale del Liceo. Hanno parlato del tema gli alunni, i rappresentanti del Lions Club, la prof.ssa Rita Aprile, docente del Liceo e responsabile di Circoscrizione del Lions Club, e il prof. Gianluca Polese dell’Università “Federico II”. “Una magnifica mattinata” ha detto Maria Lucia Ambrosio. Mi permetto di raccontare qualche episodio poco noto della splendida e lunga storia delle api e del miele. E poi la foto di Angelina Jolie.
I relatori hanno detto tutto sui valori e sulla simbologia del miele, sul miele nella letteratura sia pagana che cristiana. Non so se abbiano parlato anche di Democrito di Abdera, che sentendosi vecchio – aveva più di cento anni -, decise di morire, e perciò incominciò a rifiutare il cibo. Ma si avvicinavano i giorni delle Tesmoforie, le feste in onore di Demetra, a cui potevano partecipare solo le donne libere, con esclusione delle vergini, perché i riti cercavano di propiziare la fecondità della terra. Le donne chiesero a Democrito di non morire e di non contaminare con il lutto quella festa dedicata alla vita. Il filosofo acconsentì, ordinò che gli mettessero vicino un vaso pieno di miele e si nutrì con il profumo del miele; conclusa la festa, fece portar via il vaso, e dopo qualche giorno morì. Egli aveva sempre amato il miele e a chi gli domandava come si potesse vivere in buona salute rispondeva: bisogna inumidire con il miele le parti interne del corpo e le parti esterne con l’olio. Credevano gli antichi che gli abitanti della Corsica vivessero una lunga vita perché consumavano grandi quantità di miele: ma Dioscoride fece notare che il miele della Corsica non era di grande qualità: per colpa dei fiori di cui si nutrivano le api aveva un gusto amaro. All’amico Settimio Orazio disse che gli sarebbe piaciuto ritirarsi a Taranto, una città ricca di miele, di olio e di vino. Non citò le belle donne, per non guastare la nota malinconica dell’ode: ma il poeta sapeva bene che il miele era considerato un potente afrodisiaco. Ovviamente, il miele era ingrediente dominante dei dolci preparati dai pasticcieri antichi: poi il suo posto sarebbe stato preso dallo zucchero. Dice Crisippo che a Creta, dove c’era abbondanza di miele, si preparava un dolce, la “gastris” (“la ghiotta”) con noci di Taso o del Ponto, e con mandorle e con semi di papavero pestati con cura in un mortaio; vi si mescolavano pezzi di frutta e pepe, e poi si ammorbidiva l’impasto con miele cotto. L’impasto veniva steso in una forma quadrata, e dopo essere stato ancora ammorbidito con il miele, era diviso in due sfoglie. Insomma la “gastris” era un campo di battaglia dove si affrontavano profumi e sapori nettamente contrastanti: e al miele era affidato il compito di portare ordine e pace. Gli Egiziani insegnarono ai Greci il “pankarpia”, il “tuttofrutti”, una pasta sfoglia sbriciolata, cotta con il miele, e, dopo la cottura, divisa in palline e avvolta in un sottile foglio di papiro. Aristotele non poteva credere che il miele venisse prodotto veramente da quegli animaletti alati e perciò sostenne che il miele è una sostanza “che cade dall’aria, specialmente al sorgere delle stelle “ e quando in cielo si disegna l’arcobaleno, ma già Seneca sospettava che a produrlo fossero proprio le api, che trasformano le essenze raccolte dai fiori servendosi, nel mescolarle, di una “virtù del loro alito”. Nei “Saturnali” di Macrobio Avieno chiede a Disario “perché il vino e il miele sono considerati ottimi in momenti tanto diversi, quando il vino è molto invecchiato e il miele è assai fresco”. E Avieno risponde che la natura del vino è umida, quella del miele è arida. Lo dimostra la medicina, che tratta con il vino le parti del corpo da inumidire e asciuga con il miele quelle che devono essere prosciugate. Quindi, con il passare del tempo “ il vino diventa più schietto e il miele più arido: il miele è privato del succo e il vino si libera dell’acqua”. E poi c’è, appendice, la foto di Angelina Jolie (fonte web), coperta di api. Leggo sul sito di “IlSole24ore”. “Non ha bisogno di presentazione la protagonista della foto vincitrice nella categoria Fascinating faces and characters, “Angelina Jolie and Bees”, firmata dal fotografo americano Dan Winters. Lo scatto è stato realizzato per il National Geographic al fine di promuovere l’iniziativa dell’attrice in occasione della Giornata mondiale delle api nell’ambito del programma “Women for Bees”. Per attirare le api, il corpo di Angelina Jolie è stato cosparso con il feromone dell’ape regina e l’attrice è rimasta immobile per 18 minuti senza essere mai punta.
Il miele è anche simbolo della conoscenza, di quella laica e di quella connessa alle religioni”: ed è dunque giusto che ne abbiano parlato gli alunni del Liceo.