Un mio amico, che scrive racconti “fantasy”, ha immaginato questa scena: Papa Francesco torna in vita per un momento, si alza e caccia via dal corteo funebre quei potenti malati di ipocrisia che non hanno condiviso nessuna delle sue idee, che lo hanno sbeffeggiato come “cattocomunista”, ma che ora partecipano ai suoi funerali solo per salire sul palcoscenico e recitare, davanti alla folla immensa, una “sceneggiata”. E’ superfluo fare nomi. Papa Francesco sarà certamente irritato dal sospetto che qualcuno voglia approfittare della sua morte e dei funerali per spegnere il fuoco di una data speciale, il 25 aprile. Correda l’articolo l’immagine di un quadro di J.Ensor, “Autoritratto con maschere”.
Per Platone, Aristotele e Senofonte “ypokrites” è “l’attore”, “colui che recita e simula” e per Quintiliano è “il mimo, l’istrione”. Invece Euripide definisce stolto chi non sa nascondere i suoi sentimenti: il saggio ha due lingue, una per dire la verità, l’altra per dichiarare ciò che è opportuno a seconda delle circostanze. Il Cristianesimo adotta le idee degli evangelisti Marco e Matteo e condanna gli ipocriti come uomini abituati all’adulazione e alla falsità, “sepolcri imbiancati” che “lodano tutti e non contraddicono nessuno”: essi hanno due nemici, la verità e la giustizia. Dante colloca gli ipocriti nella sesta bolgia dell’ottavo cerchio dell’Inferno, e li descrive come “gente dipinta / che giva intorno assai con lenti passi, / piangendo e nel sembiante stanca e vinta”: essi indossano cappe simili a quelle dei monaci, che però all’interno sono foderate di pesantissimo piombo: in tutto l’episodio si legge una dura condanna all’ipocrisia dei monaci. Il tema del religioso ipocrita si trova nelle opere di Jean de Meung, nelle novelle di Boccaccio e ipocrita è fra’ Timoteo nella “Mandragola” di Machiavelli. Il tema dell’ipocrisia è importante nelle opere di Ariosto, sia nelle “Satire” che nell’ “Orlando Furioso”, dove il tradimento e la viltà sono elementi guida dell’agire umano accanto all’onore, all’amore, all’eroismo presenti sia nei mori che nei cristiani, nelle donne come negli uomini. Con il Seicento l’ipocrisia diventa più oggetto di riflessione e meno di invettive: “Vieni, beffiamo i tempi con una scena di devozione: la faccia falsa nasconda ciò che è falso nel cuore” dice Macbeth alla moglie nella tragedia di Shakespeare. Ma Erasmo da Rotterdam non aveva esitato ad affermare, nell’”Elogio della pazzia”, che il dire la verità è concesso solo al pazzo, a quella figura che nelle opere di Shakespeare sarà il “fool”, il giullare…solo i pazzi sono schietti e sinceri”. (Maria Bettetini). Potremmo parlare di Voltaire, di Molière, di Pascal, di Dickens, di Baudelaire, ma mi limito a dire che scrittori, filosofi e anche pittori dell’Ottocento e del Novecento, Balzac, Flaubert, Ensor, Nietzsche, Pirandello e anche Eduardo De Filippo, ci danno la prova del fatto che l’ipocrisia e la menzogna sono ormai diventate un aspetto significativo dell’intero sistema sociale. Scrive Pirandello che gli uomini tendono a camuffarsi, a indossare delle «maschere», per apparire diversi e migliori di quello che sono: lo scrittore umorista riflette, giudica queste «maschere» e, avendo pietà di loro, le strappa dal volto dei suoi personaggi, Pirandello stesso fornisce l’esempio illuminante della vecchia signora che si abbiglia e si trucca come una ragazza, suscitando ilarità. Questa prima reazione viene definita “l’avvertimento del contrario” ed è ciò che dà vita al comico. C’è poi “il sentimento del contrario”, ma ne parleremo in un’altra occasione. Ma c’è poco da ridere nello “scoprire” sotto le “maschere” il vero volto di certi personaggi che hanno annunciato la loro presenza ai funerali di Papa Francesco. Approfitto dell’occasione per dire che il 25 aprile va celebrato con quella sobrietà che significa concreta eleganza di stile: qualcuno ha usato la parola “sobrietà” in un senso in cui è dominante il concetto di “riduzione”, una riduzione di toni, tipica di una festa che si spegne subito. Il 25 aprile del ’45 i partigiani tolsero definitivamente la “maschera” al nazifascismo di allora: ma poiché il nazifascismo è un virus che tende a rinnovarsi e a “risorgere”, il 25 aprile è, contemporaneamente, una festa della memoria e un’esortazione a stare attenti. Leggo un minuto prima di inviare l’articolo al giornale: “A Romano di Lombardia (Bergamo) il Presidente del Consiglio comunale Paolo Patelli, leghista (strano…) è arrivato addirittura a vietare di suonare “Bella ciao” il giorno della Liberazione, in nome di un presunto rispetto di Papa Francesco. Non si potranno eseguire brani, inno e canti ad eccezione del “Silenzio” e dell’”Attenti”, fanno sapere. Siamo ormai a livelli fuori scala di ipocrisia e censura.”(Lorenzo Tosa). Leggo sul “Corriere della Sera” che una deputata “ultratrumpiana”, Taylor Greene, ha dichiarato che “il male”, cioè Papa Francesco, “è stato sconfitto dalla mano di Dio”: ma Trump parteciperà ai funerali. Leggo, infine, che un giornalista ha proposto di cancellare per sempre, a partire dall’anno prossimo, la festa del 25 aprile. La verità vera viene sempre a galla: viene sempre il momento in cui la maschera cade dal volto degli ipocriti.