Quello dell’accessibilità, purtroppo per chi scrive di questo tema e per tanti di voi che se ne interessano, è un argomento che trattiamo come fosse un natale tutti i giorni. Si tratta della problematica, diciamo pure dell’incubo, che accompagna tutti i disabili motori. Un’ombra che non li abbandona mai.
Non c’è un gesto, uno spostamento o una pianificazione, anche quello più banale, in cui non ci si ponga il quesito dell’accessibilità.
E l’ostacolo non si cela soltanto in quei luoghi di svago come bar, ristoranti o esercizi commerciali, dove è il privato che sceglie di non essere attento alle regole e segue la logica della non inclusione. Parliamo, soprattutto, di servizi di prima necessità: ospedali o ambulatori. Ebbene, perfino questi, si presentato con impedimenti strutturali quasi da far ridere.
All’ospedale Apicella di Pollena Trocchia, ad esempio, ed è una testimonianza che posso portare in prima persona, alcune rampe per carrozzine sono di una pendenza eccessiva. Sicuramente non a norma. E faccio riferimento in particolare ad una che si trova all’interno, accanto agli ambulatori del piano inferiore. Senza l’aiuto di qualcuno che sostiene in disabile nella salita e nella discesa, quella rampa è praticamente inutile. Anzi, perfino pericolosa. Pensate un po’ al paradosso di farsi del male tra i corridoi di un ospedale. Come dire: dal produttore al consumatore.
La situazione delle barriere architettoniche, poi, si fa ancor più drammatica negli edifici sanitari non pubblici. In queste strutture, probabilmente per degli indirizzi di legge troppo morbidi, l’accessibilità diventa un vero e proprio grattacapo. Una complicanza che mette in discussione non solo l’autonomia di spostamento, ma prima di tutto il diritto alla cura. Su questo, infatti, si è pronunciato il TAR della Sicilia nella sentenza n. 9199 del 5 agosto 2010.
Faccio a meno, inoltre, di menzionare gli ambulatori medici di famiglia. In quel caso, e lo dico con la massima moderazione, trattenendomi quasi, dovrei a dir poco accanirmi. Quindi preferisco evitare. Per mandare giù tutti questi bocconi amari serve tanto Malox, e non vorrei perdere la stima di chi me lo prescrive.
Insomma, sono costretto a ripeterlo per l’ennesima volta, le leggi ci sono. Esistono perfino dei protocolli che danno delle direttive ben precise. Per quale ragione, quindi, e davvero non me ne capacito, ancora oggi c’è chi nega, nel modo più ignobile possibile, l’accesso a strutture fondamentali ad una enorme porzione dei propri cittadini?
Dove sono le sanzioni? Dove sono i controllori? Come mai queste strutture riescono ad operare, ad essere attive, pur nella più totale inottemperanza delle leggi in vigore?
Questa è l’Italia, si usa dire ultimamente. E ne siamo davvero fieri? Aggiungo.
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