Nella luce intensa di Praja a Mare, un piatto fatto di luce. Lo chef Franco Del Bagno offre accordi magistrali al gusto, all’olfatto, allo sguardo, e mette al centro i sapori complessi degli agrumi e dei crostacei pur rispettando il ruolo da protagonista della pasta.
Abbaglianti bianche fiumare, tratti di colline sul mare scintillante, secchi bagliori.
Edward Lear
Ingredienti (per 4 persone): gr. 500 di scialatielli, gr. 80 di burro, 2 limoni, 1 arancia, 4 gamberoni, 4 scampi, 4 aragostelle, 20 gr. di panna, sale.
Grattugiare la buccia dei limoni e dell’arancia, mettere da parte le scagliette, sciogliere il burro in padella, farvi rosolare i crostacei, sfumare con la premuta degli agrumi, “allungare” con l’acqua della cottura della pasta, che intanto è stata avviata. Quando la cottura dei crostacei risulta completa, versare nella padella le scorzette dei limoni e dell’arancia, calare gli scialatielli, farli mantecare. Prima di portare in tavola, decorare il piatto con fette di limone e di arancia.
E’ una giornata primaverile. La luce del sole, a Praia a Mare, è un cristallo trasparente, percorso da fulgori vermigli: è uno splendore che si apre, attinge forza, profumo e voce dal mare, imbeve gli alberi del viale, i muri delle case, il sorriso della gente, attenua e ingentilisce le ombre delle cose e delle persone. Questa luce intensa ha una sua voce, ha una sua leggerezza, ha i suoi silenzi, di cui avverti la serena bellezza quando attraversi le viuzze del quartiere antico, e ti sembra di sentire ancora la presenza dei pescatori descritti nelle pagine ingenue e perciò meravigliose del sacerdote di Aieta che a metà del ‘700 fu incaricato di fare il censimento per il catasto: e che “disegnò” prima di tutto sé stesso mentre, a dorso d’asino, scendeva dalla collina alla spiaggia, e mentre cercava di convincere i pescatori che se chiedeva e registrava i loro nomi, lo faceva non per un suo ghiribizzo, ma per ordine del re, di un re grande e lontano. Il ristorante è di mio cognato, e dunque starei in mezzo a un conflitto di interessi, ma il cuoco, Franco Del Bagno, merita l’ applauso, perché il suo piatto pare fatto con la stessa luce di Praja, con lo stesso magico sfolgorio di riflessi che trasforma la superficie del mare in un acquerello di Rubens Santoro, e, in certe ore del giorno, dà all’isola di Dino l’aerea consistenza di una apparizione.
La fotografia del piatto dimostra che il cuoco ha anche il gusto del pittore: il tono cromatico del limone – una complessa sintesi di verdi e di gialli – mette d’accordo il concerto dei rossi orchestrato dai crostacei e dall’arancia. L’armonia dei colori è anche armonia di simboli. Il gambero compare in qualche quadro che rappresenta l’Ultima Cena, e pare che i Templari ne fossero ghiotti: il rosso della sua “crosta” è adatto ad evocare l’immagine del sangue. Il gambero che cammina a ritroso rappresenta anche quella regressione verso il passato che noi siamo sollecitati a tentare, nella memoria e nel sentimento, cento volte al giorno, mentre la raggiera incisa sulla fetta d’arancia ne fa l’immagine della perfezione circolare del cosmo. Ma la Calabria è anche roccia: nella grotta del Leone, nell’isola di Dino – l’isola è lo smeraldo incastonato nel panorama di Praja – archi di solida pietra chiudono la trasparenza delle acque marine. Edward Lear, nel suo “ Diario di un viaggio a piedi”, chiamò “austere” le rocce di Calabria, e quando salgo all’incanto d’ Aieta o lungo la strada che porta a Lagonegro, mi ritorna alla mente la sintetica potenza dell’aggettivo usato dallo scrittore inglese.
E così nel piatto preparato da Franco Del Bagno, sotto i delicati sapori dell’aragostella e dello scampo, c’è la sicura solidità dello scialatiello, di questa meravigliosa invenzione, il cui compito primo è quello di ricordare l’autorevolezza umile e disponibile della pasta: pacificamente pronta a far da gustoso supporto a sughi salse intingoli condimenti di terra di aria e di mare, a patto però che si riconosca, sempre e dovunque, in ogni boccone, dal primo all’ultimo, il suo ruolo di protagonista, di prima attrice. Franco Del Bagno rispetta questo ruolo, anzi lo esalta, accordando con un delicato tocco d’artista profumi e sapori”sentiti” dal gusto, dall’olfatto e dall’ occhio – l’occhio è capace di “sentire” gli uni e gli altri – con la matronale autorevole delicatezza dello scialatiello, che sarà pure corto, doppio e storto, ma dalla magia dello chef è trasformato in un Adone.
L’OFFICINA DEI SENSI
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