Il caso riguarda l”intervento correttivo sul registro di classe di un Dirigente scolastico su una precedente nota scritta da un docente, atta a sanzionare il comportamento di un alunno.
Il prof. J. F. B. ricorreva avverso un provvedimento del dirigente scolastico della scuola media , con cui si disponeva la cancellazione di un’annotazione autografa, apposta dal medesimo prof. B. sul registro di una classe della predetta scuola.
Il Dirigente scolastico in sede difensiva rappresentava come la nota in questione, con la quale si definiva un allievo di dodici anni “reo confesso di molestie sessuali riguardo ad una sua compagna di scuola” avesse suscitato turbamento e reazioni, tali da compromettere il rapporto di fiducia tra famiglie e docenti, e come egli avesse riformulato la nota stessa, cancellando la precedente, nei termini ritenuti più consoni alle circostanze: “M.P. importuna pesantemente una compagna”.
Il dirigente riteneva legittima la sua azione perché confidava nell’art. 468 del decreto legislativo 297 del 1994, secondo il quale il capo d’Istituto ha il potere di intervenire con piena discrezionalità , in presenza di comportamenti lesivi della dignità della persona degli studenti e del decoro dell’istituzione scolastica, nonché di compromissione del rapporto di fiducia tra le famiglie degli alunni e la scuola; il medesimo Capo dell’Istituto, inoltre, sarebbe stato leso dall’atto in questione anche sul piano personale, essendo stato ipotizzato un abuso della posizione dirigenziale rivestita.
Il Collegio giudicante ha ritenuto che le ragioni del preside, pur ponendo in evidenza principi di per sé corretti, circa l’ambito dei poteri di cui è titolare il dirigente scolastico, non possono trovare accoglimento. Nella situazione in esame il professor B. si era trovato ad effettuare un accertamento di fatti di rilevanza disciplinare, in quanto sollecitato dalla studentessa importunata, aveva apposto un’annotazione sul registro di classe, in ordine a quanto accertato.
Le espressioni nella fattispecie utilizzate, in effetti, potrebbero apparire inadeguate, sia per la giovanissima età degli studenti coinvolti, sia per l’utilizzo di un linguaggio giuridico (dall’espressione “reo confesso” a quella di “molestie sessuali”) non consono ad una realtà scolastica composta da ragazzi dai 12 ai 13 anni.
L’annotazione di cui si discute, tuttavia, non era modificabile in via autoritativa ad opera del dirigente scolastico – non presente al momento del fatto stesso e all’atto della relativa registrazione. Il dirigente scolastico, tuttavia, avrebbe potuto intervenire avviando un procedimento di verifica e riesame, al termine del quale era possibile evidenziare, con ulteriori annotazioni decise dal Consiglio di classe, una diversa valutazione dell’episodio contestato (ove riconducibile ad un intendimento scherzoso e non di molestia vera e propria), con soluzioni conclusive da adottare, auspicabilmente, anche nel pieno rispetto della sensibilità della persona offesa e dell’autorevolezza del corpo insegnante. Tale intervento, invece ha assunto un carattere atipico, e dunque si è estrinsecato in misura diversa da quella prevista dalla norma.
In nessun caso, tuttavia, poteva ipotizzarsi un diretto intervento correttivo del Dirigente scolastico sul registro di classe, né ai sensi del citato art. 468 D.Lgs. n. 297/1994, né in base alle altre norme, dettate in materia di competenza del dirigente stesso (artt. 163 e 396 D.Lgs 297/94 cit.), in quanto deve riconoscersi, oltre all’interesse del Dirigente scolastico ad affermare il proprio indirizzo organizzativo e gestionale, l’interesse del singolo docente a tutelare la propria autonomia e la dignità delle proprie decisioni nei confronti degli studenti (Consiglio di Stato Sez. Sesta – Sent. del 31.01.2011, n. 715).

