UN AUGURIO A TUTTI PER IL NUOVO ANNO: OGNUNO FACCIA QUELLO CHE SA FARE!

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    Se le cose non vanno bene la colpa non è del destino infame, ma di chi ha il comando per indirizzare gli eventi. È tempo che torni il principio di responsabilità.

    Caro Direttore,
    con l”archiviazione del periodo festivo si ritorna alle normali attività di ogni giorno, quelle, per intenderci, di routine. La scadenza elettorale del prossimo mese di marzo riaccende il parossismo solito delle formazioni politiche e di quanti intendono candidarsi per uno scranno al consiglio regionale. Alcuni peones aspiranti candidati, in occasione del Natale e del Capodanno, sono apparsi con pubblici manifesti, per fare gli auguri agli elettori.

    Addirittura faccioni sorridenti si sono fatti incollare sugli spazi per le affissioni, per augurare sì buone feste, ma soprattutto per trasmettere la personale preoccupazione per come stanno andando le cose in questo paese. E come stanno andando? Male, molto male. Pensa, Direttore, che anche l”inveterata e deprecabile abitudine di ogni San Silvestro, quella dello sparo dei fuochi, nella nostra Regione, causa la concomitante crisi economica, ha subito una limitazione naturale ed improvvisa, che mille appelli, negli anni passati, non erano riusciti nemmeno a sfiorare.

    La maggioranza delle famiglie vive male. Probabilmente le fatidiche tre settimane di sopravvivenza al mese si sono accorciate ancora di qualche giorno. Capi di famiglie che perdono il posto di lavoro; giovani che non riescono ad immettersi nel circuito lavorativo; uomini e donne, che, in età già avanzata ma non ancora pensionabile, sono costretti a riciclarsi, a reinventarsi una capacità produttiva in ambiti mai prima conosciuti. E gli immarcescibili governanti –di destra e di sinistra- ripetono che la crisi sta per concludersi, che si aprono nuove prospettive per tutti, che bisogna, però, abbandonare il mito del posto fisso.

    E, intanto, gli immarcescibili governanti –di destra e di sinistra- non rinunciano al loro sabba, propongono primarie, ipotizzano alleanze inimmaginabili per ideologie e valori, si assumono la responsabilità di essere unici decisori dei destini di sfigati cittadini-elettori. Però, tutti, ma proprio tutti, sostengono che i fatti non vanno bene e che bisogna fare qualcosa per questo paese. Cosa? Trovarsi una buona raccomandazione, per esempio. Anche, magari, per iscrivere i propri figli a scuola.

    “Devo iscrivere mio figlio alla scuola media, pubblica, si intende. Solita storia. Mia moglie va a prendere informazioni e torna cupissima. Solita storia, dice: quelli raccomandati andranno nelle sezioni migliori, troveranno bravi professori, attenti. Quelli raccomandati avranno maggiori possibilità rispetto agli altri. Noi che vogliamo fare? Dice lei. E che vogliamo fare. Dico. Ipotesi di mia moglie: informati un po”, vedi se conosci qualcuno che ci può risolvere questo problema.” (Antonio Pascale, “Qui dobbiamo fare qualcosa. Sì, ma cosa?”, Laterza, 2009).

    È vero, la storia non si scrive e non si fa con i “se” e con i “ma”. Però, giocando con i “se” e con i “ma” si riesce a capire meglio quali possano essere state le responsabilità degli uomini. Se certe coalizioni politiche non fossero state mai battezzate, se alcuni personaggi non fossero stati mai candidati, se alcune cambiali elettorali non fossero state firmate:Certo, sono “se” con i quali non si può scrivere la storia, ma sono i “se” che, magari, ci aiutano a identificare le responsabilità degli uomini di governo, delle classi dominanti, dei governatori, dei sindaci, delle segreterie dei partiti, degli uomini che, con troppa disinvoltura, passano da uno schieramento all”altro in nome di una presunta governabilità.

    E già, perchè non bisogna assolutamente tacere della funzione delle “personalità”–macro e micro- nella storia. La funzione, cioè, di coloro che hanno avuto ed hanno il compito (intenzionalmente chiesto ed ottenuto per voto popolare) di indirizzare il corso degli eventi. È la funzione della responsabilità delle persone! Alcuni amministratori, per fare un esempio, hanno avuto una funzione determinante nello snaturare il patto esistente tra elettore ed eletto, ricorrendo ad una politica basata solo sul voto di scambio. Alcuni amministratori, per continuare con un esempio, hanno avuto, per mantenere il consenso, l”ennesima funzione determinante nell”imbarbarimento e nella decadenza dei servizi ai cittadini.

    Quanti primari ospedalieri non sarebbero stati degni di essere tali, quanti dirigenti scolastici avrebbero meritato di essere retrocessi, quanti vincitori di concorso avrebbero vinto “quel” concorso? Sin”anche ricorrere all”eufemismo delle “pari opportunità” appare come una presa per i fondelli. Le liste elettorali con candidati divisi, in numero pari, tra uomini e donne; il voto espresso per un uomo e per una donna, per legge. Una messinscena, una farsa, quasi un”atellana!

    Quando Aimone Chevalley di Monterzuolo, segretario della prefettura, propone a don Fabrizio, il Principe di Salina, di far parte dell”elenco di nomina dei Senatori del Regno, si sente, tra l”altro, rispondere: “Non posso accettare. Sono un rappresentante della vecchia classe, inevitabilmente compromesso col regime borbonico, ed a questo legato dai vincoli della decenza in mancanza di quelli dell”affetto. Appartengo ad una generazione disgraziata, a cavallo fra i vecchi tempi e i nuovi, e che si trova a disagio in tutti e due. Per di più, come lei non ha potuto fare a meno di accorgersi, sono privo di illusioni; e che cosa se ne farebbe il Senato di me, di un legislatore inesperto cui manca la facoltà di ingannare sè stesso, questo requisito essenziale per chi voglia guidare gli altri?”, (Giuseppe Tomasi di Lampedusa, “Il Gattopardo”, Feltrinelli, 1963).

    Caro Direttore, concludendo questo mio ragionamento di inizio anno, penso che chi si candida alla guida delle istituzioni (con qualsiasi ruolo) debba possedere –oltre ad esperienze stratificate- idealità e valori che non possono essere semplici astrazioni. I simboli devono continuare a fare i simboli, i calciatori devono continuare a correre dietro a un pallone (un idolo della mia infanzia il lunedì mattina teneva banco, diceva anche che il mister lo apprezzava molto, tanto che lo chiamava ebete), le soubrette a battere le tavole dei palcoscenici, i mezzibusti televisivi a leggere le loro cartelle informative.

    Altrimenti, perchè Incitatus, il cavallo di Caligola, non potrebbe continuare a fare il senatore (anche se, per correttezza storica, Svetonio e Cassio Dione parlano solo di volontà dell”imperatore di nominare console il suo amato quadrupede)? Perchè, forse, “i fuoriclasse oggi non sono più tali,/ di moda vanno solo i normali”, (Fernando Acitelli, “La solitudine dell”ala destra”, Einaudi, 1998).

    Non è vero che le cose non possono cambiare. Con determinazione, con perseveranza, sicuramente con tempi lunghi, è fatto obbligo a noi tutti di tentare correzioni, alimentare la speranza, scrivere il futuro.
    (Fonte foto: Rete Internet)