Non esiste l’uso delle violenza finalizzata a scopi educativi

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Un educatore veniva condannato per aver percosso la natica di un alunno, con il flauto che quello si ostinava a suonare nonostante i plurimi divieti per il rispetto del riposo degli altri.

Nel ricorso presentato in cassazione , l’educatore sosteneva che la lieve percussione, sulla natica dell’alunno con il flauto, rientrava nell’esercizio dello ius corrigendi, ossia nell’uso di mezzi leciti di correzione.

Resta, al riguardo, insuperato il principio più volte ribadito dalla giurisprudenza di legittimità, relativamente a minori, il termine "correzione" va assunto come sinonimo di educazione, con riferimento ai connotati intrinsecamente conformativi di ogni processo educativo. E non può ritenersi tale l’uso della violenza finalizzato a scopi educativi: ciò sia per il primato che l’ordinamento attribuisce alla dignità della persona, anche del minore, ormai soggetto titolare di diritti e non più, come in passato, semplice oggetto di protezione (se non addirittura di disposizione) da parte degli adulti; sia perché non può perseguirsi, quale meta educativa, un risultato di armonico sviluppo di personalità, sensibile ai valori di pace, di tolleranza, di connivenza utilizzando un mezzo violento che tali fini contraddice.

D’altra parte, per scendere alla casistica evocata nel ricorso, non si comprende, come potrebbe farsi rientrare nel concetto di uso di mezzi leciti di correzione o anche soltanto in quello di abuso di mezzi leciti di correzione, e non piuttosto nella ipotesi di violenza privata, la condotta consistita nel percuotere la natica di un alunno che non ubbidiva all’ordine di smettere di suonare il flauto, cagionandogli ecchimosi lineari sul gluteo.

Infatti, dovendosi anche considerare che sia l’articolo 571 cp che l’uso legittimo del mezzo di correzione che esso sottende costituiscono comunque precetti dinamici che devono essere interpretati alla luce dell’evoluzione del costume sociale, dovrà ritenersi che, se è vero che, in ipotesi e nella prospettiva dell’educazione del minore, possa ancor oggi ammettersi il ricorso ad un occasionale ceffone, è da escludere che possa farsi uso legittimo dello stesso sistema quando trasmodi in un eccesso e si trasformi in una condotta fonte di lesioni personali non necessitata dalle circostanze. Per questi motivi la Corte di Cassazione Sezione Quinta sentenza 16 maggio – 16 giugno 2014, n. 25790, rigetta il ricorso e condanna l’educatore.
(Fonte foto: Rete Internet)

GENITORI, SCUOLA E DIRITTO