Invertire la rotta per essere competitivi

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    L’OCSE ha pubblicato il rapporto Education at glance dal quale l’Italia esce con le ossa rotte. È tempo di scelte coraggiose da parte del governo affinchè la scuola riacquisti credibilità e competitività internazionale.

    Quando si spengono le luci sull’anno scolastico comincia il tempo dei bilanci. È come quando scende la sera e ci lasciamo trasportare dai pensieri. Ma non è un bilancio sull’onda dei ricordi di ciò che è stato. Piuttosto, una riflessione sul complesso dell’istruzione nel nostro Paese. Sicuramente, il pericolo di formulare un cahiers de doleance sullo stato dell’arte della scuola è il pericolo in agguato. Meglio rifugiarsi su dati concreti che provengono da Istituzioni terze per tastare il polso della situazione. Si scopre, allora, che tra le sponde della Senna, dallo Château de la Muette sede parigina dell’OCSE, e quelle del Tevere, sede del Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca vi è una fibrillazione convulsa specchio della preoccupazione italiana sulle criticità che avviluppano, nel medio e nel lungo tempo, il comparto dell’istruzione.

    Al MIUR sono indubbiamente preoccupati dai dati che sono affiorati dal rapporto Education at glance. Emerge un quadro che posiziona L’Italia nelle posizioni di retroguardia tra i 34 paesi che compongono l’organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico. Il primo vero tallone d’Achille è nel numero dei laureati del Bel Paese. Solo il 15% degli italiani tra i 25 e i 64 anni ha conseguito una laurea, contro una media Ocse del 32%. Meno laureati significa, in primis, minore competitività sul mercato e minore possibilità di trovare lavoro. In questi giorni di esame di Stato, con circa 500mila alunni che lo stanno sostenendo, saper che meno della metà si iscriverà all’Università è un dato preoccupante. Mentre più del 60% dei coetanei Ocse dei nostri studenti accederà agli atenei dei rispettivi paesi di appartenenza.

    Molto interessante è anche il dato sociologico sulle aspettative di laurea degli studenti che entrano all’università. Metà di essi non accarezza il sogno della Laurea anche perché è conscio che il gap stipendiale, nel nostro Paese, tra un laureato e un diplomato è appena del 22%. Sconfortante, inoltre, è la percentuale di Pil destinato all’istruzione e la spesa pubblica per la scuola. Siamo buoni trentesimi e ultimi in entrambe le classifiche con un ulteriore dato all’armante: l’appena 0,1% in più di Pil dedicato all’Istruzione negli ultimi venti anni. La depressione, poi, ci prende quando arriviamo ai dati sugli insegnanti. Quelli italiani sono i più anziani e i peggio pagati: nel 2011, il 47,6% dei maestri elementari, il 61% dei professori delle medie inferiori e il 62,5% di quelli delle superiori aveva già superato i 50 anni d’età.

    Tutto questo a fronte di 200mila tagli perpetrati sul personale e il blocco del turn-over che impedisce, di fatto, di immettere in ruolo personale più giovane. Nel rapporto si legge infatti che ”negli ultimi anni un numero relativamente limitato di giovani adulti è stato assunto nella professione di insegnante”. Per non parlare delle retribuzioni. Esse ”tendono a essere inferiori rispetto alla maggior parte dei Paesi dell’Ocse”. Un docente italiano con quindi anni di servizio percepisce mediamente 4736 euro in meno rispetto ai colleghi dell’area Ocse. E la forbice della retribuzione si allarga con l’aumentare dei anni di servizio. Tutto questo mentre la categoria ha un contratto collettivo nazionale scaduto da ben quattro anni e con un governo che non prende posizione sulla questione ma che addirittura blocca in busta paga gli statti di anzianità.

    Se nemmeno questi dati aprono gli occhi a chi ci governa, allora abbiamo poche speranze. Non siamo fiduciosi circa le prospettive in vita dell’attuale governo e ancor più sulle sue capacità di invertire la rotta su assi strategici di sviluppo per il nostro Paese. Bisognerebbe avere una tavolozza solida e straripante di colori per ridare speranza all’ingrigito mondo della scuola. Occorre che si avvii un piano di reinvestimento sulla scuola e sulla conoscenza in generale, accompagnato da adeguato sostegno al diritto allo studio. È necessario avere il coraggio di scegliere di investire nel futuro di questo paese, nei suoi ragazzi e nelle sue ragazze e cessare le politiche di impoverimento della conoscenza che hanno caratterizzato gli ultimi governi.
    (fonte foto:rete internet)