L’avv. Giovanni Bianco, responsabile cittadino della Fondazione Città Nuove ha provveduto a depositare un esposto presso la Procura della Repubblica di Nola.
L’avv. Giovanni Bianco, responsabile cittadino della Fondazione Città Nuove, a seguito dell’ennesimo incendio doloso, questa volta del sito di tritovagliatura annesso al termodistruttore di Acerra, ha provveduto a depositare un esposto presso la Procura della Repubblica di Nola chiedendo non solo che si proceda all’individuazione dei responsabili dei reiterati incendi dolosi perpetrati in più riprese contro l’impianto di termovalorizzazione, che nel loro complesso hanno distrutto oltre 10.000 ecoballe disperdendo nell’aria quantità pericolosissime di diossine, ma anche e soprattutto ad individuare se dietro tali atti eversivi vi sia la malavita organizzata e si nascondano imprenditori senza scrupoli che operano nel settore dei rifiuti, come affermato, in più di un’occasione da collaboratori di giustizia che hanno verbalizzato episodi dai quali si deduce l’interesse e la presenza della malavita organizzata nella realizzazione e gestione degli impianti di termodistruzione.
Nell’esposto è stato evidenziato non solo la circostanza che resta ineludibile per la stessa Procura procedere anche per il delitto di disastro ambientale, ma soprattutto che sono le stesse autorità centrali a manifestare preoccupazione per la salute pubblica, tanto è vero che non solo il ministro Clini ha testualmente affermato che dietro l’incendio della discarica di Acerra vi è la camorra, ma lo stesso ministro della Salute ha disposto che si proceda ad accertamenti sugli allevamenti attigui all’impianto per verificare la presenza di diossina.
Si è evidenziato, ancora, come sia assolutamente incoerente la presa di posizione del Ministro della Salute che dispone accertamenti sugli animali affidati all’Istituto Zooprofilattico di Portici e, nello stesso, non si dispongono accertamenti sugli umani che vivendo vicino all’inceneritore ne inalano le polveri e mangiano i prodotti del territorio, sui quali – a questo punto – necessariamente esiste una concentrazione di diossina quantomeno preoccupante.
Nell’esposto, nel denunciare inoltre la inefficienza dell’impianto antincendio si è sottolineata la necessità di procedere, ai sensi dell’art. 40 c.p., nei confronti di quanti hanno omesso i necessari controlli sia per sventare gli atti eversivi, sia soprattutto sulla esistenza ed efficienza dei necessari impianti antincendio che addirittura risultavano non funzionanti nel momento in cui si è sviluppato l’incendio.
L’esposto conclude richiedendo, ai sensi dell’art. 253 c.p.p., la richiesta di sequestro probatorio dell’impianto al fine di accertare la sussistenza della evidenziata ipotesi di disastro ambientale e soprattutto per accertare la qualità e quantità delle diossine sprigionate nell’aria dall’incendio delle ecoballe.