Il cannone austriaco, bottino di guerra, e il busto in gesso di Omero sono stati testimoni di una storia luminosa, che appartiene a tutto il Vesuviano interno. Perchè l’Istituto fu intitolato a Diaz. Un episodio del 1965.
>La sola cosa che non c’è è l’oblio (J.L. Borges)
Il cannone, austriaco e preda di guerra, venne assegnato come trofeo all’ex Convento del Rosario nel 1916, quando vi furono ospitati gli uffici del 31° fanteria, feriti italiani e prigionieri austriaci. Dopo Caporetto Ottajano ospitò anche profughi friulani e veneti costretti a venir via dalle loro terre sotto l’urto degli austriaci che calavano in pianura, e Anna Buliani, di Treppo Carnico, si lamentò per la selvatichezza della città vesuviana. Dopo la guerra, il cannone entrò a far parte della storia del Ginnasio, che venne intitolato a Armando Diaz per ricordare che il Duca della Vittoria durante i giorni terribili dell’eruzione del 1906 aveva visitato più volte la nostra città devastata, e aveva promesso agli Scudieri, amici suoi e amici dell’amico comune E.A. Mario, che avrebbe fatto di tutto per evitare che gli Ottajanesi venissero trasferiti, per sempre, sotto altro cielo.
Se sapessi suonare la grancassa della retorica, direi che quel cannone l’hanno conquistato Vittorio Giordano, Ferdinando Cutolo, Giovanni Moscatiello di Cervinara, Teodoro Lacava di Isernia, Alfredo Milone di Sarno, Eduardo Pennasilico di Torre Annunziata, e tutti gli ex alunni del Ginnasio che sacrificarono la giovinezza, e alcuni anche la vita, combattendo da eroi nella Grande Guerra per cacciar via gli stranieri dalla terra della signora Buliani. Ma non so suonare la grancassa e non mi lascio commuovere dalla sirene dei ricordi: negli ultimi otto anni sono entrato nella sede del Liceo forse due volte. L’ultima volta il cannone c’era ancora: stava dove l’avevo lasciato. Ma qualche ricordo merita di essere raccontato.
E’ il dicembre del 1965, il Liceo è ancora ospitato nell’ex convento di piazza Rosario. Il 7 dicembre, martedì, si gioca a Napoli Italia- Scozia decisiva per la qualificazioni ai mondiali che si terranno l’anno dopo in Inghilterra. E’ giorno di scuola, ma gli alunni vogliono andare alla partita. Il preside, per scongiurare l’assenza di massa, – i corsi liceali sono solo due -, promette che farà suonare la campanella> dell’uscita alle 11.30, in modo che i giovani tifosi possano raggiungere in tempo lo stadio. Ma alle 11.30 la campanella non suona. I ragazzi prima se la prendono con il buon De Rosa, bidello sarnese, poi vanno dal Preside: che però nega di aver promesso l’ uscita anticipata. A quel punto alcuni alunni di III A, dei facinorosi, si riuniscono nel cortile, accanto al cannone, e prendono una decisione clamorosa: uscire tutti dalle aule, e andar via. E tutti vanno via, i tifosi e i non tifosi, i volenti, e anche i nolenti, convinti dai volenti in vario modo: i professori assistono alla sedizione in silenzio.
Ma i sediziosi sanno – è una storia lunga – che il cuore di quelli è colmo di gioia: sono, sì, dei sediziosi, ma il loro professore di italiano, Raffaele Sorrentino, ha dedicato una decina di ore di lezione a Machiavelli e a Guicciardini, e non passa giorno che non faccia vedere ai suoi alunni che le cose della vita vanno proprio come hanno detto i due fiorentini.
L’Italia batte la Scozia tre a zero, qualche giornale racconta la storia della rivolta del Liceo Diaz – per quei tempi era una cosa incredibile -, il mercoledì è la festa dell’Immacolata, il giovedì irrompe nell’ex convento un ispettore ministeriale: vuole i nomi dei capi della rivolta, minaccia decimazione e squalifiche a vita. Non succede nulla. Si schierano a difesa degli alunni il sindaco di Ottaviano e i professori tutti, e primi tra tutti Raffaele Sorrentino e Antonio Portolano, che avevano sapienza, carisma e certi attributi da cannone.
Nel 1988 il Liceo si trasferisce, tra le proteste, da piazza Rosario alla sede di Ferrovia dello Stato: l’anno prima il preside è stato costretto a respingere molte domande di iscrizione, perchè non ci sono aule, e le aule del chiostro sono topaie: un professore si porta da casa una lampadina con cavo e spina, per rischiarare il buio. Portiamo via il busto di Omero e la lastra di bronzo -il bronzo dell’artiglieria austriaca – con il Bollettino della Vittoria firmato da Armando Diaz. E il cannone ? Gli alunni e i docenti non hanno dubbi: viene con noi anche il cannone.
Anche nella nuova sede il cannone conserva il ruolo di protagonista assoluto. Accanto al cannone, oltre che dietro le colonne, si riunisce un partito che opera – operava- in quasi tutte le scuole -, il “partito delle colonne” ( o del cannone), di cui fanno parte quei docenti che nelle sedute del collegio non aprono bocca e votano sempre come il preside si aspetta che essi votino, a >capezza ‘nterra, ma, sciolta la seduta, si aggruppano e si sussurrano quello che avrebbero voluto dire e fare, e che non hanno detto e fatto: >ma la prossima volta, faccio casino. La prossima volta mi sentono. La prossima volta. Il cannone vede le misere storie della stagione dei ” corvi “: che sono tre, quattro docenti – docenti e basta, senza attributi – che passano il tempo a scrivere lettere contro i colleghi dimenticando coraggiosamente di firmarle: forse perchè i loro nomi sono noti a tutti. Delle vendette alla Gogol di cui furono bersaglio questi epistolografi smemorati e senza attributi e di altre simpatiche vicende di quegli anni si parla in uno sfizioso romanzo che fu scritto molto tempo fa, e verrà pubblicato nel prossimo autunno.
Ma il cannone ha visto soprattutto le splendide storie dei giovani a cui il Liceo Diaz ha dato metodo e strumenti per leggere le cose del mondo e sè stessi: il cannone ha visto intrecciarsi sentimenti schietti, chiari pensieri e audaci progetti. Per decenni molti ragazzi del Vesuviano interno che sarebbero diventati professionisti e imprenditori hanno trascorso gli anni dell’adolescenza nelle aule del Ginnasio e del Liceo di Ottaviano, e ogni mattina, irrompendo in massa nella piazzetta della stazione e muovendosi in rumoroso corteo per le vie, hanno offerto agli Ottavianesi la consolante visione della loro luminosa freschezza.
E a tutti il cannone ricordava che c’ è un tempo per la guerra, e un tempo per la pace, un tempo per tacere, e un tempo in cui chi ha rispetto della propria dignità deve parlare. Diceva Gennaro Correale, genio della matematica e dell’insegnamento della matematica, che gli alunni su una cosa non si sbagliano mai: sulla dose di rispetto che merita il docente. Quando gli dissi che volevo far l’insegnante, mi avvertì: capirai tutto il primo giorno. Se per farti ascoltare dovrai alzare la voce e minacciare: >mo’ vi mando dal preside, cambia subito mestiere. Chi si ricorda di Gennaro Correale?
>La sola cosa che non c’è è l’oblio.