Non sono rari i casi in cui la Corte di Cassazione, con i suoi pronunciamenti, anticipa e talvolta supplisce gli interventi legislativi, in svariate materie e ambiti del vivere sociale. Tale è il caso che presentiamo quest”oggi.
Il caso
La proprietaria di un centro di tatuaggi praticava sul corpo di una ragazzina un tatuaggio, senza il consenso dei genitori. Il tatuaggio voleva essere una pura e semplice piccola rappresentazione grafica sul corpo. I genitori della ragazzina alcune settimane dopo scoprono il tatuaggio e oltre a non essere d’accordo per quella “macchia” sul corpo, erano preoccupati anche per le conseguenze che il tatuaggio poteva avere sulla salute. I genitori decidono, quindi , di denunciare la proprietaria del centro, per aver inciso sul corpo della ragazzina un tatuaggio pericoloso per la salute.
La proprietaria del centro come linea difensiva aveva sostenuto che qualificare il tatuaggio come una lesione del corpo, produttrice di malattia in senso tecnico-giuridico, era una esagerazione, in quanto la riscontrata alterazione funzionale della cute non avrebbe raggiunto la necessaria connotazione dell’ "apprezzabilità", quale richiesta dai più recenti orientamenti della giurisprudenza e della dottrina.
La Cassazione precisava che la più recente giurisprudenza, nel qualificare come "malattia", ai fini della configurabilità del reato di lesioni, una "apprezzabile riduzione di funzionalità" della parte del corpo interessata, non aveva mai inteso escludere dall’ambito della rilevanza penale, tutti i fatti lesivi di modesta entità quali le ecchimosi, i graffi, le scalfitture, le abrasioni etc.
I giudici, inoltre, precisavano, che dal risultato della perizia medico-legale, il tatuaggio cui era stata sottoposta la minore aveva prodotto una alterazione delle funzioni sensoriali e protettive della cute, e non era quindi rilevante fare la distinzione tra “apprezzabilità” e semplice ”percettibilità” della lesione.
In definitiva la Cassazione pur avendo ritenuto “assai tenue e localizzata” la suddetta alterazione, condanna la proprietaria del centro tatuaggi al risarcimento dei danni subiti dalla minore.
La decisione della Corte con la sentenza n. 45345 del 17 novembre 2005 ha ritenuto il tatuaggio una "malattia" ai fini della configurabilità del reato di lesioni, ed ancora una volta la Corte supplisce e disciplina un ambito della vita sociale in cui la legislazione e ”latitante”.