IL GRAFFITO MODERNO: KEITH HARING E IL “MURALE DI MILWAUKEE”

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    Nella splendida location della Reggia vanvitelliana sono in mostra i ventiquattro pannelli che costituiscono il “Murale di Milwaukee”, opera del 1983 tra le più rappresentative del writer americano.

    Occhialoni spessi, fronte alta, abbigliamento informale con tanto di sneakers ai piedi: insomma, l’ aspetto del nerd, tanto in voga oggi, fuori, ma con la scorza dura del ribelle. Keith Haring aveva fatto tante volte le spese delle sue azioni, quando per le strade newyorkesi superava la sottile linea che separa la trasgressione e la libertà d’espressione dall’ illegalità, finendo ripetutamente in manette. Sì, perché quella del graffitaro è sempre stata un attività fuori dalla legge, lo sfogo colorato ed arrabbiato dell’emarginazione spruzzato sui muri delle metropolitane e dei sobborghi più degradati. Un’ arte di frontiera, insomma, nuda e cruda. Haring fu, insieme a Jean-Michel Basquiat, uno dei writers più attivi della scena americana.

    La sua arte di strada avrebbe conquistato il mondo e sarebbe stata pagata a peso d’oro, in breve tempo. Breve fu anche la sua vita: non aveva nemmeno trentadue anni quando la morte – era malato di AIDS – lo colse, prematuramente, anche se nemmeno troppo presto per proiettarlo nell’ Olimpo dell’arte cui era destinato, insieme a tanti altri miti della scena americana (lo stesso Basquiat morì due anni prima, non ancora trentenne, per un overdose). Se la vita – e la morte – del writer di Reading sono lo specchio di una disagio sociale diffuso, di una generazione di giovani americani che sbattevano contro i finti valori della società dei consumi, la sua pittura ha il brio e la vivacità che gli derivano dal fumetto, un universo grafico con cui si confronta costantemente.

    Questa passione mai celata che caratterizza l’arte di Haring secondo una spensieratezza quasi disneyana, ha spinto la critica, quella che sente il viscerale bisogno di schematizzare artisti e opere sotto un nome identificativo, a parlare di Neo-pop. Ma la Pop di Warhol intendeva “sganciare l’immagine dal significato profondo per consegnarlo ad una superficie simulacrale”, facendo in modo che “l’artista non stesse dietro la sua opera”. Keith rivendica una funzione importante per l’arte, catartica ed universale: “Il mio contributo al mondo è la mia abilità nel disegnare. Dipingere è ancora sostanzialmente la stessa identica cosa che fu nella preistoria. Riunisce l’uomo e il mondo. Vive nella magia”.

    Dei graffiti preistorici i lavori dell’artista conservano l’immediatezza e la spontaneità, a cui si fonde la rivendicazione di una personalissima “firma” rispetto agli altri che come lui, avevano guardato ai muri delle strade metropolitane come mega-supporti per liberare la creatività. “All’inizio la mia firma fu un animale – affermava Haring – che diventò sempre più simile a un cane. Poi cominciai a disegnare un bambino che andava a quattro zampe e più lo disegnavo e più è diventato The Baby”; due loghi riconoscibilissimi, i più distinguibili. E questi si ritrovano nel meraviglioso “Murale di Milwaukee”, una delle opere maggiori del graffitaro visionario, in mostra alla Reggia di Caserta, dal 2 giugno al novembre prossimo.

    L’artista lo realizzò nel 1983 per l’inaugurazione dell’Haggerty Museum of Art di Milwaukee. È costituito da ventiquattro pannelli in legno dipinti su entrambe le parti, con un lato ricoperto da una sequenza continua di bambini che camminano a quattro zampe, nella parte superiore, e di cani che abbaiano (barking dogs), in quella inferiore. L’altra parete presenta una maggiore varietà di immagini. Il tema dominante sono le figure danzanti ispirate ai ballerini di breakdance. A queste si affiancano altre icone della sua arte: il televisore con le ali, il cane, l’uomo con la testa di serpente.

    Il murale,dunque, è identificato dai pittogrammi meglio esemplificativi del suo linguaggio stilizzato, sviluppato, tra gli altri termini del suo vocabolario pittorico, nel contrasto tra la spensieratezza infantile dei bambini a quattro zampe e la presenza di cani che ringhiano. Una dicotomia solo apparente perché per Keith Haring sono entrambi esseri positivi, dotati di vitalità, depositari di energie primordiali usate per celebrare la giocosità e la creatività della vita.
    (Fonte Foto: Rete Internet)