Ecco come una metodologia può favorire la comunicazione e “rompere” il vetro che separa gli uni dagli altri. Di Annamaria Franzoni
La “restituzione” dell’attività svolta nel mio primo giorno di scuola con i Giovani liceali in entrata nel Liceo Mercalli di Napoli mi è giunta con le loro produzioni scritte nelle quali hanno raccontato l’esperienza del loro primo Circle Time.
Il ruolo della “restituzione” può essere definito un dispositivo pedagogico fondamentale per comprendere l’andamento, anzi in questo caso l’avvio, di un lavoro partecipato. In genere è colui che gestisce il gruppo ad operare, quando è possibile con l’aiuto di un osservatore, una sorta di registrazione dei dati salienti dell’incontro sia dal punto di vista contenutistico, che emozionale, di quanto viene espresso da un singolo nell’ambito dell’attività condivisa.
Nell’esperienza che vi riferisco, invece, ho capovolto la situazione dando voce a tutti e ascoltando come ciascuno dei ragazzi avesse vissuto l’avvio del nostro “percorso insieme”.
Comunicare le proprie emozioni è uno dei bisogni primari dell’uomo: dagli scritti dei ragazzi, letti dai singoli autori al gruppo, è emerso come la comunicazione, nata nell’ambito del nostro “cerchio”, abbia rappresentato il primo punto di contatto tra individui, accomunati inizialmente solo dalla sorte di essere stati inclusi in uno stesso elenco e che si sono messi in gioco, interagendo con gli altri e raccontando “pezzetti” della propria vita.
L’esigenza evolutiva di conoscere tutto quello che è diverso e separato dal sé, tipica dell’adolescente, ha favorito la comunicazione e l’ascolto, la relazione e la condivisione con l’altro, aprendo il mondo di ciascuno ai tanti altri possibili, comprendendo e lasciandosi comprendere.
Fino a quel momento, ci ha detto Laura, ciascuno era protetto da un vetro e restava indifferente, dopo ha visto il gruppo-classe, i suoi compagni. Per Antonio è stato un momento di pausa in cui ha ricevuto risposte concrete a tutte le sue domande. Luigi ha trovato lo spazio per raccontare un’ingiustizia subita nella scuola. Alessandra, che aveva vissuto nell’ambito del Progetto “Scuole Aperte” un’esperienza simile, ha vissuto nello spostamento fisico dei banchi la creazione di uno spazio emozionale condiviso.
Asia e Claudia, dopo un avvio contraddistinto da forti emozioni, hanno collocato in quello spazio vuoto un po’ delle loro storie. Uno dei concetti chiave emersi dagli interventi di Luciano, Alberto, Gabriele e Bruno è stato che il circle Time consente di sentirsi uguali, di non essere solo alunni, ma persone che parlano tra loro in un momento delicato della loro esperienza scolastica. Tante ancora sono state le riflessioni splendide che i ragazzi hanno riferito, ma concludo riferendo le parole di Giuliano che ha paragonato il cerchio ad un “infinito”nel quale poter vedere e collocare ogni cosa.