Torna la rubrica “Lingua in laboratorio”, del prof. Giovanni Ariola. Sotto la lente dei nostri protagonisti, il mediocre teatrino della politica.
Il modo migliore per scuotersi di dosso i sapori, i colori e anche i dolori dell’estate è buttarsi a capofitto nel lavoro, vincendo il senso di stanchezza e di frustrazione che invade sempre chi riflette e valuta il proprio operato e scopre che, a fronte di un impegno notevole, corrispondono risultati modesti.
Il prof. Carlo e il prof. Eligio sono al lavoro nell’Istituto già da una settimana, da quando il buon Luigi, il custode dell’Istituto, è rientrato dalle sue ferie sacrosante, ha riaperto i battenti e arieggiato le varie sale dell’edificio, permettendo alla squadra di pulizia di svolgere il suo compito. Luigi, “il querulo custode” come lo ha soprannominato il fantasioso prof. Geremia per il suo continuo lamentarsi di tutto e di tutti, aggiungendo alla icastica definizione, per vezzo di rima, “poco vede e poco ode”, va lagnandosi al presente con chiunque gli presti paziente orecchio, del fatto da lui verificato personalmente e sperimentato sulla sua pelle, che anche le acque di Chianciano non hanno più gli effetti benefici di un tempo, “dimostrazione che siamo vicini alla fine del mondo”.
I due docenti hanno stilato un elenco di libri di nuova pubblicazione di cui proporre l’acquisto al Consiglio di Amministrazione, sicuri che anche quest’anno sarà ‘tagliato’ per l’ormai endemica penuria dei fondi.
Hanno inoltre elaborato una bozza del programma di attività per il prossimo autunno, ridotto al minimo e in verità molto striminzito per gli stessi motivi di cui sopra.
Ora, seduti al tavolo della sala lettura della biblioteca ancora deserta, sfogliano i vari quotidiani.
– A volte – confida il prof. Eligio al collega e amico Carlo – ti prende lo sconforto e ti vien voglia di non aprirli più questi giornali. Sai bene che ogni giorno sono solito, come d’altronde tu, leggere il mio giornale e dare una scorsa ad altri quotidiani, prima di iniziare il lavoro quotidiano. Ti confesso che ho provato e provo tuttora un fastidio che sta diventando insopportabile per certi tormentoni, che continuano a deliziarci da questa estate, già di per sé burrascosa e catatonica, per i vari alterchi verbali, per il logorroico battibeccarsi tra persone e gruppi e fazioni e correnti di partiti avversi e perfino dello stesso partito: finiani contro berlusconiani, veltroniani contro dalemiani, dipietrini contro tutti, fiommiani (mi si passi questo brutto neologismo = affiliati e sostenitori della FIOM) contro Marchionne, i sostenitori di Vito Mancuso contro i suoi denigratori, ammiratori della cultura alta contro quelli della cultura bassa e perfino i soliti moralisti scandalizzati contro la cantautrice Gianna Nannini “per la sua gravidanza tardiva e anomala”.
– Il fatto che si abbiano idee e opinioni differenti – lo interrompe il prof. Carlo – e che le si sostengano in dibattiti pubblici e privati è, a mio avviso, decisamente positivo. Non è vero quello che credevano e dicevano i nostri vecchi che “Cu’ tanta galle a cantà nun fa ( o schiare) maje juorno” (‘con tanti galli a cantare eppure non sorge l’alba’). Il pluralismo delle idee e delle posizioni politiche, religiose , morali etc. è il sale della democrazia e il fondamento della libertà. È anche il motore del rinnovamento. È solo dal confronto dialettico delle diversità che può scaturire la possibilità, anche e soprattutto con una più ampia conoscenza della realtà, di un progetto di cambiamento in meglio della nostra società e della nostra vita…
– Quando il confronto – osserva il prof. Eligio – non diventa scontro feroce in difesa non del bene comune, ma degli interessi di parte o persino personali….come sta avvenendo oggi e lo dimostra il killeraggio mediatico in uso ormai frequente su alcuni quotidiani….
– Sì, – concorda il prof. Carlo – e si è dovuto inventare un neologismo in ‘itanglese’ (in “Grande Dizionario Italiano” di Aldo Gabrielli) (Al termine inglese killer è stato aggiunto il suffisso agentivo italiano –aggio sul modello di linciaggio, sciacallaggio e simili) per sottolineare un cambiamento di costume…
– A dire il vero, – soggiunge il prof. Eligio – di campagne mediatiche contro uomini politici ne abbiamo avute anche in passato. Ricorderai sicuramente la serie di accuse rivolte dall’Espresso, a partire dal 1975, all’allora Presidente della Repubblica Giovanni Leone che portarono al suo impeachment (‘stato d’accusa’, ‘imputazione’) e alle successive dimissioni, accuse la cui fondatezza non fu mai provata.
– La differenza, rispetto a ieri, – precisa il collega – è che oggi, come hai sottolineato tu, la campagna accusatoria e diffamatoria viene costruita in modo puramente strumentale da giornalisti che operano non per amore della verità o per servire una causa ideale o ideologica bensì per difendere e proteggere gli interessi privati di una persona che è anche il loro datore di lavoro o, nel migliore dei casi, di un gruppo oligarchico (leggi: cricca, camarilla, casta) di cui lo stesso datore di lavoro è il capo (leggi: padrone). Si tratta di un vero e proprio piano per eliminare qualsiasi avversario che osi dissentire dalla volontà e dagli ordini del capo e decida di sfuggire ad un sistema di potere e di gestione della cosa pubblica decisamente privatistico e autoritario.
– Altra cosa che ho notato è la spudoratezza, l’arroganza e la sfrontatezza con le quali si conducono questi attacchi feroci, questo operare alla luce del giorno sotto gli occhi di tutti, facendo passare certe operazioni lapidatorie per politicamente e moralmente corrette….
– Mi fanno ricordare una delle “Tragedie in due battute” del simpaticissimo Achille Campanile, un autore ingiustamente considerato minore e quindi poco letto se non quasi del tutto dimenticato, di cui mi sto occupando e sul quale sto scrivendo un breve saggio. Lo scrittore romano ci presenta una compagnia di attori che sta rappresentando un “dramma passionale a forti tinte”. Alla fine dell’ultimo atto, il primo attore interrompe improvvisamente la recitazione:
“Primo attore – Fermi! Fermi!
Prima attrice – Che avviene, in nome del cielo?
Primo attore – Siamo arrivati alla fine del terzo atto, e abbiamo dimenticato di alzare il sipario!”
Al contrario certi personaggi politici di nostra conoscenza stanno recitando una vera farsatragedia disonorevole senza preoccuparsi minimamente di….chiudere il sipario. Sono infatti troppo sicuri che alla fine dello spettacolo, gli spettatori, nonostante tutto, li applaudiranno.
LA RUBRICA "LINGUA IN LABORATORIO"