:E LO CHIAMANO MANAGER, IL DIRIGENTE SCOLASTICO

    0
    347

    Il sistema scolastico, diciamo così, non gode di ottima salute. I plessi meriterebbero maggiore cura (non ci sono soldi!) e tutto il peso delle eventuali ma probabili disfunzioni è sul collo del Dirigente Manager. Di Ciro Raia

    Pioggia, neve, freddo: a pagare, per le avverse condizioni climatiche, è anche la scuola con le sue (quasi sempre) fatiscenti strutture. L’impianto di riscaldamento, infatti, è andato in tilt, perché la tubatura è vecchia, ogni tanto fa registrare perdite nei punti più impensati. L’altra mattina alcuni zampilli da una parete sembravano uscire da una fontanina d’accesso allo stabilimento delle terme.

    La squadra di pronto intervento ha lavorato tutta la mattinata, non prima di aver dovuto svuotare tutti i tubi dell’acqua. Le mamme, preoccupate per la rigidità delle giornate di febbraio, son subite corse ad inscenare una quasi protesta. E dove, se non a scuola? mica possono protestare contro gli enti proprietari (comune o provincia)! I bidelli, chiamati ad assorbire i rivoli d’acqua che invadevano i corridoi, hanno alzato bandiera bianca. Si sono arresi ed hanno manifestato tutta la loro rabbia. È un aggravio di lavoro, mica possono sostenere questi ritmi di quasi schiavitù!

    I professori, con i termosifoni temporaneamente spenti, irrigiditi nei loro tabarri di lana, nelle loro pellicce di visone o di lapin, nei variopinti ponchos messicani, si sono subito lamentati, dichiarando l’impossibilità a fare lezione. I concetti, si sa, si ghiacciano facilmente, il freddo accentua la balbuzie e le parole, come cachi acerbi, allappano la bocca. Gli unici a fregarsi le mani son statti gli studenti. Approfittando degli ambienti freddi, hanno tenuto addosso i loro ampi giacconi dalle mille tasche, con la ricca e consueta mercanzia fatta di figurine (per i più piccoli), di ipod touch, qualche portacipria e -perché no?- di accendini con le sigarette. Sicuramente molti di loro hanno anche cullata la speranza -non improbabile- di un giorno di vacanza.

    – Chiamate l’ufficio tecnico; fate subito un fax, dichiarate l’urgenza.
    – Preside, al momento non abbiamo personale e neanche soldi. Pazientate.
    – Ma come faccio? I lucernai sono permeabili, gli intonaci cadono a pezzi, le pareti sono scrostate, gli infissi arrugginiti e senza chiusura…
    – Non vi preoccupate; ritenetevi fortunato. La vostra scuola è fra quelle destinatarie dei prossimi interventi, ve lo avevo già detto l’anno scorso. Stiamo preparando la gara…
    – Ma dite sempre così!
    – È vero ma che possiamo farci se le amministrazioni si dibattono in frequenti crisi politiche e sono sempre senza soldi?

    Ogni anno (come nella poesia di Totò), ogni giorno a voler essere più corretti, un preside (veramente un dirigente scolastico) è chiamato a confrontarsi, oltre che con le mille problematiche connesse alla didattica ed all’organizzazione, con le altrettanto innumerevoli incombenze legate alle condizioni di sicurezza sostanziale della scuola. Sono operazioni come da manuale delle Giovani Marmotte: si devono fare, perché si devono fare e perché, se non si fanno, denunciano tutta l’incompetenza e le responsabilità del dirigente manager. Ma, onestamente, non sempre conseguono risultati lusinghieri.

    Dunque, a parte le informazioni d’uopo a tutti gli operatori scolastici circa i rischi per la salute e la sicurezza sul lavoro, cos’altro deve fare, in sintesi, un preside?
    Designare il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione (a pagamento), insieme agli addetti allo stesso Servizio; designare, poi, gli addetti all’antincendio (con formazione a pagamento), gli addetti al primo soccorso ed il medico competente (a pagamento). Riuscire a giostrare tra le norme capestro emanate dal MIUR sul numero degli alunni nelle classi, i limiti di legge riguardanti la sicurezza delle aule (ogni alunno deve poter godere di mq. 1,80 [nella scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di I grado] e di mq. 1,96 nella secondaria di II grado; ogni aula deve avere un’altezza minima di m.3), le proteste dei genitori per i sovraffollamenti, la difficoltà a garantire un’offerta formativa a classi con un eccessivo numero di alunni (normodotati, stranieri, disabili, ripetenti, particolarmente dotati, svantaggiati sociali, drop out etc).

    Il dirigente scolastico manager deve, poi, preoccuparsi di richiedere all’ente proprietario dell’edificio (Comune o Provincia): planimetrie aggiornate con destinazione d’uso, certificato di prevenzione incendi, certificato di agibilità e di collaudo, verifica degli estintori, dell’impianto idrico antincendio, dell’impianto di illuminazione di sicurezza, dell’impianto di allarme acustico, dell’impianto elettrico, dell’impianto di funzionamento e chiusura automatica delle porte tagliafuoco o di sfogo fumi, delle uscite di sicurezza, dell’impianto di messa a terra e dei dispositivi contro le scariche atmosferiche, dell’impianto dell’ascensore, dell’impianto di condizionamento…
    Quante altre cose ho dimenticato? Sicuramente molte, di cui, in ogni caso, sono responsabile.

    In uno dei corsi di formazione sui problemi della sicurezza, uno degli esperti -pezzo da 90-mammasantissima- sostenne che, ove mai nei pressi della scuola un’officina meccanica avesse (per esempio) procurato fastidio col sibilo di un tornio, trattandosi di inquinamento acustico, il dirigente scolastico avrebbe potuto-dovuto richiedere la sospensione dell’attività artigianale (o anche industriale), in barba alle pregresse autorizzazioni/responsabilità degli enti competenti e alla crisi del lavoro. Ad alta voce commentai “all’anema d’a palla!”. E fui pubblicamente redarguito e richiamato alle responsabilità del ruolo.

    È stato recentemente calcolato che, tra alunni, docenti e ata (esclusi i genitori, i richiedenti documentazione e varia altra umanità), ogni giorno sono presenti nelle scuole italiane circa 9 milioni di persone. Dal punto di vista della tenuta strutturale, si sa, le scuole non godono buona salute. La maggior parte degli edifici sono vecchi, la loro costruzione risale, nel 77% dei casi, a prima del 1980! Il Miur, su questo drammatico aspetto, sforna dati col contagocce: l’ultima stima ministeriale, infatti, sul patrimonio edilizio scolastico è affidata ad un dossier del 2002. Aiutano a capire molto di più i report annuali di Legambiente e Cittadinanzattiva.

    Intanto, in tempi di crisi, nessuno ne parla più. Si ritornerà sul problema solo nel malaugurato caso di un qualche incidente. Nel 2008, l’allora capo della Protezione Civile fece sapere che, per mettere in sicurezza tutte le scuole italiane, si sarebbero dovuti trovare 13 miliardi di euro! Nessun governo li ha mai trovati. Nell’era Tremonti-Gelmini si parlò di 1 miliardo proveniente dai Fas (Fondi per le aree sottosviluppate), ma agli enti locali, pare, che non sia mai arrivato alcun finanziamento se non 358 milioni per gli interventi urgenti e 256 milioni per le scuole abruzzesi. Se la matematica non è un’opinione, ci sarebbero da reperire ancora un po’ di miliardi per arrivare ai 13 previsti dalla Protezione Civile nel 2008.

    Mi fermo qui, per due motivi. Il primo è legato al consiglio di un mio amico, che mi ha benevolmente accusato di essere eccessivamente logorroico. Il secondo motivo è dovuto a un’urgenza, come dire?, professionale. Mi hanno appena chiamato, perché l’impianto di riscaldamento di nuovo non funziona e ci sono già cinque o sei mamme, che, per questo motivo, chiedono di essere ricevute!

    DIARIO DI UN PRESIDE