ARTE: NAPOLI OSPITA I MOTION CANVAS

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Inaugurato il 14 gennaio Lithium 1, ciclo espositivo che vedrà coinvolti in 6 mesi 12 artisti chiamati ad esporre “quadri in movimento”. Le prime opere sono dell’artista siciliana Mariagrazia Pontorno.

Per parlare di arte visiva non si può prescindere dalla questione che fu oggetto della riflessione già per Walter Benjamin e racchiusa nel celebre titolo: L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Il rapporto tra arte e tecnica è diventato ormai esperienza per tutti noi, riaprendo domande e riflessioni su quello che è il rapporto tra reale e riproduzione artistica. In tutte le espressioni creative, sia che si esprimano con tecniche tradizionali, artigianali come la pittura, la scultura, il disegno, sia che utilizzino le strumentazioni tecniche più complesse e innovative, l’opera d’arte propone sempre uno sguardo sulla realtà, rimette al mondo un mondo nuovo, chiamando lo spettatore ad un nuovo spazio, impensabile e inesistente se non grazie all’artista e alla sua necessità di mettere al mondo il suo mondo.

La Notgallery di Napoli (piazza Trieste e Trento) propone un progetto sulle arti visive della durata di 6 mesi, durante i quali 12 artisti che lavorano con la video arte presenteranno le proprie opere.
Interessante la scelta di offrire a tutti gli artisti due spazi a cui dovranno adeguarsi, due cornici prodotte in modo artigianale, una cornice metallica, che difficilmente lascia immaginare le mani del suo artefice e una cornice in polistirolo che a sua volta imita una cornice di legno, di cui gli artisti possono scegliere il colore. La proposta della galleria innova anche il “mercato dell’arte”, modifica il concetto di acquisto dell’opere: oltre alla possibilità di acquisto dell’opera come oggetto viene data la possibilità di acquistarne formati digitali.

La prima degli artisti chiamati ad esporre è Mariagrazia Pontorno (Catania, 1978; vive e lavora a Roma) che presenta il progetto inedito Roots, nato a New York nel 2009 durante la residenza internazionale per artisti Harlem Studio Fellowship e prodotto dalla galleria Montrasio Arte di Milano. Per citare la curatrice della mostra (Alessandra Troncone) «Nelle opere di Mariagrazia Pontorno non c’è nessun “è stato”. Non potrebbe esserci, dato che si tratta di immagini “prodotte” e non “riprodotte”: sembrano quadri, ma non c’è pittura. Sembrano fotografie, ma sono in lento, costante, impercettibile movimento. Sono video, ma non sono frutto di riprese».

Il progetto si compone di due parti: un erbario digitale, esposto nella prima sala e un video della durata di 2’30’’ proiettato nella seconda sala, entrambi realizzati interamente in grafica 3D. “Musa” ispiratrice delle opere è Central Park. Parlando con l’artista che ha lavorato esclusivamente in 3D, facendo nascere il lavoro da una concettualizzazione e un immaginifico virtuale, è emersa una interessante suggestione sul rapporto tra naturale e artificiale da cui è nato il progetto: Central Park è una “natura artificiale”, artefatta dall’uomo, nata contemporaneamente ai grattacieli che la circondano e che ne creano perimetro e cornice, è un paesaggio unico, che crea un connubio inscindibile tra il parco naturale e i grattacieli.

Il video è un breve racconto che parte da un fiore per allargarsi a tutto lo skyline, che ci riporta dall’immagine universale della natura a Central Park, gradualmente animato da una serie di decolli, che, aprendosi al concetto ipersimbolico delle radici, lasciano ampia possibilità allo spettatore di attribuire interpretazioni, di leggere sensi e significati che passano dal concetto di sradicamento a quello di ricerca, di ascesi.
Al video di Roots si accompagna l’erbario, una serie di 8 piante scelte in base al loro periodo di fioritura (da febbraio ad aprile, periodo della residenza dell’artista a New York) e alla forza della loro rappresentazione iconografica, dal De Historia stirpium di Leonard Fuchs consultato nel corso delle ricerche presso la biblioteca dell’Orto Botanico del Bronx.

Se gli erbari nascono da un interesse scientifico – trovando nel libro il naturale veicolo di diffusione – metterli in cornice vuol dire enfatizzarne le possibilità di oggetti estetici, fruibili per la bellezza e la semplicità del segno. Quando poi le immagini non sono stampate ma visibili su schermo si realizza ancora la perfetta sintesi di naturale e digitale, leitmotiv di tutta l’opera di Mariagrazia Pontorno. Sul confine tra visibile e invisibile, realtà e finzione, quel che vedi non può mai
essere solo quel che vedi. Le immagini delle otto piante si susseguiranno durante le due settimane di permanenza dell’opera presso la galleria, ogni giorno sarà possibile vederne una.

In questa opera le piante appaiono congelate in una dimensione atemporale, fluttuanti su uno sfondo neutro che ne mette in luce le caratteristiche morfologiche, creando nello spettatore un effetto di iperrealismo per cui i sensi subiscono un “inganno”. Inizialmente l’impressione è quella di vedere un disegno, per passare poi ad un distacco assoluto per cui si vede solo la forma ed anche in questo caso le radici, che danno il nome all’intero progetto, perdono il valore simbolico per riportarsi ad una suggestione di forme.
(Nell’immagine: Roots, still da video, animazione 3d, 2’36’’, 2010)