ANNUNCIARE, DENUNCIARE, RINUNCIARE

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    Il miracolo di S. Gennaro, il pane e la speranza. Di Don Aniello Tortora

    Ha destato molto interesse e scalpore l’omelia tenuta il 19 gennaio dal cardinale Sepe, in occasione della liquefazione del sangue di S. Gennaro.
    Moltissimi i commenti. Tantissime le opinioni, anche contrastanti.
    In un primo momento, ad una lettura superficiale del testo, potrebbe sembrare che il cardinale non creda più nella speranza per Napoli e per la Campania. A me non sembra che abbia detto o inteso questo. Ecco perché mi pare interessante ripercorrere alcuni passaggi della sua omelia.
    Ad un certo punto l’arcvivescovo di Napoli si chiede:

    ”E, oggi, perché invochiamo la protezione del nostro Concittadino?”. E lui stesso dà una risposta: “Perché stiamo vivendo un momento drammatico della nostra esistenza personale e comunitaria. È sotto gli occhi di tutti la deriva a cui sta andando incontro la società secolarizzata, che rifiuta ogni valore etico e morale, mentre si deve fronteggiare una crisi sociale ed economica che rende ancora più pesante e difficile una precarietà storica e strutturale propria del nostro Mezzogiorno”.

    E poi continua: “Sono ferite vecchie e nuove che stanno indebolendo il nostro corpo sociale e religioso col rischio, come qualcuno pensa e dice, di non farcela più. È una minaccia che non è solo nell’aria, ma si avverte, concreta, allo stesso modo di una forza che viene meno. Si può chiamare declino, come si può pensare a una vera e propria agonia; ma quel che è certo è che non è possibile, non ci si può rassegnare a vedere la nostra gente piegarsi e cedere alla disperazione e alla miseria.
    Niente è più straziante di un popolo che perde il senso e il gusto della vita e sul quale rischia di abbattersi la più terribile di tutte le carestie, la carestia della speranza, che è la più inguaribile e la più perfida”.

    A questo punto richiama tutti, specialmente i cristiani, alla propria responsabilità, a reagire con forza e credere, nonostante tutto, alla speranza, dicendo: ”Ma non saremmo veri discepoli di Gesù Cristo e sinceri devoti del nostro Martire Gennaro se ci lasciassimo raggiungere dal pessimismo: è come se accettassimo passivamente il foglio di sfratto che ci viene da quei sistemi del male che non attendono altro che il male dilaghi!”

    “Napoli ha sempre vissuto di pane e di speranza. Ora sembra che siamo arrivati ad un punto di svolta: niente è scontato, né il pane, né la speranza. Come è potuto accadere? Penso che è giunto il momento di un serio esame di coscienza collettiva nel quale tutti, per la parte di propria competenza, sono chiamati in causa. Anche noi Chiesa: quando, per esempio, non abbiamo saputo amare abbastanza; quando non ci siamo chinati fino in fondo sulle sofferenze dei nostri fratelli; quando non siamo riusciti a far vivere in ogni nostra città, quartiere o vicoli delle nostre strade, la passione per il Vangelo e abbiamo tenute chiuse le sue pagine, il suo messaggio al cuore della nostra gente”.

    Anch’io sono d’accordo con il cardinale, quando, ancora, afferma con forza che “di fronte alla vastità dei drammi non possiamo pensare di svolgere il ruolo di semplici e impotenti “spettatori”; stare a guardare dalla finestra le nostre rovine è colpa grave!” e quando grida che “ è soprattutto il lavoro che manca, la ferita più grave e dolorosa di cui soffrono soprattutto i giovani ma che si espande, come veleno, sull’intero territorio. Quando ai giovani viene precluso l’avvenire, è come recidere le prime radici di una crescita che non riguarda solo loro, ma anche la società nel suo insieme. E sappiamo bene che per i nostri giovani esiste, più minacciosa che mai, l’insidia di chi il lavoro non si fa scrupoli di offrirlo: un lavoro di morte, a servizio del crimine e del malaffare”!

    Alla fine dell’omelia invita, poi, tutti a “non lasciarci rubare la speranza”.
    Come si è potuto notare, la chiesa di Napoli ha lanciato un forte grido per il risveglio civile e la mobilitazione delle coscienze.
    La gente di Napoli e della Campania è molto legata al miracolo di S. Gennaro. Una devozione che spesso rasenta la magia o la superstizione. Io penso, però, che il vero miracolo di S. Gennaro sarebbe questo: assicurare a tutti “pane e speranza”, senza rimanere in attesa dell’ intervento miracolistico del santo.

    È necessario in tal senso l’impegno e il coraggio di tutti e di ciascuno, ma particolarmente dei politici, forse troppo impegnati in questi ultimi mesi, più a pensare alle “case di Montecarlo”, che non ai veri problemi della gente.
    (Foto di Riccardo Siano. Fonte Repubblica.it)