ANIELLO FALCONE, LA RIVOLUZIONE A COLPI DI SPADA E DI PENNELLO

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    Capo di una gloriosa scuola di pittori e attivo partecipante alla rivolta popolare guidata da Masaniello, Aniello Falcone è un pezzo di storia napoletana: il pittore che per vendetta impugnò le armi

    Nella prima metà del Seicento lo stile di Caravaggio ebbe particolare fortuna a Napoli, non solo grazie alla presenza in città dello stesso Merisi tra il 1606 e il 1607 e poi ancora tra il 1609 e il 1610, ma anche grazie all’opera di moltissimi artisti, come Battistello Caracciolo, Ribera, Artemisia Gentileschi e persino Velazquez, che studiarono a lungo il pittore lombardo e gli altri grandi maestri del tardo Rinascimento, piantando a Napoli il seme di una pittura grandiosa che sarebbe poi germogliato, nella seconda metà del secolo, nei capolavori di Luca Giordano, Salvator Rosa e Francesco Solimena. Aniello Falcone, napoletano di nascita, ebbe in questo processo un ruolo decisivo.

    Nato nel 1600, o forse nel 1607, il pittore si formò, secondo il De Dominici, presso Jusepe de Ribera, ma non ci sono documenti a sufficienza per confermare questa ipotesi. Resta il fatto che nelle prime opere dell’artista traspare effettivamente un naturalismo decisamente caravaggesco, seppur filtrato attraverso la lezione di Velazquez, a Roma e poi a Napoli tra il 1629 e il 1630. È intorno alla prima metà degli anni ’30 del secolo, comunque, che nella pittura del Falcone avviene una svolta. Abbandonato il realismo dei primi anni, l’artista partenopeo si votò verso il classicismo di Annibale Carracci e della scuola bolognese maturando uno stile dai colori più chiari e brillanti.

    A questo periodo risalgono le sue “Scene di battaglia” più famose, per le quali la sua firma divenne celebre in tutta Europa e per le quali ancora oggi è spesso ricordato. La fortuna di queste “battaglie” si deve soprattutto all’opera del mercante e collezionista Gaspare Roomer che inondò il Vecchio Continente dei dipinti del Falcone, facendo dell’artista napoletano uno dei più importanti specialisti del genere. Il pittore lasciò di rado Napoli ma le sue opere influenzarono non poco gli artisti del tempo.

    Le “battaglie” del Falcone, sparse in tutto il continente, sono conosciutissime per essere “senza eroe”, cioè prive del protagonista o dei protagonisti principali del racconto, il che rende di frequente difficile identificare quale battaglia il dipinto descrive. Pochi elementi facilitano il compito degli storici dell’arte. È il caso dei Crociati all’assedio di Gerusalemme (foto), dove il ricorrere dello stemma crociato e le celebri possenti mura di Geusalemme, assediate dalle truppe cristiane (si notino le torri mobili con il ponte levatoio), aiutano a individuare il tema trattato.

    Più in generale le “Scene di battaglia” del pittore napoletano sono grovigli di figure addossate l’una all’altra, uno schema caro all’ala meno classica della Barocco italiano, dove il soggetto “bellico” diviene puro pretesto per sfoggiare il prezioso naturalismo dei paesaggi e dei personaggi, le cui vesti e armature scintillanti molto devono alle varie forme di realismo “caravaggesco” e “bambocciante” che avevano trovato a Napoli terreno fertile.

    Le sue battaglie divennero, in tutta Europa, un punto di riferimento per i pittori del genere e l’artista stesso divenne una guida per la pittura napoletana del tempo, che può dirsi in parte debitrice del Falcone. Nella sua bottega si formarono artisti come Micco Spadaro e Salvator Rosa, che ricavarono molto dallo stile del maestro, inaugurando uno dei più floridi periodi dell’arte napoletana.

    Aniello Falcone fu un rivoluzionario non solo in campo artistico, fondendo nella sua pittura elementi classicheggianti con elementi straordinariamente realistici, ma anche in quello politico. Pare infatti che per vendicare la morte di un amico, ucciso da uno spagnolo, egli fondò la cosiddetta Compagnia della morte, con l’intento di uccidere tutti gli spagnoli presenti in città. Masaniello prese parte all’iniziativa ed è presumibile che i membri della bottega del Falcone fossero in prima linea quando il 6 giugno 1647 il giovane pescatore spinse i popolani ad appiccare il fuoco ai banchi del dazio a Piazza Mercato.

    Che la bottega falconiana fosse vicina all’ambiente rivoluzionario è testimoniato inoltre dai pochi ritratti di Masaniello pervenutici, molti dei quali, non a caso, sono firmati da Aniello Falcone e dai suoi allievi. Quando dopo i due anni di Repubblica Napoli tornò ad essere Viceregno spagnolo, il pittore napoletano non godeva più dei favori dell’aristocrazia locale. Di lì a poco la sua bottega, la più importante in città, avrebbe ceduto il passo a quella di Luca Giordano.

    La storia di Aniello Falcone si lega indissolubilmente a quella di Napoli ed è una storia di “battaglie” e di rivoluzioni, di mischie, zuffe e tafferugli dove è difficile distinguere, nel mucchio, i volti degli eroi.
    (Fonte foto: Rete Internet

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