Nel mentre si aprono le scuole e tanti adolescenti riprendono il camino, ci sono temi scottanti che ci impongono di riflettere. Bisogna saper leggere e riconoscere le richieste d”aiuto che i giovani ci inviano. Di Annamaria Franzoni
Il senso di solitudine, la sensazione di essere soli in mezzo alla folla, il desiderio di essere famosi, nell’attuale società dell’apparire, la difficoltà di sentir scorrere dentro di sé la linfa vitale, il non riuscire ad essere e la conseguente, prepotente, voglia di scomparire sono gli scottanti temi di riflessione ai quali ci spingono le parole che Sarah ha scritto sul proprio profilo di Facebook prima della sua misteriosa scomparsa.
La giovane quindicenne del piccolo centro di Avetrana, in provincia di Taranto, di cui purtroppo non si hanno notizie dallo scorso 26 agosto, ha infatti dichiarato di voler sparire nel nulla e di aver, a tal fine, programmato ogni cosa.
Nel corso di questa settimana tanti coetanei di Sarah stanno facendo il loro ingresso in aula per un altro “primo giorno di scuola” nelle grandi città, in provincia e nei paesini del nostro Paese, altri l’hanno già affrontato nei giorni scorsi, ma tutti, proprio tutti, con grande emozione: molti magari hanno fatto o faranno precedere questo ingresso con un pensiero di gioia, dolore, timore, ansia, rammarico, entusiasmo in chat, rendendo la rete depositaria di torrenti in piena che il facile “invio” non frena.
Anche Sarah avrà scritto d’impulso le parole su cui gli investigatori stanno riflettendo con grande attenzione, premendo magari molto in fretta sul tasto dell’invio e dando sfogo alla propria emozionalità e proprio in quelle frasi, ora, si ricerca la chiave per ritrovarla con il massimo impegno investigativo e operativo.
Il grido d’allarme lanciato da Sarah ci richiama, allora, ad un impegno immediato: ritengo, infatti, che nelle sue parole siano individuabili chiare “istruzioni per l’uso” su come leggere tra le righe dei comportamenti, delle parole dette e non dette, delle gestualità, palesi richieste d’aiuto che denotano il disagio e malessere di tanti giovani soli nella folla.
L’appello va quindi a tutti noi, al mondo degli adulti, genitori, docenti, educatori, allenatori e a quanti entrano in contatto con il complesso mondo adolescenziale, troppo spesso superficialmente descritto come “stagion lieta”, di creare “spazi di parola”, all’interno dei quali il giovane abbia la possibilità di esprimersi nella certezza di essere preso in considerazione, sia protagonista, possa tradurre la sua emozionalità in pensieri concreti, palesandoli agli altri e al contempo a se stesso, imparando così ad essere ascoltatore attivo di sé in una produttiva condizione di condivisione e cooperazione concreta in una realtà solo apparentemente puerocentrica.