Gino De Dominicis (1947- 1998) nel 1970 realizzò uno dei suoi capolavori, “La mozzarella in carrozza” collocando una mozzarella sul sedile interno di una carrozza: apre questo breve articolo l’immagine dell’opera, che venne presentata per la prima volta in una mostra collettiva a Roma.
Ingredienti per 6 persone:24 fette di pancarrè, gr.800 di mozzarella di bufala, dl 5 di latte, 6 acciughe dissalate, 3 uova, gr.50 di farina, 1 padella di olio, d’oliva, sale. Togliete la sottile scorza alle fette di pancarrè e fatele tostare fermandovi prima che diventino scure.Tagliate la mozzarella a quadratini spessi un paio di centimetro, immergeteli nelle uova sbattute e poi nella farina. Immergete il pancarrè nel latte e subito dopo nella farina e nelle uova sbattute. Ponete la mozzarella e mezzo filetto di acciuga tra le due fette di pancarrè e friggete subito in una padella dai bordi alti in olio bollente. (Biagio ha seguito la ricetta di Domenico Manzon – La cucina campana – aumentando solo lo spessore dei quadratini di mozzarella). L’immagine dell’opera di De Dominicis è tratta dal sito “pincopanco” e l’immagine del “piatto”, messa in appendice, è quella di Sonia Peronaci.
Ho letto molti articoli con la speranza di trovare il commentatore che mi spiegasse chiaramente quali fossero le intenzioni dell’artista. Ha scritto Lara Maria Ferrari: “Dal disegno all’installazione, De Dominicis non si negava nessun mezzo che potesse esprimere concetti da lui indagati nell’ambito della filosofia teoretica, quali la realizzazione dell’improbabile, la contraddizione delle evidenze scientifiche, i temi della morte e dell’immortalità fisica. L’opera per De Dominicis vale nel momento della sua produzione, esibizione ed esperienza, da parte del pubblico. La sua celebre opera ‘2° soluzione di immortalità’ fu citata da Eugenio Montale nel discorso all’Accademia di Svezia nell’accettazione del Premio Nobel”. Ha scritto il Nicolini che Gino De Dominicis è stato uno degli artisti italiani più discussi del Novecento: espresse la sua arte attraverso diverse tecniche, ovvero la pittura, la scultura e l’architettura, svincolandosi il più possibile da tutte le convenzioni legate al mondo artistico, a partire dall’esigenza di limitare al minimo le riproduzioni fotografiche delle sue opere fino al rigetto di alcune terminologie come “performance” oppure “arte concettuale”. Per De Dominicis, il fulcro principale doveva essere costituito dall’arte stessa, l’unico modo possibile per lui di indagare una serie di tematiche su cui si è concentrato per tutta la vita, ovvero l’immortalità, il riuscire a realizzare l’impossibile, l’immobilità e i culti antichi, in particolare la civiltà dei Sumeri. A questo punto mi sono arreso. Non mi vergogno di dichiarare che considero molti artisti di questo Novecento “concettuale e “informale” dei simpatici mattacchioni che amano prendere in giro certi critici e certi mercanti. Ma torneremo sull’argomento. La “mozzarella in carrozza” prende il suo nome dal fatto che prima dell’arrivo dei pancarrè le fette di pane raffermo erano rotonde, come le ruote di una carrozza. Secondo un’altra versione, diffusa nel Vesuviano, la mozzarella in carrozza si chiama così perché era “’a marenna” dei cocchieri che trasportavano la farina dai depositi di Nola ai mulini di Torre, e la pasta da Torre alle botteghe del Vesuviano.





