Trascrivo alcuni importanti “passaggi” della relazione sul restauro che il dott. Umberto Maggio mi ha cortesemente trasmesso: vorrei che tutti leggessero il documento che è una ulteriore testimonianza della sua sapienza profonda e raffinata e condividessero la mia certezza che Umberto Maggio è un protagonista assoluto dell’arte non solo vesuviana.
Scrive il Maestro restauratore:” La scultura raffigurante San Michele che sconfigge Lucifero è stata realizzata con l’assemblaggio di differenti elementi lignei soprattutto per l’esecuzione delle parti aggettanti. Non è possibile in questa fase identificare l’essenza lignea utilizzata. Probabilmente lo scultore ha utilizzato legno di tiglio o albero da frutto più facile da intagliare e con minore presenza di imperfezioni nella struttura e nella fibra. Gli strati preparatori sono costituiti sicuramente da gesso di Bologna e colla animale. La pellicola pittorica è stata realizzata probabilmente con colori ad olio. L’elmo e l’armatura sono stati decorati con l’applicazione di frammenti vitrei. Nella parte inferiore dell’armatura si osservano degli elementi aggettanti realizzati con un supporto in metallo con dorature. La spada e le piume
dell’elmo sono in metallo argentato. La tavolozza cromatica è composta, prevalentemente, da terre, vermiglione e blu oltremare. Sui bordi dell’elmo, dell’armatura, del manto, dell’abito e del gonnellino si osservano dorature eseguite su bolo rosso. Gli occhi del Santo e del demonio sono stati realizzati in vetro dipinto. Sulle maniche dell’abito e sui calzari sono stati applicati dei gioielli realizzati con pietre colorate inserite in cassoni metallici. Lo strato protettivo è costituito, probabilmente, da resine naturali. Il basamento a cui è ancorata la scultura presenta una doratura in argento meccato “(Ricordo che il bolo rosso, detto anche bolo Armeno, è una preziosa argilla ricca di ossido di ferro che protegge e potenzia il tono luminoso delle dorature.
La mecca è una vernice a base di alcool, gommalacca, resine naturali e ossidi, che dona all’argento in foglia varie tonalità di colore oro). “Le braccia del San Michele e le braccia e le gambe del demonio sono fessurate e distaccate nei punti in cui erano state imperniate. Sollevamenti e cadute di preparazione e colore sono localizzati, prevalentemente, nella parte inferiore della scultura. Le corna del diavolo, mancanti delle punte, sono parzialmente distaccate e sono andate perdute le dita del piede sinistro”. Nel suo studio di Ottaviano il dott. Umberto Maggio ha inizialmente operato “una spolveratura molto attenta della superficie con pennellesse di setola morbide per rimuovere i sedimenti incoerenti presenti, facendo attenzione alle parti sollevate e decoese.”
Ha consolidato prima di tutto il materiale ligneo del supporto e gli strati pittorici anche con varie diluizioni di colla di coniglio. Dopo aver rimosso le ridipinture e, con un intervento di alta precisione, le stuccature non originali il restauratore ha pulito la pellicola pittorica originale e ha verniciato la scultura “ a pennello limitatamente alle parti policrome con vernice mastice diluita al 50% in essenza di petrolio”. Rimossa la vernice depositata nelle lacune, il dott. Maggio ha steso lo stucco preparato con gesso e colla di coniglio, e quando lo strato di stucco si è asciugato, lo ha livellato “con il bisturi e con l’ausilio di luce radente”. Dopo altri interventi sulla superficie della scultura sono stati realizzati prima il “collegamento pittorico delle lacune” e poi, in più riprese, la verniciatura integrale del “San Michele” con “vernice mastice molto diluita”.
I colori a vernice hanno creato il tono definitivo. La scultura, infine è stata protetta “nelle parti non policrome con uno stato finale di cera e resina disciolte in essenza di petrolio a cui è stato aggiunto del biocida per prevenire futuri attacchi biologici”. Tutte le fasi di restauro sono state “ampiamente illustrate con un esauriente corredo fotografico.”. Mi comunica il dott. Umberto Maggio che, secondo alcuni studiosi, il “San Michele” può essere stato realizzato, nei primi trenta anni dell’’800, nella bottega di Arcangelo Testa o in quella dei fratelli Verzella, e entrò a far parte dei tesori della chiesa di San Gennarello tra il 1835 e il 1837, dopo che la chiesa venne ampliata e vi vennero “aperte” nuove nicchie.
E’ utile ricordare che proprio in quegli anni, grazie alla saggia politica di Giuseppe IV Medici, la borghesia di San Gennarello incominciò a svolgere un ruolo importante nell’amministrazione di Ottajano e sempre più consistente divenne il “peso” della famiglia Di Prisco. E oggi sempre più prezioso risulta il lavoro di don Raffaele Rianna, parroco della chiesa di San Gennaro in San Gennarello.



