Resiste in Campania il mito della cerimonia perfetta. Tutto lindo, ordinato e bello, tranne il pasto, considerato più o meno un optional, dal prezzo nient”affatto trascurabile.
Di Luigi Jovino
Non tutte le abitudini sono dure a morire. I dati Istat l”hanno dimostrato. Gli italiani riducono i consumi alimentari che una volta erano sacri. Addirittura intoccabili. Sorprendente è il dato da cui si evince che circa il 40 per cento dei cittadini risparmia anche sul pane, preferendo acquistare prodotti definiti di qualità inferiore. Certamente la crisi aguzza l”ingegno e molte modifiche dei comportamenti alimentari rappresentano un passo in avanti verso il risparmio e un indubbio contributo all”eliminazione degli sprechi. Le statistiche confermano anche un”altra tendenza: resiste in Campania il mito della cerimonia perfetta, consumata nei banchetti per matrimoni, battesimi, cresime e compleanni.
La Campania è la regione italiana dove ci si sposa di più e dove la gente, più che altrove, è solita affidare al ristorante (villa) la coniugazione di un rito antico, pieno di contenuti simbolici e tradizionali. I numeri, però, raccontano che anche in questo settore florido, calano vertiginosamente le presenze e la richiesta delle performance alimentari. Fra qualche decennio, senza timor di sorta, cambierà profondamente l”industria del matrimonio che pure vanta un fatturato non trascurabile nel settore della ristorazione. Ci sono, però, delle anomalie e degli errori di impostazione che andrebbero eliminati fin da subito; non fosse altro per i danni indotti agli sposi, alla famiglia, agli invitati, al ciclo dei rifiuti e all”ambiente. È capitato a molti di noi andare per cerimonie in una di queste lussuose ville, sorte come funghi tra Napoli, Caserta ed Avellino.
L”esperienza, il più delle volte è stata traumatica. La conferma arriva anche dalla testimonianza di parenti, amici e conoscenti che come noi sono stati detenuti e presi in ostaggio nelle dimore nobiliari, trasformate in manieri impenetrabili nei giorni delle cerimonie. Tra panni colorati, hostess, addobbi floreali e panorami mozzafiato il pasto è considerato un optional. Un valore di secondo piano. Niente a che vedere con il sontuoso pranzo di qualche decennio fa con immancabili fritture, anguille, mezzo pollo arrosto, lasagne e cannelloni.
Adesso propinano il solito buffet all”aperto; nei casi migliori con gli angoli dell”ostricaro, del pizzettaro, dei formaggi, dei salumi e della frutta, il tutto condito con prosecco di qualità mediocre, servito in improbabili flute. I ristoratori sanno bene che solo gli sfizi degli antipasti coprono le esigenze caloriche e azzerano l”istinto della fame anche del convitato più vorace. Si passa poi ai primi piatti, spesso più di due, in cui fanno bella mostra i risotti. Secondi a scelta di carne e pesce, con l”intermezzo del sorbetto, verdure condite e crude, ricco carrello di dolci, torta, spumante e caffè. Il costo medio, villa compresa, si aggira (quando va bene) sui 100 euro a testa. La spesa comporta più di una preoccupazione per gli sposi e i familiari. Non parliamo poi per gli invitati.
Ho visto capofamiglia (di tre o quattro persone) nel panico che, per il semplice fatto di non aver potuto mettere nella busta più di 500 euro, metà cioè dello stipendio medio di un impiegato, si sentivano dei clandestini e degli imbucati. Al massimo riuscivano a ripagare gli sposi del pranzo offerto. Neanche i soldi per il costo della bomboniera! Sarebbe il caso di chiedersi a chi serva tutto questo spreco? E quali sono i motivi per i quali siamo costretti a soffrire. Bisognerebbe invece considerare che quasi il 30 per cento degli italiani soffre di malattie del metabolismo ed anche volendo è impossibilitato a cedere alle tentazioni dei menù delle cerimonie.
Per non parlare delle persone che per problemi dietetici e salutistici neanche sono abituati a consumare un pasto completo al giorno. Partendo da queste considerazioni di fondo diventa chiaro che questo sfarzo è più che un affronto. Il trionfo degli sprechi. Uno specchietto per le allodole per gente semplice che mentre a casa risparmia sul costo del pane è costretta, durante una cerimonia, a dare un calcio a tagliate di manzo, a tartarre o a fritture di scampi e gamberoni. Io stesso ho visto alla fine di banchetti nuziali quantità enormi di cibo, pronte per la discarica che non facevano altre che aumentare il senso di disgusto provato durante tutto lo sviluppo della cerimonia.
Ma non sarebbe meglio cercare un menù alla carta? La gente mangia quello che vuole. Il portafogli è salvo e il cassonetto del riciclaggio vuoto. Alcuni titolari di ristoranti dicono che è possibile fare delle cerimonie con menù alla carta sempre che la scelta sia limitata a tre o quattro portate per i primi e per secondi. Sarebbe una decisione coerente di rispetto verso se stessi, gli invitati e l”ambiente. Potrebbe essere anche simpatico far le liste di nozze presso i salumieri o le macellerie.
Gli invitati potrebbero decidere di regalare agli sposi, il prosciutto per gli antipasti, una degna bottiglia di vino o un quarto di maiale che neanche ci starebbe male.
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