I torti e le ragioni

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EDUARDO DE FILIPPO NELLE VESTI DI PULCINELLA TEATRO SAN FERDINADO 1954

Non sempre la ragione sta da una parte e il torto dall’altra: e fra il bianco e il nero vi sono infinite sfumature di grigio (non solo cinquanta), che meritano attenzione tutte.


“Nemo dat quod non habet”

Eccomi qui, dopo due settimane di assenza, ho cambiato idea (del resto, solo le mucche non lo fanno). Quale idea? Quella di “autosospendermi” durante il periodo della campagna elettorale, che come ben sa chi mi conosce, mi vede coinvolto quasi personalmente.

Le elezioni regionali sono importanti: da esse dipendono i bisogni dei cittadini, il loro “tenore di vita”, ovvero il modo di percepire, in modo positivo o meno, la vivibilità del proprio territorio. Per qualcuno, addirittura, vi può essere un miglioramento economico: favorire il turismo, ad esempio, fa arricchire albergatori, ristoratori; significa maggiore occupazione per tutti i lavoratori del settore, e così via. Un incremento del “made in Campania”, ancora, favorirà i nostri calzaturieri, le aziende alimentari, i manifatturieri della moda, i negozi, che verrebbero visitati da turisti. E così si chiuderebbe un circolo virtuoso del quale la nostra Regione ha tanto bisogno.

L’elenco potrebbe continuare, ma penso di aver reso l’idea. In tutti i casi, qualunque miglioramento si tradurrebbe in maggiore occupazione, soprattutto per i giovani, categoria a cui ancora appartengo e della quale difendo diritti e dignità.

Volevo interrompere la pubblicazione dei miei contributi per non apparire di parte; volevo scusarmi, ad elezioni concluse, con un articolo “riparatorio”.

Perché, allora, cambiare idea?

Perché ho pensato che era doveroso dire come la pensavo, visto che questa campagna elettorale sta assumendo tinte grottesche, ben al di là di quella che è la mia idea della politica, del bene della “Polis”, qualunque essa sia, il governo del Paese o l’amministrazione del condominio.

Ho sempre pensato ai miei avversari politici come a gente che, in perfetta buona fede, sbagliasse il metodo di portare questo o quell’obiettivo (nella fattispecie il governo regionale) al benessere.

No, non pensate che sia l’ultimo degli ingenui. In casa mia si parlava, da quando ero bambino, di “Ρολίτίκή Επιστήμή” (politica) in greco o in latino (secondo l’umore di mio padre). Ho ereditato la passione politica dai miei nonni, partigiani antifascisti di differenti fazioni politiche.

Gli insegnamenti ricevuti erano, però, univoci: il benessere di tutti! Ed è quello che ho sempre pensato: ognuno porta avanti il proprio programma per vedere realizzato un obiettivo che non può, non deve essere diverso da quello del proprio avversario, ovvero, la “felicità”. Quella la cui ricerca ha ispirato il trattato di Pittsburgh, anche se suggerita da un napoletano, l’abate Galiani, quella  che traspare nell’etica nicomachea di Aristotele, quella che traspira nelle parole di Pulcinella, che dice: “chi mi dà da mangiare, mi è mamma e padre”…

Ora, vedere le bugie, le verità omesse, le compravendite di voti (effettuate da persone “insospettabili” e con lo scenario di sempre, gli agglomerati neourbani sommesi di sempre) mi fa ribollire di rabbia.

E mi chiedo se ho davvero ragione, e se loro hanno davvero torto. Poi, mi dico che se loro sono convinti, in buona fede di aver ragione, forse non hanno tutti i torti.

Ma se ciò fosse vero, perché loro non dovrebbero (come faccio io) chiedersi dove stanno i loro errori?  Sarebbe facile rispondere, ma lascio a voi il giudizio…

Alla fine, mi dico che io, però, non chiedo voti. Pretendo, e lo pretendo, che gli elettori valutino bene, con attenzione, quello che vanno a fare: non il piacere ad un amico o, peggio, due giorni di “spesa”. Qui si decide della propria vita, del proprio futuro, del futuro dei propri figli. E mi addormento (scrivo di notte) con una promessa: il primo di giugno, al di là dei risultati, io sarò qui, sempre, a dar fiato alle speranze, alle aspettative e, soprattutto, ai diritti di voi, di noi giovani.

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