L’ordinanza: “Appalto di Poste irregolare”. I commenti integrali di Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom.
Colpo di scena: è tutto da rifare sull’ormai problematico fronte del salvataggio dei 347 ex dipendenti della società di call center Gepin, licenziati ad agosto (220 addetti erano dislocati nel sito di Casavatore, chiuso da mesi). Il coupe de theatre è stato determinato da un’ordinanza di sospensione emanata mercoledi scorso dalla magistratura amministrativa. Si tratta di un dispositivo che mette di fatto in discussione l’accordo ministeriale, raggiunto a Roma il 5 settembre, per la ricollocazione del personale finito senza soldi e senza posto nelle tre società di call center E-Care, Abramo e 3G. Accordo che era risultato peraltro drammatico visto che si tratta di un’intesa separata, che cioè non è stata firmata dalla Slc Cgil a causa del mancato inserimento tra le clausole di salvataggio dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, che tutela dal licenziamento senza giusta causa i dipendenti del settore privato assunti prima del marzo del 2015, data dell’entrata in vigore del jobs act. Intanto il Tar del Lazio ha sospeso l’affidamento dell’appalto di Poste Italiane ad E-Care, Abramo e 3G. Appalto che avrebbe consentito la riassunzione dei licenziati. Torna dunque in pista la System House, altra società di call center che in un primo momento aveva vinto la gara dalla quale era stata poi esclusa, a causa delle condizioni di massimo ribasso che aveva offerto, condizioni che, stando alla versione dei sindacati, non avrebbero consentito salari dignitosi ai lavoratori. A ogni modo la decisione definitiva su questa vicenda arriverà il prossimo 27 gennaio, quando i giudici si pronunceranno sul merito del contenzioso. Tutto però fa presupporre che la bilancia del giudizio penda a favore della System House. Secondo il Tar infatti c’è un “fumus boni iuris” nel ricorso avanzato dalla System per l’annullamento della gara di appalto e della successiva esclusione dall’affidamento. Vale a dire che in base al giudizio del Tribunale amministrativo regionale il diritto vantato dalla System House potrebbe esistere di concreto. “In particolare – si legge nell’ordinanza di sospensiva della magistratura amministrativa – nonostante Poste Italiane abbia sostenuto che “sarebbe stato impossibile fruire dell’esonero contributivo per tutta la durata del rapporto trattandosi di una “stabilizzazione che, in base alle verifiche effettuate, non consente di accedere ai benefici”, la stessa System House ha però asserito di godere delle agevolazioni in argomento, senza peraltro essere contestata”. Inoltre, sempre secondo il Tar, il giudizio di Poste sulla ricorrente “non sembra dotato del grado di attendibilità richiesto per l’adozione della decisione di espellere l’azienda dalla gara”. E poi, conclude il Tar Lazio, anche nel caso “di un eventuale accoglimento dell’impugnazione incidentale proposta da Abramo Customer Care, che ha essenzialmente lamentato l’incompletezza del giudizio di anomalia, in quanto riferito ai soli benefici contributivi e non anche ad altri aspetti dell’offerta di System House, non sembrerebbe discendere l’esclusione di quest’ultima dalla selezione”. “Poste non si è nemmeno presentata al dibattimento con i suoi legali – il giudizio sferzante di Alessandra Tommasini, segretaria generale della Slc Cgil Campania – così come non è stata mai presente nei mesi passati al tavolo del Mise nel quale, attraverso un percorso faticosissimo, è pur stata trovata il 5 settembre una soluzione per tutti i 347 lavoratori licenziati. ” Questo nuovo evento- prosegue Tommasini – potrebbe mettere in discussione l’intero impianto di un verbale di accordo separato stipulato presso il Mise che la Slc non firmò in quanto legava il futuro degli ex lavoratori Gepin a condizioni troppo incerte sul fronte dei diritti e troppo precarie sul fronte del reddito. Ma il vero nocciolo della questione risiede nell’assoluta necessità di applicare le clausole sociali intese come continuità reddituale e tutela dei diritti e soprattutto nel porre in atto un sistema di regole che freni le gare al massimo ribasso nelle quali sono sempre i lavoratori a pagarne le spese. Per cui – l’appello delle segreterie slc Napoli e Campania- è necessario che tutti gli attori in campo comprendano che in un settore che impiega circa 80 mila addetti sia ormai improcrastinabile la definizione e l’applicazione di regole chiare che evitino fenomeni quali delocalizzazione, appalti senza tutele per i lavoratori e gare al massimo ribasso. È’ dunque fondamentale che sul caso Gepin il Mise convochi subito le parti per fare chiarezza su come il rinvio del Tar segnerà la vertenza in questione ma allo stesso tempo è indifferibile ormai che il tavolo di settore produca risultati concreti di definizione di regole certe ed esigibili per il rilancio del settore e la difesa di una sana e forte occupazione”. Dalle sfumature diverse invece il giudizio di Salvatore Topo, segretario generale della Fistel Cisl Campania: “Commentare a caldo l’ordinanza soprattutto sull’onda emotiva che ha generato rischierebbe di produrre un movimento di opinione che potrebbe portare a conclusioni sbagliate, conclusioni che favorirebbero tutti coloro che hanno denigrato il lavoro di chi si è speso per ridare certezze ai lavoratori. Avere sottoscritto accordi in sede ministeriale – chiarisce Topo – ci offre una serie di garanzie che non avremmo avuto in caso contrario. Intanto il problema dei lavoratori Gepin è strategico per tutto il settore, che conta 80mila addetti in Italia, perché se una sentenza sfavorevole dovesse mettere in discussione questa vertenza allora sarà messa in discussione l’intera problematica occupazionale che investe la categoria dei call center”. “È una situazione paradossale – aggiunge Massimo Taglialatela, segretario generale della Uil Campania – è legittimo che il tribunale faccia le sue valutazioni, ma è deplorevole che Poste Italiane, che ha alimentato il sistema delle gare al massimo ribasso, non si sia presentata in giudizio e che nessun esponente del governo, che ben conosce la questione, non abbia premuto affinché la dirigenza di Poste Italiane fosse rappresentata nell’udienza al Tar, anche per recuperare il danno e la sofferenza procurata ad oltre 347 famiglie”. “Adesso – conclude Taglialatela – è urgente che il Mise convochi in tempi brevi un tavolo di confronto con la presenza di poste italiane. Da parte nostra abbiamo già dato mandato ai nostri legali per avviare tutte le iniziative a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori della Gepin Contact”.