Il “piatto” è un elegante accordo di sapori, di profumi e di immagini e conferma che a tavola anche l’”incontro” dei colori è fondamentale per soddisfare il gusto. La complessa storia del colore “arancione” nel giudizio di Goethe e nelle opere dei “Preraffaelliti”, di Leighton, di Van Gogh e di Matisse. La simbologia dei gamberoni.
Ingredienti per 6 persone: kg.1,5 di gamberoni; kg.2 di arance; gr.500 di limoni; gr.100 di burro¸dl.0,5 di olio d’oliva; dl.3 di panna; dl.1 di passato di pomodoro; ½ bicchiere di brandy; sale e pepe. In una casseruola larga fate rosolare, con burro e olio, i gamberoni senza testa, dopo averli salati e pepati. Bagnateli con il brandy, poi aggiungete il passato di pomodoro, e dopo qualche minuto, la panna. Tagliate a spicchi le arance già sbucciate e liberate della pellicina bianca, e spremete in uno spremiagrumi la parte centrale. Versate il succo delle arance, con l’aggiunta di un po’ di succo di limone, sui gamberoni, e fate cuocere per dieci minuti. A questo punto togliete i gamberoni dalla salsa, sgusciateli e disponeteli su un piatto di portata all’interno del cerchio formato dagli spicchi di arancia; portate la salsa a giusta densità, versatela sui gamberoni, e il “piatto” è pronto per essere servito. (Da D. Manzon “La cucina campana”.).
E’ “un piatto” delle corrispondenze: in esso si confrontano e trovano l’accordo i simboli, i colori, i profumi, la forma dei gamberoni e quella del frutto. Il gamberone si muove anche all’indietro e perciò è stato “visto” in vari modi, come simbolo dell’eresia, come “immagine della resurrezione”, come segno della fine imminente: ma può rappresentare anche la prudenza di chi si guarda spesso alle spalle. In quanto “immagine della resurrezione” il gambero è presente, in alcuni quadri, sulla tavola dell’Ultima Cena. I vari tipi di gamberone hanno all’origine colori diversi, che possono mutare di stagione in stagione e quando vengono fritti. La struttura lineare di gamberi e di gamberoni si sposa, per contrasto, con la struttura sferica dell’arancia: una forma che in ogni tempo e in ogni cultura ha rappresentato la perfezione, la forza, l’eleganza, la vitalità, e poiché anche il colore “comunica” gli stessi segni, si capisce perché al frutto si accompagna da sempre l’immagine della vitale felicità. I pittori del ‘700, quando dipingevano le vesti di Pomona, dea della fertilità e patrona dei frutti, si servivano sempre, in varia misura, dell’arancione. Questo colore ha un significato allegorico particolarmente positivo. Esso è simbolo di ricchezza, fertilità, intraprendenza, sensualità, caratteri riscontrabili nel frutto vero e proprio: la dolcezza e il sapore raffinato vogliono comunicare il “succo della vita”, il piacere e l’invito a gustarsi la vita”. Se la storia della tavola imbandita è anche una storia di colori, l’arancia e il suo colore occupano nell’una e nell’altra un ruolo importante. Fu, l’arancione, un colore caro ai “prerafaelliti” del ‘700: Dante Gabriel Rossetti raffigurò in alcuni quadri donne dai capelli color arancione, traendo ispirazione dalla chioma della sua compagna Elizabeth Siddal, che gli faceva anche da modella. Nel 1895 Frederic Leighton dipinse, nel quadro “Giugno fiammeggiante”, una donna che siede al sole con il corpo avvolto in una tunica color arancione (vedi immagine in appendice). Leighton e altri pittori “preraffaelliti” usavano il color arancione anche per preparare la tinta -base della carnagione femminile. Il colore suscitò l’attenzione degli Impressionisti che se ne servirono, in varie gradazioni, soprattutto per dipingere i tratti di luce nel cielo parzialmente coperto da nuvole. Lo usò Van Gogh per metterlo in contrasto con il blu, mentre al verde di solito opponeva il rosso, e al giallo il viola. Henry Matisse usò l’arancione con tale intensità da spingere Guillaume Apollinaire a dire che la pittura di Matisse si potrebbe paragonare alla lucentezza delle arance, prima e dopo il 1905, anno in cui il pittore comunicò con una mostra che egli era passato al movimento dei Fauves (le belve) e che la sua tavolozza ardeva ora di colori fiammeggianti e di toni aggressivi. Tutti confermavano che aveva ragione Goethe quando nel suo libro sulla storia dei colori scriveva: “ I colori del lato del “più”- polarità che designa i colori caldi e luminosi -sono il giallo, il giallo-rosso (arancione), il rosso- giallo (minio-cinabro). Essi danno luogo a stati d’animo attivi, vivaci, tendenti all’ azione .Il colore cresce in energia, e come giallo-rosso appare più vivo e splendido”.