San Sebastiano record

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Se l’anno scorso la processione del Santo era stata sprint, quest’anno è stata da record. Complici le avverse condizioni meteo che hanno imposto, alla già risicata processione, un percorso rapido e poco partecipato.

Lo scorso anno, la processione del Santo Martire, patrono dell’ameno paesello alle falde del Vesuvio, aveva suscitato non poche polemiche, frutto di un percorso ridotto rispetto al passato e con l’abolizione di quelle soste presso i luoghi privati, come invece s’era sempre fatto.

La ragione di ridurre al solo pomeriggio e con poche e regolamentate soste è da addurre alle disposizioni cardinalizie che probabilmente avrebbero voluto contenere talune manifestazioni registrate in passato nel napoletano e imputabili a ingerenze camorristiche che sono spesso sfociate in veri e propri atti di ossequio a personalità locali dal passato poco limpido.

Ma in tutto questo, ci si domanda: che cosa c’entra San Sebastiano? Non crediamo che questo paese spicchi per atteggiamenti camorristici, e certamente, Crescenzio Sepe, avrebbe anche lui dei carichi pendenti da chiarire, allora, se va bene per lui, se gli si concede l’attenuante, perché penalizzare una comunità, riducendole all’osso l’unico momento di aggregazione sociale che le resta? Ma poi, ‘sto cardinale Sepe, non crede nella presunzione d’innocenza come facciamo noi con lui? L’innocente voglia di omaggiare il proprio Santo Patrono nelle proprie cortine, il piacere di condividere il momento di festa, col paese che si sposta per il paese, dove si vive tutti la stessa emozione, anzi, la si condivide anche con i paesi confinanti.

Invece no. Se ne fa di tutt’erba un fascio e tutti sono colpevoli di vivere all’ombra de Vesuvio, perché a Castellammare di Stabia qualcuno s’è inchinato a un potente. Così vince la mafia! Volendola vedere dappertutto, soprattutto lì dove non c’è.

E allora anche qui ci s’inchina al potere, qui non è più possibile mangiare sacicce ‘e friarielli offerti nelle soste, perché il cardinale ha detto no! E i proverbiali tarallucci e vino, neanche quelli vanno più bene, perché sono in odore di mafia; non c’è appello per i devoti locali, non ci sarà neanche quest’anno e non solo per la pioggia che tristemente ne sancisce l’andamento. Di questo passo, l’anno prossimo o quando sarà, l’effige triste del Santo, la vedremo danzerellare fuori al sagrato per poi rientrare, in questo modo non si scontenterà di sicuro più nessuno.

Qualcuno ha detto che tanto il Santo è un simbolo, certo! Allora, se simbolo è, a che pro portarlo in processione? Lasciamolo in chiesa, e veneriamolo là! I simboli invece servono, ma servono per costruire, per aggregare e non per distruggere ciò che i secoli hanno costruito. Sono decenni ormai che la processione non passa per alcune zone del paese, come più volte abbiamo fatto notare, ed ora le si riduce ulteriormente, riducendo la partecipazione alla festa a pochi eletti ed allontanando tanti che non se ne sentono più partecipi.

Se le celebrazioni del Santo Patrono esistono e si tramandano di generazione in generazione, questo accade perché sono sentite come un patrimonio comune, ma come tale va rafforzato, va arricchito scambievolmente per rinnovare il tacito accordo tra la comunità e il Santo, che altro non è che noi stessi.