STOICISMO E PAROLEFUMO

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    Il dialogo di quest”oggi vede impegnati i nostri professori a parlare del gesto estremo di Mario Monicelli, ma anche di quanti “se la tirano”, credendosi fini letterati o abili scrittori. Di Giovanni Ariola

    – Che avrà voluto dire Mario Monicelli con le parole “Comunque, io non credo che morirò. Certo è una possibilità, ma potrebbe non accadere”? – si chiede e chiede ai colleghi il prof. Geremia – Escluderei naturalmente una lettura e una interpretazione religiosa nel senso di un’ipotesi metafisica di sopravvivenza dopo la morte…

    – Certo – concorda il prof. Eligio…Credo che si riferisca ad una sua sopravvivenza artistica…Ripete il motivo oraziano: “Exegi monumentum aere perennius/…Non omnis moriar multaque pars mei/ vitabit Libitinam…” (Odi, III, 30, 1-6) (“Ho creato un’opera più duratura del bronzo/…Non morirò del tutto e una gran parte di me/ sfuggirà alla morte…”)

    – Infatti – interviene il prof. Piermario – nell’epitaffio dettato dallo stesso regista prima di morire leggiamo che “muoiono soltanto gli stronzi!”… Sono dell’avviso del giornalista che sull’Unità (Mercoledì, 1 dicembre 2010) dà una sua originale interpretazione dell’affermazione del regista. “…Monicelli asserì: io non credo che morirò. E aveva ragione. Non solo perché rimarrà nella storia e nel cuore di molti in tutto il mondo ma anche per un altro motivo. Perché ha scelto di morire da vivo e non da morto. Con un gesto tremendo come saltare giù dal quinto piano dell’ospedale, Avrebbe avuto un’alternativa? Se Mario Monicelli avesse chiesto a un medico di potersene andare ancora cosciente e in libertà, avrebbe trovato qualcuno che lo avesse aiutato?”

    – Io sono cattolico – interviene il prof. Geremia – e sostengo che la nostra vita appartiene a Dio e dico con il poeta: “…Amo la terra, amo// Chi me l’ha data// Chi se la riprende” (E. Montale, “Il diario del ’71 e del ‘72”, Oscar Mondadori, 2010, p.201).
    – Anch’io sono cattolico – ribatte il prof. Eligio – ma non mi sento di condannare dall’esterno il gesto di un uomo, sia Monicelli o chiunque altro, che prende una così estrema e dolorosa decisione…Lasciamo che sia Dio a giudicare…Ricordiamoci di Dante che ben considerò l’imperscrutabilità della mente divina e nello stesso tempo la sua infinita misericordia quando fece dire a Manfredi: “Orribil furon li peccati miei;/ ma la bontà infinita ha sì gran braccia/ che prende ciò che si rivolge a lei” (Purg., III, vv.121-123).

    – E se – ribatte il prof. Piermario con una certa foga malcontenuta – la mettiamo sul piano di un principio da affermare che è quello del rispetto a cui hanno diritto coloro che cattolici non sono e che non credono in nessun Dio e che vogliono avere la libertà di poter decidere della propria vita?…

    A interrompere il discorso del giovane prof., che si avviava a diventare un torrente in piena, è l’arrivo del prof. Carlo, stranamente in ritardo di ben trentacinque minuti sul suo orario abituale. Ancora più stranamente, il nuovo venuto ha appena finito di dire “Buongiorno!” che comincia, o per essere più precisi, continua una risata, spenta momentaneamente nell’entrare, riesplosa poco dopo incontenibile, così rumorosa così di gusto da far perdere al docente il suo aplomb naturale e da suscitare lo stupore dei colleghi.

    – Scusate, amici – dice dopo un po’, ricomponendosi e detergendosi con il fazzoletto dagli occhi le lacrime provocate dal ridere prolungato. – Scusate, ma non ho saputo trattenermi. Ho incontrato una mia vecchia conoscenza, un mio compagno di liceo, Gioviano Caracolla…non lo vedevo da quasi un anno. Lavora al MIUR (Ministero,Istruzione, Università e Ricerca) ma non so cosa faccia di preciso…corre voce che è perennemente in giro per i corridoi a parlare delle sue opere pubblicate e da pubblicare. Sempre allampanato con lo sguardo fisso in alto “all’azzurro spazio” (da “Andrea Chenier” di Umberto Giordano), sciarpa di seta rigorosamente blu o celeste, un fazzoletto nel taschino, il borsalino a falde larghe in testa dal quale fuoriesce sul collo una zazzera, un tempo nera e riccioluta ora argentea e sfilacciata, aria da intellettuale…

    Un giorno, eravamo in seconda liceo, si presentò a scuola con una bottiglia di spumante e ci invitò a brindare con lui perché aveva appena finito di comporre la sua terza sinfonia…E le altre due? Gli chiedemmo E lui candidamente rispose che era la prima che aveva composto ma la chiamava “terza” perché aveva lo stesso stile dell’Eroica di Beethoven…E ora mi ha annunciato che sta per pubblicare la sua dodicesima tragedia e un romanzo che sarà il best seller del prossimo anno e che è stato già contattato da case editrici francesi, tedesche, spagnole…

    – So che si attornia – osserva il prof. Eligio – di giovani aspiranti scrittori che guardano a lui come a un vate e ai quali lui vende quintali di parolefumo e l’illusione di diventare qualcuno…ha messo su un cenacolo letterario come lo chiama lui, dirige una rivista e pubblica qualsiasi scritto, spesso autentica robaccia, di chiunque gli paghi un cospicuo abbonamento…

    – … di che ti meravigli? – ride sempre sarcastico il prof. Piermario – È ormai un malcostume generalizzato vendere parolefumo. Ci sono personaggi che ci nascono imbonitori, vendichiacchiere, dulcamara (Personaggio da “L’elisir d’amore” di G. Donizetti, venditore di elisir fasulli). Mio nonno mi diceva di guardarmi da quelli che “cu ’e chiacchiere fanno arrejere l’acqua allerta” (“con le chiacchiere sono capaci di far sì che l’acqua si regga da sola in piedi, in aria”) e alludeva anche a certi onorevoli

    – D’altronde – concorda il prof. Geremia – basta vedere quello che si pubblica e chi pubblica oggi: ormai chiunque può soddisfare la sua grafomania e la sua ambizione di vedere in vetrina o sul banco di una libreria un proprio testo senza dover passare prima per il vaglio critico di un comitato di persone competenti (spesso una vera e propria ghigliottina, non sempre giusta ma necessaria)… basta pagare adeguatamente un editore compiacente…e ce ne sono tantissimi… c’è solo l’imbarazzo della scelta…È proprio vero, il mondo è invaso dalla spazzatura!
    – …ma – commenta il prof. Carlo – alla fine “habent sua fata libelli” (“i libri hanno il loro destino”)…Scusate, amici, se ho interrotto la vostra conversazione.

    – Si discuteva del gesto tragico di Mario Monicelli… – lo informa il collega Eligio.
    – Io mi son fatta in proposito la mia idea – dice allora l’altro, divenuto improvvisamente triste – … non credo che Monicelli avesse perso la speranza di poter cambiare la realtà, quanto per la consapevolezza che gli era venuta a mancare, per l’età e non per la volontà, l’energia necessaria per continuare a lottare…
    – Povero grande vecchio! – concorda amaro il collega Piermario – come poteva continuare a voler vivere in una realtà politica, sociale e culturale così degradata?…Per citare ancora Dante, ricordiamoci di Catone: “Libertà va cercando, ch’è sì cara,/ come sa chi per lei vita rifiuta.” (Purg, I, vv. 71-72)

    “Niente, niente è certo, – cita a memoria il prof. Carlo – se non la nullità di tutto ciò che io posso capire e la grandezza di qualche cosa che non si può capire, ma che è di somma importanza…” Mi sono ricordato di questi pensieri e di queste parole, attribuiti da Tolstoj al principe Andrej in “Guerra e pace”, e mi piace immaginarli nella mente e sulle labbra di Mario Monicelli nel momento della sua estrema decisione.

    LA RUBRICA

    **NATALE 2010
    “Questo Natale mi sembra molto promettente. Per quanto possano differire, opinioni e sforzi sono diventati più liberi, e se la stanchezza e l’incomprensione non fossero così spinte all’estremo, si esaudirebbe la volontà che alberga in milioni di cuori di andare insieme incontro ad una stagione migliore come quei cereali invernali sui quali cade la neve e che, dopo un periodo di temporanea miseria e freddezza, ritornano in primavera a crescere rigogliosi e a dare frutti abbondanti.” (Libera rielaborazione da Rainer Maria Rilke)
    Il Laboratorio augura buone feste! Arrivederci al 2011!