È sempre bene distinguere coloro che spacciano e detengono droga da quanti hanno la sola “colpa” di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato, magari durante una perquisizione domiciliare. Di Simona Carandente
Nella variegata e multiforme realtà fattuale, l’operatore del diritto può essere chiamato a misurarsi con realtà estremamente delicate, oltre che complesse, sia per la tipologia delle parti coinvolte che per gli interessi in gioco, di qualsiasi natura essi siano.
Purtroppo, specie nella realtà napoletana, si assiste ad un fenomeno di ingravescenza dei reati connessi alle sostanze stupefacenti, sia per quel che concerne la mera detenzione, che per le ben più gravi fattispecie connesse allo spaccio ed alla vendita delle stesse.
Qualche tempo fa, un intero nucleo familiare si è rivolto al legale, in quanto destinatario di un provvedimento di perquisizione domiciliare, emanato dall’autorità giudiziaria sulla scorta di una segnalazione anonima, secondo la quale l’intera famiglia sarebbe stata dedita a traffici illeciti di sostanze stupefacenti, del tipo cocaina.
La perquisizione, inutile dirlo, aveva avuto esito positivo, facendo sì che all’interno dell’abitazione, di proprietà dei due coniugi, fosse rinvenuto un ingente quantitativo di sostanza, debitamente occultato tra i mobili della cucina e quelli della camera da letto, nascosti tra insospettabili suppellettili.
Se per i coniugi, detentori senza alcun dubbio dell’ingente quantitativo sequestrato, si sono spalancate immediatamente le porte del carcere, forti dubbi sussistono sulla responsabilità, a titolo di concorso nel reato, del minorenne G., fratello minore dell’arrestato, che si trovava in casa solo per qualche giorno, risiedendo altrove assieme al proprio padre.
L’art.75 del d.p.r. 309/90, legge speciale in materia di stupefacenti, confortata da numerosissime sentenze della Suprema Corte, distingue il concorso nell’attività di spaccio e detenzione di sostanze dalla cd. connivenza non punibile, fattispecie non penalmente rilevante.
In diverse sentenze, ad esempio, la Corte di Cassazione ha stabilito che non possa ritenersi concorsuale, e pertanto sanzionabile in sede penale, la condotta della moglie che sia a conoscenza della condotta illecita del marito, consistente nella detenzione di sostanza stupefacente all’interno dell’abitazione familiare, potendosi configurare in tale caso solo una mera consapevolezza dell’attività contra legem altrui.
In particolare, secondo la Corte, non sussisterebbe a carico della moglie un obbligo giuridico di impedire l’evento delittuoso, postulando la sua condotta un comportamento meramente passivo, che non può in alcun modo essere paragonato alla volontà concorsuale di cui all’art. 110 c.p.p.
Se il Tribunale per i Minorenni condividesse tale orientamento, ritenendo configurabile la summenzionata ipotesi di legge, alcuna misura cautelare potrebbe essere applicata al minore, reo semplicemente di trovarsi al posto sbagliato nel momento sbagliato, ma non già di aver commesso un grave illecito penale, da attribuirsi a soggetti ben consapevoli di quanto ponevano in essere e delle gravi conseguenze della propria condotta. (mail: simonacara@libero.it)
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