Quando la “fuitina” diventa reato: un caso concreto

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    Il reato di sottrazione consensuale di minorenni prevede una pena fino a due anni di reclusione pur in presenza del consenso del minore stesso.

    Le numerose contraddizioni e le probabili incertezze del sistema diritto sono, spesso e volentieri, alla portata di chiunque, ancorchè non esperto della materia o avvezzo alle dinamiche del tribunale, non essendo logicamente comprensibile, tra le altre, il perché della previsione di determinate pene edittali per reati considerati meno gravi, e l’apparente facilità con cui, invece, si restituisce la libertà a soggetti rei di delitti infamanti, ove la condanna è di matrice sociale prima che giuridica.

    Se il nostro sistema nasce per tutelare determinati valori, interessi, soggetti ritenuti particolarmente deboli da parte dello stesso ordinamento positivo, non è parimenti chiaro il perché di determinate scelte del legislatore, sorrette ab initio da una volontà di tutela ma capaci, nel lungo periodo, di risultare addirittura più dannose del rimedio stesso.
    Nel caso concreto, un giovane ventenne si presentava allo studio del legale perché convocato, in qualità di imputato, dinanzi al Tribunale per i Minorenni con un’accusa che appare, almeno ai suoi occhi, assolutamente inspiegabile.

    Tre anni addietro, ancora minore degli anni diciotto, aveva difatti conosciuto una giovane, anch’ella minorenne : tra i due, come spesso accade, era cominciata una vera e propria relazione sentimentale, osteggiata dalla famiglia della ragazza, proprio a causa della giovane età della stessa. La fanciulla, nonostante i vari inviti della madre ad interrompere la relazione, aveva deciso di perseverare, trasferendosi addirittura a casa dei genitori del ragazzo e comunicando, con fare deciso, la sua volontà ed il nuovo indirizzo alla famiglia di origine.
    Nel corso degli anni, la storia tra i ragazzi era andata avanti, coronata anche dalla nascita di una figlio, nonostante l’atteggiamento altalenante da parte della famiglia della giovane, divenuta nel frattempo maggiorenne e considerata dalla legge capace di poter decidere.

    Il ragazzo, a distanza di tre anni dai fatti, dovrà rispondere innanzi al Tribunale per i minorenni del reato del reato di sottrazione consensuale di minorenni (art. 573 c.p.), che prevede una pena fino a due anni di reclusione per chi sottragga un minore all’esercente la potestà genitoriale, pur in presenza del consenso del minore stesso.
    Più gravi, difatti, sono le sanzioni penali nel caso in cui si sottragga il minore in mancanza, e comunque a prescindere, del consenso prestato da quest’ultimo (art. 574 c.p,), che diviene pertanto l’elemento atto a distinguere le fattispecie penali l’una dall’altra.

    Se la “suocera” dovesse propendere per una remissione di querela, il processo penale a carico del giovane si estinguerebbe in tempi brevi e senza conseguenze; in caso contrario, la fuga d’amore potrebbe costare cara al ragazzo, che potrebbe richiedere al giudice un periodo di messa alla prova per scongiurare le lungaggini di un processo penale e le sue spiacevoli conseguenze.
    (Fonte Foto:Rete Internet)