Il cinema resiste e rilancia. E questa è una notizia che fa bene anche ai nostri adolescenti, accompagnati nella loro crescita dagli onnipresenti strumenti tecnologici di interazione.
Nel corso della mia ormai lunga carriera di docente, che mi ha vista impegnata nei vari ordini di scuola, nei quartieri più diversi tra loro, in una città che cambia da periferia a periferia, da quartiere a quartiere, da una strada all’altra, il linguaggio cinematografico ha favorevolmente supportato il mio insegnamento delle mie materie letterarie, aiutandomi ad affrontare la rivoluzione mediatica che, in particolare negli ultimi vent’anni, ha registrato nei banchi di scuola il rapido passaggio da un adulescens sapiens ad un adulescens videns.
La visione di tanta buona produzione cinematografica ben selezionata ha contribuito, insieme ad altri strumenti e dispositivi pedagogici innovativi, a favorire una riflessione su temi di spiccata rilevanza sociale, valorizzando le capacità critiche di spettatori giovani e giovanissimi in un setting di formazione apprendimento e crescita informali, che via via, all’interno dell’aula scolastica si sono modificati o allineati ai saperi formali.
Per entrare nel vivo di questa tematica ho chiesto ed ottenuto di intervistare Rita Esposito, Presidente dell’Associazione culturale Moby Dick- progetto scuola, che da anni, con immutata passione e crescente professionalità, aiuta gli studenti delle scuole aderenti a superare, sotto la guida dei docenti facilitatori di tale processo, la realtà oggettuale, per lasciarsi sedurre dalle opere filmiche che hanno appassionato ed emozionato tanti giovani inducendoli a percorsi logici di ragionamento e processi di riflessione razionale.
Quando e come nasce il progetto Moby Dick- scuola?
«Tutto ha inizio più o meno vent’anni fa, quando quattro amici (Assia, Luciano e Lucia ed io)
innamorati del cinema, decidono di fare qualcosa per trasmettere tale passione alle giovani generazioni che stavano «perdendo» il rito della sala cinematografica come luogo privilegiato della visione di un film. Nasce così l’Associazione Moby Dick Progetto Scuola, che lanciando come parola d’ordine «il cinema si impara al cinema», sceglie di promuovere e diffondere fra gli studenti la cultura cinematografica, ideando una rassegna tematica annuale di alcune delle migliori pellicole della stagione, diverse per provenienza geografica, linguaggio e stile, con scelte a volte coraggiose e controcorrente (La sposa Siriana). Parte integrante della rassegna era un «cataloghino» contenente schede di lettura critica, questionari di approfondimento per ciascun film da poter consultare prima e dopo la visione e quindi da utilizzare come supporto didattico».
In quale area geografica della nostra regione in tutti questi anni avete diffuso il vostro progetto?
«Abbiamo lavorato con le scuole medie di I e II grado di Napoli, Pozzuoli, Capri, Scafati e Torre del Greco».
Come è cambiato il progetto nel tempo?
«Oltre alla rassegna annuale, sono stati organizzati nel corso degli anni mostre fotografiche, incontri, mattinate-evento che hanno visto gli studenti dialogare e dibattere con attori, registi, esponenti delle istituzioni, della cultura e dello spettacolo, incalzati e sollecitati dalle loro domande, curiosità, considerazioni, sempre puntuali, vivaci, mai banali.
Per dare ai giovani voce e maggiore spazio sono stati quindi creati appositi laboratori, corsi e concorsi (SOGGETTI PER IL CINEMA sulla scrittura di soggetti originali; ISTANTE CINEMA mostra fotografica ispirata ai film programmati; APPUNTI DI CINEMA scrittura di una recensione sui film della rassegna; VERSO SUD – I MESTIERI DEL CINEMA incontri dibattiti con registi, attori, sceneggiatori, montatori, scenografi, sceneggiatori. Tra i nostri ospiti Nicola Piovani, Riccardo Scamarcio, Nicolas Vaporidis, Anna Bonaiuto, Marco Tullio Giordana, Faenza, Riccardo Milani…; CORSO DI SCENEGGIATURA con Domenico Starnone».
Quale è stata la risposta delle scuole medie e delle scuole superiori nelle fasi nascenti del Progetto?
«Fin dalla prima edizione le scuole medie e gli istituti superiori di Napoli e Provincia hanno saputo cogliere l’opportunità di far vivere alle proprie classi un’esperienza educativa, formativa, culturale e socializzante aderendo numerosissime al progetto, che in breve si è diffuso a macchia d’olio, richiamando una media di 10.000 studenti all’anno».
É presente la voce di questi giovani sui network, sono presenti i loro commenti sui film che vedono attraverso questo percorso progettuale?
«Moby Dick ha formato cinematograficamente quattro generazioni di giovani spettatori, ed è cresciuta essa stessa insieme a loro, facendo scoprire a ragazzi e ragazze di ogni provenienza scolastica il piacere del cinema in sala anche come occasione di conoscenza, scambio e confronto con altri coetanei. Molti di essi diventati adulti, si sono ritrovati nei «social network» per condividere l’esperienza passata, «postando» con orgoglio le loro vecchie tessere di iscrizione alla Moby Dick come segno di appartenenza. Oppure esprimendo opinioni personali su alcuni film proposti».
In conclusione può provare ad offrirci una sintetica analisi della ricaduta di tale progetto?
«Certamente i docenti meglio di me saprebbero raccontare il raggiungimento degli obiettivi, l’interdisciplinarietà e l’emersione di temi e problemi , suggestioni e confronti, ma la mia maggiore prova della ricaduta del nostro lavoro è quella di incontrare in ambienti del cinema o della televisione giovani operatori e lavoratori che confessano che in loro la scintilla della passione per le arti visive è stata accesa dalla visione di quei film visti “con la scuola” e che loro non avrebbero scelto tali professioni se non si fossero appassionati a questo mondo stando seduti su una poltrona di un cinema in una mattinata in cui appunto “la scuola… era andata al cinema”».
É alle porte l’inizio della rassegna di quest’anno scolastico 2012/2013 dal titolo “La scrittura delle immagini”, che affronta il rapporto esistente tra Letteratura e Cinema: una relazione intesa sia come flusso di testi che hanno alimentato da sempre la necessità del cinema di nutrirsi di “storie” nate nel mondo letterario, sia come scambio continuo tra i due linguaggi che creano nello spettatore un gioco di specchi senza fine.