LE ORGANIZZAZIONI CRIMINALI E L’ECOSOSTENIBILE

    0
    388

    I crimini ambientali vedono al primo posto la Campania con 3.849 illeciti, seguita da Calabria, Sicilia e Puglia, che insieme raccolgono circa il 45% dei reati. Gli intrighi e gli interessi che gravitano intorno alle energie rinnovabili.

    Alle mafie non sfugge nessun business. Nemmeno quello promettente delle energie rinnovabili.
    Le organizzazioni criminali hanno messo ormai da tempo gli occhi sul settore delle energie alternative: dal fotovoltaico agli impianti eolici. Grazie alla complicità del tessuto politico e amministrativo corrotto, che ne favorisce la penetrazione. Sappiamo che ci sono investimenti cospicui a favore delle energie sostenibili, dato l’ambizioso progetto, perseguito su territori martoriati dalla criminalità organizzata, dall’abusivismo edilizio, dai dissesti idrogeologici e chi più ne ha più ne metta.

    Ma esistono ulteriori punti di forza che spingono le organizzazioni di tipo mafioso nel settore delle energie rinnovabili, tra cui la creazione di un “consensus” popolare tramite la un aumento del tasso occupazionale, muovendo l’economia e il suo tessuto attraverso il “business del vento” e del sole. Gli interessi che gravitano intorno alle energie rinnovabili, sono quindi molteplici e intrecciano intrighi economici, politici e criminali.

    Per capire è giusto guardare qualche cifra: “Ad oggi, la Calabria possiede 19 parchi eolici per altrettante indagini della magistratura su maxitangenti e distrazioni, procedimenti che coinvolgono istituzioni regionali e piccoli comuni, multinazionali e società di sviluppo, adombrate dal fantasma della mafia locale”.

    Insomma, che le energie rinnovabili rappresentino una grande occasione per lucrare dove il vento è più forte e il sole più caldo lo ha capito innanzitutto la criminalità organizzata.
    Il Rapporto 2011 sulle Ecomafie a cura dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente, parla chiaro e dice: al primo posto la Campania con 3.849 illeciti (12,5% del totale nazionale), 4.053 persone denunciate, 60 arresti e 1.216 sequestri. Seguono Calabria, Sicilia e Puglia, che insieme raccolgono circa il 45% dei reati ambientali; non manca un 12% di reati commessi nell’area del nord Italia, stante il forte incremento degli illeciti accertati in Lombardia.

    Ma perché la mafia ha ritenuto così redditizia l’attività sulle rinnovabili tanto da specializzarsi in questo business?” l’antropologo Mauro Francesco Minervino, in “La Calabria brucia” tenta di chiarire il punto sostenendo:

    “Ci sono meccanismi chiari che spiegano bene tutto questo interesse. Le sovvenzioni all’eolico in Italia sono le più alte e le più ricche d’Europa. Il prezzo dei certificati verdi è il più generoso del Continente. E così da noi, e in Calabria soprattutto, gli impianti eolici sono diventati un affare. Che attrae grandi aziende internazionali. Ma anche la criminalità che controlla i territori. Non è la prima volta che vanno a braccetto amministrazioni compiacenti e interessi malavitosi. Politica e interessi malavitosi si saldano specie quando il potere in Calabria si baratta con le risorse pubbliche, con i beni indisponibili dell’ambiente e della natura, con la terra di un demanio su cui dominano e spadroneggiano i prepotenti. Anche i privati proprietari dei suoli dove sono ubicate le turbine traggono dai mulini un reddito superiore a quello che ricaverebbero dai raccolti o dal pascolo”.

    A questo punto resta da chiedersi quali possono essere gli scenari futuri legati a questi eventi.
    E quindi quali dovranno essere i provvedimenti che le amministrazioni locali dovranno adottare per fugare ogni sospetto di “complicità” e collusione con le ecomafie operanti sul territorio.

    LA RUBRICA