Un universo di essere immaginari, arcaici ma svuotati di un eccessivo contenuto simbolico popolano le opere del transavanguardista beneventano.
“Le figure dei miei dipinti, gli animali, le maschere, il tema della morte: non voglio spiegarli o analizzarli. Sono le radici dalle quali si sviluppa l’immagine, ma non il suo contenuto. Cioè un’area completamente diversa che non può essere indagata con i metodi della critica d’arte”.
Ecco il sunto dell’idea artistica di Mimmo Paladino, il suo concetto di pittura, significativamente intriso di una dimensione che esula, o per meglio dire scavalca la pura espressività del colore, evidenziando lo sforzo mentale di andare oltre la tavolozza. Protagonista della Transavanguardia, nato a Paduli (Benevento) il 18 dicembre 1948, dopo gli studi al liceo artistico di Benevento, negli anni sessanta, come altri artisti della sua generazione, subisce il fascino trasgressivo della Pop Art e contemporaneamente matura le prime, decisive esperienze individuali attraverso la grafica e la fotografia.
Proprio il medium fotografico, indice di una cultura “fredda”, per usare la grammatica del celebre sociologo canadese Marshall MacLuhan, rappresenta un’esperienza cha ha indicato passaggi rivelanti. In un colloquio con il critico statunitense Arthur C. Danto, Paladino in maniera risoluta sostiene come la sua opera non abbia “alcuna dimensione narrativa”. Riflettendo sul suo procedimento creativo, nel passo in cui distingue tra opere di piccolo formato, che chiama icone, e lavori di maggiore complessità , sottolinea la necessità di mantenere in questi una dimensione impersonale, per evitare “ogni eccesso di espressionismo”, ammettendo di concepire un lavoro che abbia “una complessità diversa rispetto al disegno [in cui] prevedo un ricorso alla non espressività , perché essa mi permette di avere una distanza dal lavoro stesso, di controllarlo meglio”.
Il repertorio dell’artista beneventano rappresenta un universo variopinto, costellato da esseri arcaici e immaginari, attori di una dimensione magica e onirica, in parte derivati dalla colorita tradizione fiabesca e delle leggende meridionali. Volti ovalizzati e distorti in un’espressione larvale sospesa tra le stravolte figure di Munch e l’inquietante ieraticità dei pupi siciliani, attecchiscono sulla tela, reclamando uno spazio, danno vita a figurazioni strane, inquietanti ma che Paladino cerca di spiegare: “l’arte è come un castello di carte con molte stanze sconosciute colme di quadri, sculture, mosaici e affreschi, che tu scopri con meraviglia nel corso del tempo […]. L’artista, come un acrobata sulla fune, si muove verso più direzioni non perché pieno di destrezza, ma perché non sa quale scegliere”.
Se la componente narrativa e la memoria arcaica non sono decisivi, perché propedeutici sono il solamente il progetto e l’ideazione, l’artista per le sue opere elabora meticolosamente l’idea e sceglie i materiali, prepara i bozzetti cosi da “produrre l’idea”. È evidente come la lezione di Duchamp e del Minimalismo sia stata assunta ad argine per le vertigini del soggettivismo e dell’eccesso di espressività ; Paladino rivendica la consapevolezza che “il linguaggio è più importante del soggetto poetico”, rispolverando così l’antico adagio leonardesco che l’arte “è cosa mentale”. Senza titolo (foto) è una grande tela del 1982: una donna seduta al centro davanti ad una sorta di recipiente informe, sulla sinistra una miriade di oggetti.
La figura al pallore spettrale stride rispetto allo spazio piatto, bidimensionale ma imbevuto di un rosso acceso. La sua mancanza di volume e gli astrusi simboli protogeometrici in basso a destra ricordano l’immediatezza di certe pitture rupestri, rimandano ad un passato remoto, preistorico. Suggestioni recondite sembrano riesumate attraverso la ieratica fissità del volto in un azzeramento totale di emozionalità , atmosfere perfettamente idonee alla donna fantasma. Ma se l’immagine informa di un dialogo con le radici più intime e nascoste dell’essere, del recupero di un mondo arcaico, come abbiamo sottolineato fin dall’inizio, è sempre Paladino che, comunque, invita a non cercare troppe simbologie latenti in quegli esseri bizzarri che popolano il mondo delle sue opere.
(Fonte foto: Rete Internet)


