Le forme di ribellione cui stiamo assistendo in questi giorni nell”area del Parco del Vesuvio hanno una loro giustificazione, perchè le scelte del Governo sono state fatte senza ascoltare i cittadini. Di Amato Lamberti
La rivolta della popolazione di Terzigno contro l’apertura di una seconda discarica nell’area del Parco del Vesuvio occupa ormai stabilmente le prime pagine dei quotidiani nazionali e tutti i telegiornali. Il fatto che alle notizie che si leggono si accompagnino le immagini trasmesse dai telegiornali ha come effetto uno straordinario impatto emotivo che però si sta via via modificando agli occhi di giornali e televisioni. Frequentando paesi e persone dell’area vesuviana interessata vedo montare insieme alla rabbia una sorta di soddisfazione per i risultati mediatici raggiunti.
Il fatto che se ne parli in tutta Italia e che giornali e televisioni si siano gettati a capofitto sugli autocompattatori dati alle fiamme, sulle ruote tagliate per bloccare i camion, sugli scontri tra manifestanti e polizia, sembra alimentare l’escalation della protesta con sempre nuove iniziative di carattere simbolico e chiaramente rivolte ad attirare l’attenzione dei media, come quella, tanto per fare un esempio, delle "mamme vulcaniche". Si respira aria di grande soddisfazione tra la gente per aver raggiunto la ribalta nazionale, per aver costretto l’onnipotente Presidente del Consiglio ad occuparsi dei problemi di piccoli paesi come Terzigno e Boscoreale, per aver messo in crisi un progetto di smaltimento dei rifiuti che non contemplava neppure l’ascolto degli abitanti delle zone interessate.
Ora, sia ben chiaro che la gente ha ragione di non volere nuove discariche davanti all’uscio di casa, tanto più se la casa è nel Parco Nazionale del Vesuvio, un’area tutelata da precise leggi sul piano ambientale e paesistico. La protesta è pienamente legittima ma le forme della protesta avranno ricadute negative che a tutt’oggi non possiamo neppure chiaramente definire. Basta leggere i giornali nazionali per rendersi conto che sta passando l’idea di un Sud in preda a forme di ribellismo sociale con istituzioni totalmente delegittimate che non riescono in alcun modo a far fronte ai problemi che la loro stessa incapacità ha generato e fatto esplodere.
Il ribellismo sociale, promosso e partecipato dai cittadini, ha sempre caratterizzato la storia del Mezzogiorno, insieme ad una debolezza endemica delle istituzioni, sia di quelle locali che di quelle dello Stato, grazie a rappresentanze politiche e amministrative incapaci di gestire i problemi del territorio, nella loro dinamicità come nella loro conflittualità con gli ordinamenti e le leggi. Dire che le proteste popolari, sempre legittime perché partono da problemi che i cittadini vivono sulla loro pelle, si tratti di pane, di lavoro, di casa, di salute, di rifiuti che marciscono per strada e appestano l’aria, possono essere infiltrate da forme, anche organizzate, di illegalismo anche criminale, è quasi una tautologia perché la ribellione del popolo si indirizza sempre contro ordinamenti, decisioni e leggi che vengono giudicate sbagliate quando non ingiuste.
Quando Bertolaso ricorda a sindaci e cittadini che la decisione di aprire due discariche nel Parco del Vesuvio è contenuta in una legge approvata dal Parlamento, non fa altro che giustificare le forme di ribellione che condanna perché nessuna altra strada è stata lasciata aperta e praticabile per i cittadini. Solo nei regimi autoritari si può pensare di prendere decisioni così importanti per la vita dei cittadini, e prima ancora di un intero territorio, senza consultazioni, senza verifiche, senza accordi e senza neppure una conoscenza superficiale delle situazioni anche dal punto di vista simbolico ed emotivo. I rifiuti della città di Napoli sono un problema della città di Napoli.
Nessuno in Campania è disposto a prenderseli sul proprio territorio sia perché inquinano e sia perché le cose buone (i fondi pubblici, gli investimenti) Napoli le tiene per sé, mentre le cose cattive (i rifiuti, i delinquenti) le rifila, anche con la forza, a paesi e città della provincia. Il sindaco di Napoli continua a dichiarare che Napoli ha già dato perché per molti anni tutti i rifiuti della Campania erano sversati a Pianura, ma nessuno le ha spiegato che quella decisione fu presa dal Comune di Napoli, perché permetteva allo stesso Comune di incassare, da tutti i Comuni della Campania, le royalties per il conferimento dei rifiuti in discarica. A pagare per quella scelta scellerata sono stati i cittadini di Pianura che, non a caso, si sono ribellati quando qualche anno fa si è parlato di una possibile riapertura della discarica.
L’emergenza non può continuare a giustificare la mortificazione e il danno alla salute e alla vivibilità di intere popolazioni. Sono necessarie soluzioni definitive ad un problema che si è trascinato anche troppo a lungo e che non poteva non sfociare nelle proteste a cui oggi assistiamo. Una soluzione del problema dello smaltimento dei rifiuti in forme accettabili dalla popolazione è possibile anche in Campania utilizzando le tecnologie ampiamente disponibili, senza fare ricorso né a discariche né a termovalorizzatori.
Una soluzione che deve essere rapida anche per non condannare il Mezzogiorno ad una immagine di ribellismo e di violenza che non le appartiene e che è solo frutto dell’incapacità dei politici e degli amministratori che lo governano.
(Fonte foto: Repubblica.it)