IN CHE MODO SONO CAMBIATE POLITICA E CAMORRA

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    Il problema camorra è stato pressochè rimosso dal dibattito pubblico. L”intreccio con politica e affari non fa più testo. Cosa è cambiato nell”analisi sui fenomeni di questa forma di malavita? La risposta c”è, ed è terribile.
    Di Amato Lamberti

    La “camorra”, intesa come criminalità mafiosa che intreccia politica, affari e criminalità, negli ultimi anni, dal 1990 ad oggi, non è stata sottovalutata: è stata semplicemente cancellata dall”agenda politica, e, di conseguenza dall”agenda della comunicazione politica, dopo averla sapientemente derubricata come delinquenza organizzata e, quindi, come problema da consegnare tutto intero a polizia, carabinieri, guardia di finanza e magistratura.

    Se ne vogliamo discutere, a sinistra come al centro e a destra, dobbiamo avere il coraggio di fare i conti con questa operazione, contemporaneamente, di spostamento e di occultamento del problema camorra. Dico questo perchè alla fine degli anni “70 e agli inizi degli anni “80 non ero il solo a puntare il dito sugli intrecci e sui legami tra clan e gruppi camorristici e blocco di potere (come si diceva allora) politico ed economico. Si trattava di una consapevolezza diffusa, anche in seguito alla nascita di una apposita Commissione Parlamentare Antimafia che si sarebbe dovuta occupare di un fenomeno criminale giudicato pericoloso perchè, in alcune aree del Paese, mirava a sostituirsi allo Stato, anzi a farsi Stato, a partire dall”occupazione delle Amministrazioni locali.

    Nel convegno pubblico, per fare un solo esempio, “Camorra e mercato dell”edilizia in Campania”, promosso dalla Federazione Lavoratori delle Costruzioni di CGIL, CISL, UIL, all”Antisala dei Baroni, al Maschio Angioino, il 12 dicembre 1979, in seguito all”omicidio di un delegato sindacale del cantiere SLED a Villa Literno, ad opera di una camorra che, come diceva il volantino,”vuole governare il mercato del lavoro e il subappalto cottimismo”, Carlo Cinicolo, Segretario generale reg.FLC Campania, metteva in evidenza che, “per camorra si intende una organizzazione criminale che, in genere, non si trova in una situazione di contrapposizione costante e puntuale alla società legale; al contrario, per vivere ha bisogno della società legale, essa si interseca con le situazioni sociali, interagisce con i gruppi e gli individui circostanti.”

    Il nodo centrale, per le costruzioni, era individuato nelle procedure di appalto dei lavori, perchè, “proprio nel meccanismo dell”aggiudicazione degli appalti risiedono le ragioni per la presenza camorrista nei cantieri”. Infatti, si sosteneva allora da parte anche delle forze sindacali, “non si possono passare sotto silenzio le evidenti distorsioni che senza dubbio chiamano in causa anche responsabilità politiche”. Nelle conclusioni del Convegno, Aldo Giunti, Segretario generale FLC, affermava che si doveva “alzare il tiro politico di questa battaglia e vedere il collegamento tra i diversi aspetti di questo complessivo fenomeno e riuscire a: impegnarci nella battaglia contro i fenomeni camorristici e contemporaneamente ad accentuare la nostra iniziativa per la trasformazione, il progresso delle nostre istituzioni”.

    L”allora pretore di Nocera Inferiore, Massimo Amodio, magistrato fortemente impegnato nel contrasto dei collegamenti politica e camorra, aggiungeva: “La criminalità oggi è forte ed è “pagante”. La camorra è intimidazione, taglieggiamento, violenza, ma anche gestione scorretta di interessi pubblici, assistenzialismo clientelare, appalti poco puliti, e, quindi, robusto sostegno di un sistema di potere che non intende mutare”.

    In tutti questi anni, in Campania, sono cambiate molte cose a livello di partiti e di rappresentanti delle istituzioni, ma la camorra non è cambiata, anzi ha esteso la sua presenza e il suo potere; la politica non ha cambiato modalità e strategie di gestione del potere e della spesa pubblica: siamo sempre nella situazione che Biagio de Giovanni illustrava nella sua introduzione al Convegno sulla camorra organizzato dal Comitato Regionale Campano del PCI nel 1982; “In effetti la diffusione dell”illegalità e l”idea-limite che l”illegalità possa essere gestita da chi detiene legittimamente il potere, creano una cultura dell”inganno e contribuiscono alla formazione di corporazioni di potere che, oltre un certo punto, intendono crearsi la propria legge.”

    Cosa è cambiato, viene da chiedersi, per cui, oggi, non siamo -come studiosi, sindacalisti, intellettuali- più capaci di analisi sulla camorra, che partano dai centri del potere e indichino la strada della battaglia democratica da portare avanti, limitandoci alla richiesta di più carcere, più polizia e magari dell”esercito? Una domanda per la quale, purtroppo, a mio avviso, c”è una sola risposta: la camorra è diventata la forma della politica, per lo meno in alcune aree del Paese.

    Si è trasformata, la politica, in una industria della protezione dell”illegalità e del malaffare, esattamente come la camorra. L”unica differenza è che la politica non ha bisogno di usare la violenza fisica. Quando la ritiene necessaria, il lavoro sporco lo affida ai soggetti criminali della camorra, vale a dire, al suo braccio armato.

    CITTÁ AL SETACCIO