La pratica sportiva ha sempre avuto una dimensione educativa, perchè elimina barriere e favorisce socialità. Ed è appunto per questo che il mondo sportivo deve partecipare ai sacrifici che questi tempi difficili richiedono…
Per la riflessione di questa settimana mi sono lasciato “provocare” dalle dichiarazioni del Ministro Calderoli sul mondo del pallone. Tali affermazioni, come spesso è accaduto per il passato, hanno provocato un vero putiferio “mediatico-calcistico-politico”.
Il Ministro ha affermato qualche giorno fa: “È giusto che anche il mondo del calcio partecipi ai sacrifici degli italiani di fronte alla crisi. In vista dei Mondiali faccio appello alla Figc affinchè gli eventuali premi che spetteranno ai calciatori vengano ridimensionati rispetto alla crisi. Anzi sarebbe un bel gesto se calciatori e Federcalcio ne devolvessero parte a titolo onorifico”. Quanto alle società di calcio, Calderoli ha chiesto, anche, che “ridimensionino gli ingaggi”. Immediate e piccate le reazioni dei giocatori azzurri.
Il più adirato è stato Fabio Cannavaro che ha detto: “Quanto a Calderoli, neppure commento. Ribadisco, siamo proprio un Paese ridicolo:”. Anche Buffon ha detto la sua: “Se Calderoli mi dice dove dovrebbero andare i nostri possibili non introiti, magari ci potrei fare un pensierino. Non capisco come mai i politici cavalchino sempre l”onda dei Mondiali per fare certe sparate, per poi fare retromarcia se le cose vanno bene”.
A questo punto faccio le mie considerazioni etiche sul fatto.
L”attività sportiva ha assunto nella nostra epoca, e come mai prima, carattere di consolidato fenomeno di massa. Con la sua capacità di coinvolgere su scala planetaria folle enormi, anche grazie alle moderne tecnologie della comunicazione di massa, lo sport è diventato oggigiorno un generatore di esperienze forti che possono esporre però a gravi rischi. Lo sport viene vissuto da molti come una sorta di “estasi” per distaccarsi dal grigiore del quotidiano, per altri è semplicemente un gigantesco affare economico. Da un”attività al servizio della cura della propria salute, si è passati a un”attività finalizzata al culto del corpo e alla forma fisica, per il conseguimento della quale non si esita a compromettere la salute e, in alcuni casi, a mettere a repentaglio la vita stessa della persona.
Oggi lo sport (e, in primis il calcio) occupa uno spazio enorme nel mondo della comunicazione e – sia esso praticato in prima persona o vissuto come intrattenimento – fa ormai parte della quotidianità dell”uomo. Ma la crisi dei valori e la mancanza di un sistema etico coerente sembrano oggi aver offuscato la valenza educativa e formativa dello sport, lasciando prevalere esclusivamente l”aspetto della competizione, e di una competizione non sempre rispettosa delle regole. Quanti scandali nel mondo dello sport e soprattutto del calcio. Ingaggi da favola, stipendi altissimi, premi partita favolosi. Anche qui regna sovrano il dio-denaro. Ci si vende (o svende) per una manciata di euro in più! Non c”è più amore, come una volta, nè per la maglia, nè per la gente. È qui che si rende necessario l”intervento della Chiesa, per annunciare, denunciare e chiedere di rinunciare, soprattutto oggi, in piena crisi economica.
C”è da dire che la Chiesa si è sempre interessata allo sport. Diceva nel lontano 1945 Pio XII agli sportivi romani riuniti nella solennità di Pentecoste: “Che cosa è lo “sport” se non una delle forme della educazione del corpo? Ora questa educazione è in stretto rapporto con la morale. Come potrebbe la Chiesa disinteressarsene?”. E, nel secolo appena passato, parrocchie e oratori con la loro opera hanno fatto maturare la coscienza civile delle potenzialità educative dello sport, evidenziando l”importanza dell”esperienza sportiva come sostegno alla crescita integrale dei giovani. La Chiesa non può e non deve ignorare la sfida pastorale che ai nostri giorni le viene dal mondo dello sport.
La comunità cristiana deve anche favorire lo studio di tematiche specifiche attinenti lo sport soprattutto dal punto di vista etico, diffonderne i risultati e promuovere iniziative atte a suscitare testimonianze di vita cristiana tra gli stessi sportivi credenti. Tante volte lo stesso Giovanni Paolo II, il “papa sportivo”, nel suo alto magistero ha sottolineato la dimensione educativa della pratica sportiva e la sua funzione di socializzazione e sviluppo della personalità dei giovani, invitando lo sport a purificarsi e a tornare alle sue vere radici.
È quanto mai urgente, oggi, aiutare gli sportivi a ritrovare un nuovo slancio creativo e propulsivo, così che lo sport risponda, senza snaturarsi, alle esigenze dei nostri tempi: uno sport che tuteli i deboli e non escluda nessuno, che liberi i giovani dalle insidie dell”apatia e dell”indifferenza, e susciti in loro un sano agonismo; uno sport che sia fattore di emancipazione dei Paesi più poveri ed aiuto a cancellare l”intolleranza e a costruire un mondo più fraterno e solidale; uno sport che contribuisca a far amare la vita, educhi al sacrificio, al rispetto ed alla responsabilità, portando alla piena valorizzazione di ogni persona umana.
Il mondo dello sport rimane, ancora oggi, un importante areopago dei tempi moderni, per annunciare coraggiosamente che l”attività sportiva, se praticata nel rispetto delle regole, diventa strumento educativo e veicolo di importanti valori umani e spirituali, vera scuola di umanità, di virtù, di vita.
In questa ottica condivido (e non mi sembra vero, vista la fonte leghista!) persino il richiamo, ai sacrifici e alla sobrietà, del ministro Calderoli.
(Fonte foto: Rete Internet)