IL COLPO GROSSO DI POLITICA E AMMINISTRAZIONI: I RIFIUTI

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    La gestione dei rifiuti è l”affare più succoso e duraturo della nostra società. Dal business è nata la nuova mafia, fatta da piccoli imprenditori, autotrasportatori, pubblici amministratori e gruppi criminali. Di Amato Lamberti

    L’ennesima emergenza rifiuti in Campania ha raggiunto finalmente il suo scopo: costruire altri due inceneritori subito, a Napoli e Salerno; costruirne un altro già programmato da tempo a Caserta; aprire almeno altre due grandi discariche ad Avellino e Salerno; aprire minidiscariche a livello comunale in attesa che siano completati gli inceneritori. Praticamente siamo tornati al 1994, al piano Rastrelli che di inceneritori ne prevedeva 6, 2 per Napoli e 1 per ciascuna delle altre province.

    Un piano folle ma che almeno non barava: poiché gli inceneritori sono un grande affare per chi li costruisce e li gestisce, non si negava a nessuna provincia il business dell’incenerimento dei rifiuti. Poco importava se a province piccole come quelle di Benevento e Avellino un inceneritore dedicato non serviva per nulla: Benevento avrebbe potuto fare affari con i rifiuti del Molise e magari dell’Abruzzo; Avellino avrebbe potuto fare lo stesso con i rifiuti della Puglia e magari con quelli della Croazia o dell’Albania. I rifiuti sono oro, come disse quel collaboratore di giustizia, e non solo per le organizzazioni criminali. Anzi, sarebbe il caso di fare chiarezza anche su quelle che Legambiente chiama le ecomafie.

    Il dato vero è che sulla gestione dei rifiuti sono nate nuove organizzazioni criminali composte da grandi imprenditori di tutta Italia, piccoli imprenditori del Nord come del Sud, autotrasportatori, singoli o in cooperativa, amministratori pubblici, gruppi criminali più o meno estesi, come dimostrano le tante operazioni realizzate da carabinieri, polizia e guardia di finanza.

    Accreditare la convinzione, come si continua a fare ancora oggi, che le ecomafie sono le vecchie mafie che hanno allargato le loro attività al comparto dei rifiuti, e non nuove mafie (ove con questo termine si definiscono semplicemente dei gruppi criminali con un certo livello di organizzazione) formatisi proprio per gestire quello che si è rivelato il business più succoso e duraturo della nostra società, significa nascondere la verità dei fatti, e cioè che sui rifiuti si vanno costruendo business che riguardano innanzitutto la politica e le pubbliche amministrazioni.

    Approfittano di tutto: anche la raccolta differenziata sta diventando uno sporco affare che consente alle amministrazioni di acquistare mezzi meccanici, magari con procedure di somma urgenza; di assumere operai e impiegati in quantità esorbitante; di affidare consulenze inutili sulla organizzazione del servizio, sul monitoraggio degli interventi, sulla soddisfazione degli utenti. Per tutto questo hanno bisogno di una quantità spropositata di soldi. Sanno solo chiedere soldi: basta sentire le loro dichiarazioni, a destra come a sinistra. Oggi come ieri. La raccolta differenziata ben organizzata dovrebbe produrre denaro da investire sul miglioramento del servizio e invece sembra che si possa fare solo con tanto e tanto denaro.

    A nessuno, naturalmente, è dato sapere che fine fanno i soldi che i Comuni, o chi per esso, incassa dalla vendita delle frazioni differenziate alle industrie che le rigenerano. Eppure si tratta di tanti soldi, almeno a sentire il Conai, vale a dire il Consorzio nazionale imballaggi, e gli altri Consorzi, quello per il vetro, la plastica, l’alluminio e l’acciaio. Si tratta di centinaia di migliaia di euro che spariscono nel nuovo affare della raccolta differenziata senza che nessuno ne parli. L’opposizione a questo stato di cose è generica e inconcludente, quando non utopistica, come quella che punta sulla riduzione dei rifiuti prodotti. Di rifiuti a tutti i livelli se ne continueranno sempre a produrre e sempre in maggiore quantità.

    La stessa innovazione tecnologica non fa altro che spingere nella direzione della moltiplicazione dei rifiuti sia in termini di nuovi prodotti, sia in termini di rapidità dell’obsolescenza di ogni prodotto, sia per quanto riguarda la produzione di oggetti usa e getta. Ma alle innovazioni tecnologiche si accompagnano anche trasformazioni del costume e della cultura. Il fatto che, ad esempio, sempre meno persone consumino a casa pasti preparati in casa sta moltiplicando le confezioni usa e getta di alimenti pronti all’uso e solo da riscaldare. La produzione di rifiuti non diminuisce ma cresce con il cambiamento degli stili di vita sempre più consumistici. Il problema dello smaltimento dei rifiuti diventa sempre più gigantesco: per questo c’è bisogno di politiche serie e di tecnologie adeguate che abbiano come riferimento costante e imprescindibile la tutela e la salvaguardia della salute dei cittadini e dell’ambiente in cui vivono e lavorano.

    Il rifiuto è una risorsa dalla quale non si può prescindere: va riutilizzato tutto ciò che può essere riutilizzato nelle forme che la tecnologia oggi consente. Il problema non è come sembra a molti il riuso puro e semplice; vetro dal vetro, alluminio dall’alluminio, filati plastici dalla plastica. Dai rifiuti ricchi di cellulosa, come le frazioni umide ma anche la carta, si può ricavare, tanto per fare un esempio concreto, acido levulinico, il quale ha molteplici applicazioni nel campo delle vernici, dei carburanti, dei solventi non cancerogeni. Dai residui della lavorazione dei latticini, che altrimenti vanno smaltiti come rifiuti speciali perché altamente inquinanti, si possono ricavare bioproteine sempre più richieste dal mercato. Il vetro che va in discarica può essere utilizzato nella produzione di mattonelle di altissima qualità per esterni e per interni.

    Sono solo degli esempi delle infinite possibili applicazioni degli scarti del consumo e della produzione che finiscono nei rifiuti. Bruciare i rifiuti fa male alla terra, agli animali, agli uomini, ma anche all’economia perché con i rifiuti bruci anche una ricchezza di infinite possibilità produttive. Ma vallo a spiegare a politici e amministratori incolti e ignoranti che pensano non al benessere della comunità ma al proprio tornaconto personale e si circondano di tecnici e consulenti della loro stessa risma.

    Fatica sprecata, non ti capiscono neppure; l’ambiente, il territorio, la comunità, il futuro delle generazioni a venire, la salvaguardia del pianeta, la salute dei cittadini, non sono cose che si mangiano: e loro solo quello sanno fare; si ingozzano a morire e non scoppiano neppure.
    (Fonte foto: Rete Internet)

    CAMORRA E POLITICA