IL CASO ROSARNO RIGUARDA L’ITALIA INTERA

    0
    344

    In Italia ci sono 5 milioni di stranieri, molto cristiani e tanti musulmani. Sono persone, e vanno rispettate nella loro dignità.
    Di don Aniello Tortora

    A telecamere “quasi” spente, voglio ritornare sui fatti di Rosarno, noti a tutti.
    Vicenda complessa e difficile da decifrare. Forse in un mondo di “bugie” mediatiche solo la chiesa, alzando la sua voce, ha fatto un po” di chiarezza e ha detto, attraverso la sua denuncia, profonde “verità sociali”.

    “Il ministro Maroni? Brava persona, ma non sa quel che dice, non conosce la realtà e allora tanto vale un buon tacere” (Radio Vaticana, 11 Gennaio): questa la reazione di mons. Luciano Bux, vescovo di Oppido Mamertina-Palmi (diocesi che comprende anche il comune di Rosarno), alle parole del ministro sugli scontri del 7 gennaio. La situazione nella Piana, ha detto il vescovo, è ben più complessa di come la racconta il ministro. I migranti sono “sfruttati e sottopagati nelle campagne a raccogliere le arance al servizio dei proprietari terrieri locali”; a reclutarli poi ci pensa “la “ndrangheta, che fa da ufficio di collocamento. Tutti lo sanno, ma nessuno interviene”.

    Le parole del vescovo hanno poi investito anche i media, colpevoli di aver spettacolarizzato la vicenda, “ignorando, o fingendo di farlo”, il vero problema: “La continua omissione dello Stato che ha lasciato campo libero alle organizzazioni malavitose nell”agricoltura, nella sanità e in altri ambiti. Una situazione che fa comodo. Dunque il ministro Maroni prima di parlare di tolleranza, si informi, lui che cosa ne sa di questa terra?”. E ha concluso amaro: “Le leggi oggi, almeno da queste parti belle, sfortunate e disgraziate, non le fa lo Stato, ma altri”.

    Una lettera che esprime “vicinanza e solidarietà” alla diocesi di mons. Bux è giunta, l”11 gennaio scorso, dall”arcivescovo di Rossano-Cariati, mons. Santo Marcianò: “La Chiesa in questa nostra terra è “voce che grida nel deserto”; è il deserto di un mondo che chiude gli occhi e il cuore di fronte al dramma della povertà e dell’ingiustizia in una specie di stordimento delle coscienze”.

    Quelle di Maroni sono “parole che possono avere effetti molto pericolosi, indicando obiettivi sbagliati”, ha denunciato il vicario episcopale della diocesi di Oppido-Palmi, parroco a Polistena nella Piana di Gioia Tauro, don Pino Demasi: “Il problema dell’immigrazione in Calabria va inquadrato nel grande problema della liberazione dall”oppressione mafiosa. Da una parte c’è infatti la “ndrangheta, che cerca di sopraffare questi cittadini, sfruttandoli al massimo, costringendoli ad abitare in quei luoghi, sottopagandoli e sottoponendoli a minacce”, il tutto nella “assenza totale del Governo centrale, della Regione e delle amministrazioni locali”.

    Ne è certo, don Pino: “Dietro gli scontri ci sono le cosche che controllano il racket del lavoro nero”. Lo dimostrerebbero anche alcuni fatti poco chiari: “Il ferimento con fucilate a pallini dei due immigrati che ha scatenato gli scontri”; le voci fatte girare “tra i migranti che erano stati uccisi quattro loro “fratelli””; la protesta dei cittadini di Rosarno, organizzata in brevissimo tempo; “le minacce subite dai volontari della Caritas e delle associazioni che li hanno sempre aiutati”.
    L”immigrazione è una delle sfi­de più brucianti con cui si mi­sura l”Europa, sempre più at­tanagliata dalle paure e sempre meno in grado di elaborare modelli capaci di costruire e organizzare convivenza. C”è chi dice che sia essenzialmente un problema di numeri: l”arrivo di una quota eccessiva di stranieri, unita alla loro maggiore prolificità rispetto agli standard occidentali, rendereb­be ingovernabile la situazione.

    Che fare? Quale strada intraprendere, facen­do tesoro per quanto possibile della crisi dei modelli adottati negli altri Paesi europei? In Italia siamo in una situa­zione molto peculiare: quasi 5 milioni di stranieri pro­venienti da più di 150 Paesi, raddoppiati negli ultimi 5 anni e con ingressi prossimi al mezzo milione all”anno nell”ultimo triennio, di tradizione cristiana per il 60%, musulmani per il 35%, molto più giovani della media i­taliana, 700mila sono compagni di banco dei nostri fi­gli.
    È un grande problema, sociale, culturale, religioso. E allora, cosa fare? Ce lo ha detto il papa: dobbiamo, in fondo, solo riconoscerli come “persone, rispettate nella loro dignità”.

    GLI ALTRI ARGOMENTI TRATTATI