CRISI DEI RIFIUTI. NESSUN MISTERO: ECCO I RESPONSABILI

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    La crisi ciclica la subiamo perchè non funziona la raccolta differenziata; e continuerà a non funzionare perchè il governo ha scelto la strada delle discariche e dei termovalorizzatori. Meriterebbero di essere presi a calci nel sedere.

    I rifiuti a Napoli e in Campania sono una cartina di tornasole che evidenzia e mette a nudo tutte le incapacità di un ceto politico e amministrativo e di una classe dirigente di fronte alla soluzione di un problema che riguarda tutti i cittadini e la vivibilità stessa del territorio. Al di là di tutto quello che già è stato scritto sull’argomento, e in particolare al ruolo attribuito alla criminalità organizzata, vorrei porre l’accento sulla incapacità ad affrontare una questione certamente non semplice ma per la cui soluzione esistono procedure e tecnologie largamente sperimentate. Si producono sicuramente troppi rifiuti da parte di cittadini, di famiglie, ma anche di imprese commerciali, artigianali, agricole e industriali. Il primo problema sarebbe quello di diminuire per quanto possibile la produzione di rifiuti da parte di tutti.

    Si potrebbe farlo in tanti modi a cominciare dal ridurre la quantità di rifiuti prodotti dalle famiglie, su cui oggi si scaricano funzioni che dovrebbero essere spostate sui produttori. Se le verdure e gli ortaggi arrivassero pulite nelle case, perché alcune operazioni di pulitura vengono realizzate a livello di mercati generali e di fruttivendoli, si ridurrebbe la quantità di umido prodotto a livello familiare. Se si semplificasse il confezionamento dei prodotti alimentari si avrebbe una drastica diminuzione di plastiche e cartoni da smaltire a livello familiare. Se le bottiglie di plastica fossero sostituite da bottiglie di vetro da riconsegnare o da riutilizzare diminuirebbe il volume delle plastiche da smaltire con procedimenti anche costosi e non remunerativi.

    Ma gli esempi potrebbero essere tanti. Il secondo problema sarebbe quello di dare a tutti, e non solo alle famiglie, precise responsabilità in ordine allo smaltimento dei rifiuti prodotti anche attraverso il recupero dei contenitori riutilizzabili, direttamente o indirettamente. Un esempio: le aziende che utilizzano banda stagnata dovrebbero essere tenute a consorziarsi per assicurare, sul territorio, impianti di lavorazione dello scatolame conferito come rifiuto differenziato, per ridurre i costi e completare il ciclo raccolta-trattamento-riuso. Allo stesso modo tutti coloro che producono imballaggi dovrebbero essere realmente obbligati al loro recupero presso supermercati e negozi.
    Il terzo problema è una raccolta differenziata seria che abitui la famiglie a separare l’umido dai materiali riciclabili, alluminio, plastica, banda stagnata, vetro, carta e cartone.

    Non è un problema di difficile soluzione: bastano regole certe e controlli. Ma per rendere efficace la raccolta differenziata occorre motivare anche con premialità i cittadini virtuosi. I metodi sono tanti e basta solo scegliere tra le sperimentazioni che hanno dato i migliori risultati. Ma la raccolta differenziata deve ridurre significativamente le tasse, meglio sarebbe le tariffe, che i cittadini pagano per lo smaltimento, anche perché le frazioni differenziate vengono vendute ai Consorzi di raccolta e quindi i Comuni incassano soldi che devono andare a favore dei cittadini e non a sostegno di operazioni clientelari.

    La raccolta differenziata, però, funziona realmente quando è supportata da impianti per il recupero e riutilizzo delle frazioni differenziate, a cominciare dall’umido e dall’indifferenziato, dislocati nella provincia di appartenenza o, al massimo, in una provincia limitrofa. In caso contrario, come avviene oggi per ragioni che non sono neppure misteriose, i costi dello smaltimento e del riuso lievitano e si scaricano, sempre come oggi avviene, sul cittadino contribuente. La realizzazione di questi impianti di lavorazione delle frazioni differenziate ha anche il vantaggio di produrre nuova occupazione e nuove imprese: cose molto significative in realtà come quella napoletana e campana afflitte da disoccupazione endemica e scarsità di imprese produttive. Che senso ha, e a chi giova, raccogliere l’umido in Campania e trattarlo, con produzione di energia e di compost, in Puglia o in Toscana?

    Nessuna ricaduta occupazionale e industriale, solo costi aggiuntivi per i cittadini. Per realizzare un impianto di compostaggio non occorrono grandi aree, non occorrono grandi capitali, non occorrono tempi troppo lunghi, basterebbero, in condizioni normali di amministrazione, pochi mesi. Ma anche per realizzare impianti più sofisticati per il trattamento delle frazioni umide, come i biodigestori anaerobici e i gassificatori, senza nessun impatto ambientale e di ridotte dimensioni, basterebbero 12-18 mesi, sempre in condizioni normali di amministrazione pubblica. In situazioni di buona raccolta differenziata altri impianti, come i termovalorizzatori, sono del tutto inutili. Per il trattamento delle frazioni secche differenziate sono necessari impianti industriali che non richiedono grandi investimenti economici e tecnologici e che possono tutti essere realizzati con capitali privati senza particolari sostegni pubblici.

    Lo stesso discorso vale per i biodigestori e per i gassificatori. Alla luce di queste considerazioni diventa ancora più difficile comprendere le situazioni di emergenza strutturale che si registrano in Campania e lo spreco di denaro pubblico realizzato in tutti questi anni e che continua ancora oggi. Dove la raccolta differenziata funziona non c’è alcun bisogno di discariche: servono solo impianti industriali e un corretto sistema di raccolta e di conferimento. Il tempo per attrezzare correttamente una discarica è lo stesso, quando non superiore, a quello necessario per la realizzazione di impianti industriali: perché, anche da parte del Governo, si è scelta la strada delle discariche e dei termovalorizzatori, invece di quella della raccolta differenziata e degli impianti per il trattamento delle frazioni differenziate?

    Una domanda che tutti i cittadini dovrebbero rivolgere ai loro politici e ai loro amministratori, prima di mandarli a calci nel sedere fuori dalle amministrazioni locali e regionali, dal Parlamento e dal Governo.
    (Fonte foto: Rete Internet)

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